Corriere della Sera, 28 settembre 2023
Gli affari di mr. Evergrande
Non si vede e non si sente da tempo il fondatore di Evergrande, uomo con ottime connessioni nel Partito comunista e protagonista di uno sprofondo rosso che ha sconvolto l’industria immobiliare cinese e fa tremare la seconda economia del mondo. Il silenzio, secondo informazioni passate all’agenzia Bloomberg, è dovuto al fatto che il presidente Xu Jiayin (noto anche con il suo nome cantonese Hui Ka Yan) è «sotto sorveglianza domiciliare» della polizia. Xu/Hui è stato prelevato all’inizio di settembre e portato in un luogo segreto, dicono le fonti. Secondo la procedura di Pechino la «sorveglianza domiciliare in un luogo designato» non è un arresto formale: il soggetto però non può comunicare con l’esterno, non può ricevere visite private, deve consegnare il passaporto. E collaborare con l’inchiesta.
La situazione dell’ex re delle costruzioni, che fino al 2017 aveva una fortuna personale di 42 miliardi di dollari (oggi ridotta a un paio), segnala che le autorità cinesi sono passate alla fase della resa dei conti per il crac di Evergrande, indebitata per almeno 327 miliardi di dollari.
Per anni il gioco di equilibrismo industriale prevedeva che il colosso continuasse ad aprire cantieri, vendesse case sotto costo e così rifinanziasse i suoi debiti. La Cina così si è riempita di milioni di nuove case rimaste vuote, di città fantasma. Tutto bene fino a quando Xi Jinping nel 2017 proclamò che «la casa serve per viverci, non per speculare». Ma ancora a luglio 2021 il grande palazzinaro era sul podio di Piazza Tienanmen tra gli ospiti per il centenario del Partito. Poco dopo la bolla immobiliare esplose. Improvvisamente Evergrande non ha più avuto credito dalle banche, si è trovata con i cantieri bloccati e un debito mostruoso (stessa storia per decine di altri gruppi del mattone).
A inizio di settembre sono stati arrestati diversi dirigenti del gruppo, è saltato il piano di rifinanziamento del debito e il titolo Evergrande alla Borsa di Hong Kong ha bruciato tra lunedì e ieri il 51% del suo valore residuo.
La storia di Xu Jiayin, 64 anni, è lo specchio della corsa cinese verso la prosperità, cominciata negli Anni 80. Deng Xiaoping, aprendo la Cina all’economia di mercato, aveva annunciato che alcuni compagni si sarebbero arricchiti per primi «perché anche arricchirsi è glorioso».
La caduta del «re»
Il re dei costruttori, Xu Jiayin, è sotto sorveglianza di polizia per il crac della società
Xu è nato nel 1958 in campagna, da una famiglia poverissima: «Mangiavamo solo patate dolci e pane, i vestiti erano stracci con le toppe. Sognavo di trovare un lavoro in fabbrica e mangiare meglio».
Il diciottenne Xu ottenne una borsa di studio per l’università, ingegneria metallurgica: «Devo tutto al Partito comunista che mi ha permesso di studiare», raccontava nel 2017, al picco della sua fortuna di capitalista d’assalto con la benedizione del Partito.
Nel 1996 l’ingegnere fondò a Guangzhou (Canton) l’azienda di costruzioni Hengda, che presto ribattezzò Evergrande, mezzo inglese e mezzo italiano per dire «Grande per sempre». Servivano case per gli operai che migravano in massa nelle città e l’ex ragazzo di campagna si impose come il re dei costruttori di Guangzhou: fu allora che si meritò anche il nome in cantonese: Hui Ka Yan.
Unico svago noto: giocava a poker con altri miliardari, per il resto faceva vita ritirata.
Finché nel 2010 si è tolto lo sfizio di costruire anche il club calcistico Evergrande Guangzhou, spendendo centinaia di milioni per giocatori e allenatori importati (il football piaceva a Xi). Un segno della fitta trama di relazioni (nate al tavolo del poker) arriva nel 2014, quando vende metà della squadra a Jack Ma per 200 milioni di dollari. Il genio di Alibaba raccontò: «Ero un po’ ubriaco, ho incontrato il mio amico Xu che mi ha proposto l’affare e gli ho staccato un assegno». Investimento da ubriachi: anche la bolla del pallone si è sgonfiata in Cina.