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 2023  settembre 28 Giovedì calendario

Intervista a Sofia Napolitano

Roma C’è una frase che Sofia May Napolitano, 26 anni, tiene nel suo telefonino: «Me la disse il nonno nel 2018. Una sera prima di andare a dormire gli avevo chiesto chi fossero le persone che ammirava di più. Mi rispose: mio padre Giovanni, Giorgio Amendola e l’archeologo Ranuccio Bianchi Bandinelli. Poi aggiunse: “In una cosa non ho dubbi, ed è il tuo successo. E la tua affermazione nella vita. Questa è una cosa che ti voglio dire con tutto il cuore, ed è importante. Devi avere fiducia in te stessa almeno quanta ne ho io”. Ecco, questa frase credo che mi ispirerà sempre».
Con il suo discorso alla Camera durante il rito laico in memoria di Giorgio Napolitano, suo nonno, ha fatto commuovere tutti: «Sono appunti che avevo preso da qualche tempo. Il testo l’ho provato e riprovato davanti a mamma e papà». Ed è andata bene: «Ma al microfono, vicino a me, c’era anche mio fratello nel caso...». Simone, 24 anni, è qui anche oggi sul divano di quello che l’ex presidente della Repubblica usava come studio in casa mentre Sofia racconta un nonno «inedito» per i più, affettuoso e partecipe della vita dei suoi nipoti anche nei periodi in cui sono stati lontani: «Trovava sempre il modo di essere presente. E non si dimenticava mai di quello che ti aveva promesso. Se diceva una cosa, potevi star sicuro: la faceva».
Lei ha raccontato dei suoi consigli sui cartoni animati.
«Un episodio. Stavamo guardando i Power Rangers e si vedeva male ma Simone non voleva cambiare canale. Telefonò il nonno, e cambiammo canale».
Vi ha dato consigli per gli studi, parlavate di politica?
«Ne parlavamo ma non c’erano condizionamenti. Anche quando ci mandava articoli o libri che pensava ci potessero interessare, non era pressante. Per esempio, sapeva che facevo la tesi sull’impatto del linguaggio politico in tema di immigrazione – era il periodo del governo Conte con Salvini – e mi mandava articoli di attualità. Era attento a cosa gli dicevo, mi ascoltava, alla fine gliel’ho dedicata».
La politica piace anche a lei se ha scelto Scienze politiche.
«Non ero sicura di cosa volevo fare, così, forse anche perché la politica era stata così importante nella nostra famiglia scelsi Scienze politiche. Poi mi sono specializzata in diritto: in Inghilterra – ho studiato a Bath – questo è possibile, non come in Italia».
E il nonno che cosa le ha detto di questa scelta?
«Dal 2010 ci eravamo trasferiti a Ginevra perché la mamma ha avuto un incarico alle Nazioni Unite. I nonni sono venuti alla cerimonia del mio diploma, tornavano dalla Germania dove il nonno aveva ritirato il premio Kissinger e mi ha regalato una copia del suo libro “L’Ordine Mondiale”. Ma quando ha saputo che andavo da sola a Bath si è preoccupato».
Il ricordo
Un monopattino è il suo primo regalo che ricordo Avevo 3 anni e il pacco era più grande di me
Forse temeva che si sentisse sola.
«Sì, mi telefonava e mi diceva di essere allegra, di andare a teatro. Era il suo modo di dirmi di divertirmi, ma una diciottenne del ventunesimo secolo magari a teatro non ci va (sorriso)... Una volta tenne un discorso all’Italian Society dell’Università, si fermò a parlare con gli studenti, era curioso dei giovani. Quando era al Quirinale ricevette la mia classe: alcune insegnanti sono venute alla camera ardente».
Lei ha raccontato di quando insieme incontraste la Regina Elisabetta.
«Era il 2014, andammo a pranzo, non più di dodici, quindici persone al tavolo. Eravamo seduti vicini: io, lui e la Regina. Il principe Filippo mi chiese che cosa volevo studiare. Io risposi: forse politica e lui mi disse: ripensaci! Un’altra volta mi portò in Cina con lui, nel 2010. Avevo tredici anni, la prima volta in Asia».
Che regali faceva «nonno Giorgio»?
«Mi ricordo di un monopattino. Avevo tre anni e mi portò questo pacco più grande di me. A mio fratello ha regalato un trenino Frecciarossa con il cappello e il fischietto da capotreno veri. Ci regalò il primo telefonino, l’Iphone 3, ma eravamo più grandi. Facevamo dei collegamenti Skype, trovava il modo di chiamare qualcuno di noi ogni sera».
Cosa facevate a Natale?
«Eravamo sempre tutti insieme, Pasqua, Natale, le feste. Anche la domenica, prima di andare a Ginevra, ci trovavamo a pranzo con i nonni. Anche quando erano al Quirinale o a Castel Porziano. Si giocava a bocce, a scopa. Da piccoli a nascondino».
La sua mamma è canadese, Canada o Italia?
«Mi sento italiana».