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 2023  settembre 28 Giovedì calendario

La ricetta del Fatto per trovare 37 miliardi

La legge di Bilancio che scaturirà dalla Nadef sarà una delle più misere di sempre. Il governo sembra impegnato a rincorrere qualche miliardo qui e là per cercare di uscirne con una Manovra dignitosa. Ma, come già capitato per molti altri governi, non si annunciano obiettivi eclatanti e sembra che Giorgia Meloni si prepari a vivacchiare.
Eppure ci sarebbero risorse da reperire se solo il governo avesse il coraggio per farlo. Si potrebbero rimediare 37,15 miliardi, senza fare passi particolarmente azzardati. Miracoli della demagogia? No, attento esame di una delle realtà più evidenti eppure più rimosse dalle politiche di tutti i Paesi occidentali: la disuguaglianza.
Il Paese diseguale. L’1% più ricco della popolazione adulta (500 mila persone) detiene un quarto della ricchezza totale del Paese. Lo 0,1% più ricco (50 mila persone) ha il 12%, lo 0,01% (5 mila persone) ha il 7% della ricchezza: 640 miliardi di euro. Se non si guarda la realtà della concentrazione della ricchezza, denunciata da tempo da organizzazioni come Oxfam, non si può fare una politica fiscale, e quindi economica, all’altezza dei tempi.
Patrimoniale. Che per essere tale, ad esempio, avrebbe bisogno di mettere le mani proprio nelle tasche dei ricchi. La campagna Tax the Rich promossa da Sbilanciamoci! stima in 32,5 miliardi le risorse recuperabili con una tassazione progressiva sulla ricchezza familiare (calcolata con l’Isee) dallo 0,5% (per più di 1 milione di patrimonio) al 2% (per chi ha patrimoni superiori ai 500 milioni di euro). Una simile imposta deve però tenere conto del gettito Imu (circa 16,5 miliardi) che verrebbe meno, ma soprattutto potrebbe essere difficile da portare a casa perché il milione di euro spaventerebbe anche chi ha una buona casa, etc. Ma sopra i 50 milioni di euro di patrimonio ci sono almeno 550 miliardi di euro di ricchezza (dati 2020 tratti da lavoce.info): una tassazione una tantum dell’1% (quindi senza variare il gettito Imu) produrrebbe 5,5 miliardi di gettito, con il 2% si arriverebbe a 11 miliardi.
Successione. L’imposta di successione in Italia ha una franchigia molto alta (1 milione di euro per ciascun erede in linea diretta) e aliquote tra le più basse al mondo: 4% (eredi in linea diretta), 6% (eredi di secondo grado) e 8% (altri) sopra la franchigia. La media nei Paesi Ocse è del 15% e nel caso della successione berlusconiana si è visto chi guadagna da questa legislazione (se il patrimonio di Berlusconi fosse passato di mano a Parigi le imposte avrebbero oscillato tra 1,5 e 2,9 miliardi, qui i Berlusconi hanno pagato meno di 500 milioni). Portando la franchigia a 1 milione di euro, come propone Sbilanciamoci!, indipendentemente dal numero di eredi e raddoppiando le attuali aliquote di base inserendo inoltre altri tre scaglioni a 10, 50 e 100 milioni, si potrebbe arrivare a 6,8 miliardi di gettito dagli attuali 831 milioni (che arriva a 1,9 miliardi con le varie imposte di registro e sulle ipoteche). Saldo minimo positivo pari a 5 miliardi.
No alla speculazione. Il governo urla spesso contro i grandi potentati e le tante speculazioni. Sul piano finanziario vige la tassa sulle transazioni finanziarie voluta dal governo Monti da 500 milioni di gettito. La Commissione europea aveva ipotizzato una Ttf da 57 miliardi di gettito a livello europeo, circa 4 miliardi a livello italiano con un saldo positivo di 3,5 miliardi.
Sugar e Plastic tax. Giacciono sospese le due tasse ambientali introdotte nel 2019 dal secondo governo Conte e poi fortemente ostacolate da Matteo Renzi. Alle due tassazioni viene attribuito un gettito di circa 650 milioni. La contrarietà, spesso furibonda, è delle imprese, per ragioni di costo. Ma tra il 2020 e il 2022 – si veda il rapporto Mediobanca su 2150 aziende italiane – il fatturato di queste imprese è cresciuto del 58,3%, i margini operativi lordi del 18,6% mentre il costo del lavoro è diminuito del 19%. Lo sforzo di dare un contributo alla transizione ecologica si potrebbe quindi fare.
Basta armi. La riduzione delle spese militari è una scelta politica ed economica che va certamente in direzione opposta alle tendenze imposte dalla guerra e dalle fedeltà atlantiche dell’Italia. Dai 21,5 miliardi di euro del 2019 le spese militari complessive del nostro Paese sono passate nel 2023 a 26,5. Si tratta di un aumento di circa 5 miliardi in quattro anni e la tendenza è alla crescita visto che la Nato chiede di arrivare al 2% del Pil (si tratterebbe quasi di 40 miliardi). I 3 miliardi “dedicati agli investimenti e la produzione di sistemi d’arma” che Sbilanciamoci! propone di tagliare è uno sforzo minimo.
Tutti al mare. La saga dei balneari dura in Italia da tempo immemorabile e nonostante le prescrizioni europee non riesce a risolversi. La Corte dei Conti stima intorno ai 100 milioni annui gli introiti per lo Stato a fronte di un giro di affari su cui non esistono cifre ufficiali stabili, ma comunemente stimato attorno ai 15 miliardi. Si tratta dello 0,6%. Flavio Briatore, titolare del Twiga in Versilia, ha recentemente dichiarato di aver fatturato 10 milioni di euro nel 2022 pagando una concessione di poco più di 17 mila euro: “Dovrei pagare almeno 500 mila euro” ha dichiarato. Anche ipotizzando aumenti molto più contenuti si potrebbero incamerare tranquillamente almeno 500 milioni di euro.
Concessione Macron. È di ieri del resto la notizia che la Francia si appresta a inasprire le sue concessioni su autostrade e grandi aeroporti, in funzione anti-inquinamento, con l’obiettivo di incassare 600 milioni di euro l’anno. Mossa che potrebbe tranquillamente essere ripresa anche in Italia.
Profitti à go-go. Che a seguito della pandemia e della guerra in Ucraina alcune grandi imprese avessero incamerato profitti eccezionali non lo dice qualche marxista ortodosso, ma gli stessi governi Draghi e Meloni. Il primo con la tassazione degli extraprofitti (l’eccedenza del 10% sull’utile medio del triennio precedente) del comparto dell’energia fossile ipotizzando un gettito di 10 miliardi. La seconda colpendo gli extra-profitti bancari. Il governo Draghi ha redatto la norma in modo così scomposto da incamerare solo una parte delle entrate previste, mentre sulle banche si è assistito alla prepotente frenata imposta dalla famiglia Berlusconi che di fatto ha disattivato una entrata da circa 3 miliardi nelle prime previsioni. Ristabilire entrambe le imposizioni produrrebbe un gettito di 13 miliardi. Senza contare che analoghi interventi potrebbero essere fatti su altri settori arricchitisi in seguito a pandemia e guerra.