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 2023  settembre 28 Giovedì calendario

Intervista ad Andrea Cozzolino


 Andrea Cozzolino è nel suo ufficio al Parlamento europeo con i suoi avvocati Federico Conte e Dimitri Del Beco. Ad oltre 9 mesi dall’inizio del Qatargate non ha ancora chiaro, come gli altri accusati, cosa gli sia contestato al di là di una generica accusa di associazione per delinquere, corruzione e riciclaggio.
Quando esplose il Qatargate cosa provò?
«Non avrei mai immaginato il quadro che si presentava e soprattutto le borse di denaro, colpivano la coscienza».
Tre giorni dopo, i media riferiscono del suo coinvolgimento e il Pd la sospende.
«Comunicandomelo via stampa e senza che avessi ricevuto un avviso di garanzia. Mi attendevo più rispetto per un parlamentare che ha sempre svolto la sua attività con disciplina ed onore. È stato disumano, indecente».
Chi le è stato vicino?
«La mia famiglia innanzitutto, la mia comunità storica e testimonianze individuali come quella del collega Franco Roberti, con il suo intervento di grande spessore giuridico e morale in Parlamento, e di Massimiliano Smeriglio, sul piano umano e politico».
Dopo tre mesi il Parlamento rimuove l’immunità e lei viene arrestato.
«Era proprio necessario? Soprattutto dopo che avevo comunicato alla magistratura, più volte, la disponibilità ad essere interrogato e chiesto io stesso alla commissione Juri di revocare l’immunità parlamentare? Ho fatto 4 mesi di domiciliari inutili, senza che arrivasse un solo nuovo elemento dalle indagini».
Cosa ricorda?
«Sono stati momenti molto delicati (si commuove). Vengo da una famiglia di origini molto umili legata alla storia della sinistra napoletana, mia nonna è stata medaglia d’oro della resistenza, mio padre un grande dirigente di Cgil e Pci. Mi ha devastato la sola idea di fare ombra a quella storia».
Un giorno a Poggioreale, poi i domiciliari.
«In una cella piccola, vetri rotti, freddo, un bagno indecente. Tanta disperazione. Quel carcere va chiuso».
Panzeri si pente per un solo anno di domiciliari e libertà per moglie e figlia.
Le accuse
La mia famiglia è legata alla storia della sinistra napoletana, l’idea di quest’ombra mi devasta
«Un accordo raggiunto in una situazione per lui drammatica, i soldi in casa, moglie e figlia arrestate come lui. La convenienza è evidente».
Le accuse erano pesanti.
«Sembrava dovesse crollare il Parlamento europeo, con decine di parlamentari coinvolti, grandi flussi finanziari... e poi? Tutto si è ridotto a poche persone, che pure a voler credere alle accuse, che ad oggi sono senza riscontri, non avrebbero avuto la benché minima possibilità di influenzare le attività parlamentari».
Panzeri dice che lei ha preso soldi.
«Se fosse vero, dovrebbe saper dire anche dove, come, quando e perché. È una volgare falsità per rendere credibile il suo racconto. La mia storia finanziaria è trasparente, ho sempre condotto una vita molto sobria».
Dichiara che nel 2019 lei partecipò ad un incontro in Qatar in cui si decise che le sarebbero stati versati 250 mila euro per la campagna delle Europee 2019.
«Mai partecipato, non ero a Doha nel 2019. Basta controllare il mio passaporto».
L’accusano di avere avuto con contatti con Abderrahim Atmoun, ambasciatore marocchino a Varsavia, che le dava soldi per ordine dei servizi di Rabat.
«Mai avuto un euro da Atmoun. Con lui c’è stato un rapporto di collaborazione politica e di amicizia basato sul pieno rispetto reciproco. Stiamo parlando di un alto diplomatico».
È vero che nell’autunno 2019 andò in Marocco con un viaggio pagato dai servizi segreti di Rabat?
«Sono stato invitato da Atmoun, già presidente della commissione Marocco-Ue, nella mia veste di presidente della commissione Maghreb, per incontrare il principale consigliere del Re per la politica estera per aprire, sotto la regia del Parlamento europeo, un dialogo tra Marocco ed Algeria poiché si stava consumando una rottura».
Perché dovrebbe mentire?
«Per salvare il salvabile. Le pare poco? Penso che la pressione del carcere abbia rotto in lui l’equilibrio tra verità e finzione. Del resto, a quanto è dato capire, anche al Qatar e al Marocco ha riferito informazioni e iniziative parlamentari che erano già nel solco della linea politica estera già assunta dal Parlamento, e in molti casi finanche reperibili sulla homepage del Parlamento europeo. C’è, invece, un tema di fondo che non riguarda la protezione di una casta, ma l’autonomia e l’indipendenza dell’attività parlamentare. Le indagini hanno origine dai servizi segreti, forse addirittura non europei, e riguardano parlamentari e gruppi parlamentari, che sono stati coinvolti in intercettazioni che nessun giudice ha mai autorizzato. Una violazione grave delle sue prerogative alla quale il Parlamento non ha saputo rispondere come avrebbe dovuto».