Corriere della Sera, 28 settembre 2023
L’isola delle vedove
ISOLA DI KHORTYTSIA (ZAPORIZHZHIA) – Le parole che ti ha detto, quelle importanti. Dopo una risata, dopo un pianto, sulla porta di casa come un arrivederci, o al telefono da molto lontano, come una carezza. Dopo una litigata, dopo una confessione o dopo aver fatto l’amore. Le parole semplici che restano. Te le ha dette una volta, mille volte, ti facevano stare bene, alla fine le davi per scontate e adesso ti mancano come l’aria. E daresti tutto per sentirtele dire una volta ancora dall’uomo che non c’è più perché te l’hanno ucciso al fronte. «Signore, il compito che avete oggi è il più difficile. Scrivete le parole dei vostri mariti su questi foglietti. Scrivetele e portatele sempre con voi. Vi serviranno…».
Si prova un certo pudore a spiare da dietro un tronco d’albero la riunione di otto mogli rimaste sole. Incontrarsi ogni domenica nel bosco dell’isola di Khortytsia, in mezzo al fiume Dnipro, è stata un’idea di Victoria Heraschenko, la psicologa sessantenne che le segue da due mesi e le sta aiutando a superare il trauma. «La natura ha un effetto benefico su chi convive col dolore, diffonde serenità». Victoria estrae dalla borsa il blocco dei fogli quadrati colorati, li distribuisce, assomigliano ai post-it. Su un tavolo da picnic c’è del caffè. Ai piedi di una sedia, un pacco di fazzoletti. È l’ora della porpora e della delicatezza, le mosche danno fastidio e il sole basso all’orizzonte ha disegnato in controluce ragnatele che prima non si vedevano. Yuliya sa cosa scrivere.
«Fregatene degli invidiosi», e il primo post-it è andato. Il suo Oleksandr era uno pratico, scavalcava i problemi. «Se desideri una cosa, prenditela da sola». Era la frase ad effetto preferita. Funzionava. Altro foglietto, celeste. «Perdona rapidamente, che il viaggio è breve». Consigli dall’aldilà, ormai. La penna di Yuliya Khokhlova, 43 anni, corre, ne ha già riempiti quattro. «Insieme riusciremo a superare tutto». Questa gliel’ha detta in un giorno di malinconia, prima dell’invasione. «Ero depressa, sono rimasta orfana a otto anni e lui…». Troppo. La penna si blocca, Yuliya ora piange. Oleksandr Khokhlov, 31 anni, comandante di battaglione, deceduto a Vuhledar il 24 giugno 2022. A sua moglie l’esercito ha riconsegnato la giacca, il paraorecchie, lo zaino e la piastrina di metallo che aveva al collo.
Khortytsia è il seme da cui è germogliata la storia cosacca, la prima fortificazione sich è stata rinvenuta qui. È un luogo quasi mistico, ma stasera è l’isola delle vedove, sedute in circolo su un tappeto di aghi di pino. Il giardino segreto dove otto sconosciute, riunione dopo riunione, sono diventate amiche. «La famiglia psicologica», la chiama Victoria. Dove non c’è bisogno di spiegare niente e non si rischia di incappare nelle frasi tossiche della solidarietà spicciola, tipo «presto troverai un altro uomo», «devi riprenderti», «dimentica il passato». Se sono nel bosco è proprio per non dimenticarlo, il passato.
Però a Oksana è scappata una risata. Sul foglio celeste che ha in mano scrive: «Sei la più bella del mondo e non è vero che sei grassa». Il ricordo dei suoi bronci e delle rassicurazioni di Dmytro. «Mi guardavo allo specchio e mi lamentavo, e quantomi arrabbiavo con lui se subito dopo non pronunciava questa frase…». Frammenti di amore quotidiano incisi su carta colorata. «Credo in te», «sei una donna forte», «ti sono accanto, anche quando sono lontano». Oksana Tymchuk ha 35 anni, come Dmytro, caduto sul fronte orientale. Erano sposati da 12 anni, hanno due figli, Artem di 7 anni e Milana di 2.
La città intorno non si sente, tra ipini e le querce dell’isola si respira quiete. Di terapie di sostegno per i parenti delle vittime ne sono stati sviluppati tanti in Ucraina, ma questo dedicato alle vedove è il più originale. Vanno a pescare, tirano con l’arco, fanno yoga, dipingono tra gli alberi, escono a bere vino. Si compone di otto incontri, sempre all’esterno, e lo ha elaborato la psicologa Heraschenko insieme con la figlia. Sichiama “Amore, io vivo”. Non serve a dimenticare ma a tenere stretta la perdita. Questa è l’ottava riunione, l’ultima. «Le frasi che stanno appuntando sono i tesori, è il buono della coppia che va conservato e passato a figli e nipoti». Sono ucraine di Zaporizhzhia, ma potrebbero essere russe, americane, cinesi, indiane: la guerra in questo è democratica, lascia vedove e orfani di tutte le nazionalità. «Sii sempre sincera», sta scrivendo Svitlana Odaryuk, 41 anni, assorta sulla sedia. Chissà quante volte hanno discusso con Mykhaylo di sincerità, bugie, conseguenze. «Devi essere sicura di te», altro post-it, giallo. Il terzo. «Proteggi i bambini mentre sono via». Il disegno di un cuore. Mykhaylo Odaryuk, tenente della 54 esima brigata, è stato ucciso nel villaggio di Spirne nel Donetsk il21 agosto di un anno fa. Sviltana ha avuto indietro il suo binocolo e la giacca. Nelle tasche ha trovato un bossolo dipinto e una collana di anelli di granata. «I souvenir che voleva portare ai nostri due figli».
Accanto a lei siede un’altra Oksana, di cognome fa Medvid, ha riempito cinque pezzi di carta con le parole di Roman, 45 anni, morto l’8 gennaio 2023 a Novosilka. «Se ti senti triste, ricordati che c’è sempre qualcosa per cui sorridere», «attenta ai dettagli, fanno la differenza», «sei cento volte migliore di me, solo che non te ne accorgi».
L’ottavo è il più complicato, ma anche il terzo incontro non scherza. L’hanno battezzato “l’addio”. Si sono date appuntamento sull’isola e sono arrivate fin giù al fiume. Il compito era tosto: comporre la lettera mai scritta, con dentro tutto ciò che non erano mai riuscite a dire ai mariti mentre erano in vita. Un esercizio di profondità devastante, sono uscite cose belle e cose brutte, comunque verità. Svitlana, in sessanta righe, ha detto per la prima volta a Mykhaylo quanto adorasse fare colazione a letto insieme la domenica, anche se le briciole poi rimanevano tra le lenzuola. Più un paio di altre storie che solo lei e il Dnipro conoscono: con le lettere hanno fatto barche di carta e le hanno messe in acqua. «Dopo ci siamo sentite sollevate». Fa parte della terapia.
Quante sono le vedove della guerra non si sa, perché non si conosce il numero esatto dei caduti. Duecentomila, trecentomila, il numero vero non lo dicono. Kiev esagera le perdite dei russi, Mosca esagera le perdite degli ucraini. Comunque tante. Chi da sola non ce la fa partecipa a programmi di sostegno psicologico come quello di Victoria. E anche se il carattere degli ucraini è duro, poco incline a mostrare in pubblico le emozioni e privo di autocommiserazione, Yuliya sta ancora piangendo sull’ultimo dei post-it.