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 2023  settembre 28 Giovedì calendario

Biografia di Elena di Troia

Il principio di tutto fu una mela. Per essere precisi, un pomo. D’oro. Rubato da Eris – dea della discordia – dal giardino delle Esperidi e gettato su una tavolata su cui era stato allestito un banchetto. Il banchetto di nozze fra la dea Teti e il mortale Peleo (potrebbe anche essere quello fra Cadmo e Armonia). Eris non era stata invitata e aveva deciso di vendicarsi. Così aveva inciso sul dorato pomo “della discordia” le seguenti parole: “Alla più bella”. Al banchetto presiedevano gli dei dell’Olimpo. Le tre divinità femminili più importanti, cioè Era, moglie di Zeus, Atena, figlia di Zeus e dea della saggezza, e Afrodite, dea della bellezza, cominciarono ad accapigliarsi. Ciascuna riteneva che a lei dovesse toccare la mela. Da lontano, Eris si godeva la scena. Il terzetto si recò infine da Zeus perché dirimesse la controversia. Questi si trovò in difficoltà, non volendo inimicarsi nessuna delle vendicative signore. Con un’astuzia degna di Odisseo, delegò un mortale a emettere “l’ardua sentenza”. Il fortunato – si fa per dire – era Paride Alessandro, figlio del re di Troia Priamo e di sua moglie Ecuba.
L’INCUBO
Qui bisogna aprire una parentesi. Prima della nascita di Paride, la madre Ecuba aveva fatto un sogno terribile, dove un incendio divorava Troia. Gli indovini decretarono che il nascituro avrebbe portato sventura e doveva essere soppresso. Appena nato, Paride fu condotto sul monte Ida e abbandonato. Ma un’orsa lo allattò. Fu adottato da due pastori e per molti anni visse come un pastorello sul monte Ida. A lui si presentarono, scortate da Ermes, le tre dee, invitandolo a designare la più bella. Siamo al famoso “giudizio di Paride”. Per invogliarlo, Era gli promise che lo avrebbe reso l’uomo più potente dell’Asia Minore, Atena il più saggio e sapiente. Fu Afrodite che seppe toccare la corda giusta, promettendogli la donna più bella del mondo. A lei Paride dette la mela. Inimicandosi per sempre le altre due e condannando Troia a fine certa. In realtà, la decisione della caduta della città è da attribuire al Fato, alla Necessità, cui persino Zeus deve obbedire. Comunque il fatuo e vile giovanotto si rivelerà un ottimo mezzo. In seguito Paride torna nella città natale e, dopo intricate vicende, viene riconosciuto dai genitori, riprendendo il suo ruolo di principe. Incaricato di una missione diplomatica, si reca poi nella casa di Menelao re di Sparta, ne diventa amico e, approfittando della sua assenza, gli ruba la moglie. Elena.
LE RAGIONI
Ma chi è questa donna, così affascinante da scatenare una lunghissima guerra? Benché in realtà le ragioni siano di natura economica e commerciale, il casus belli nel mito è stata proprio lei. L’indecifrabile Elena, figlia di Leda, moglie di Tindaro re di Sparta. Leda era, a sua volta, bellissima. Zeus se ne innamorò e si congiunse a lei assumendo le sembianze di un cigno. Da Leda nacquero due coppie di gemelli. Due erano figli di Zeus, e si trattava di Polluce ed Elena. Due erano invece figli di Tindaro, cioè Clitemnestra e Castore. Giovanissima, la splendente Elena fu desiderata da numerosi e potenti pretendenti, che ambivano alla sua mano.
Temendo che i pretendenti scartati gli facessero guerra, Tindaro decise – su consiglio di Ulisse – di lasciare alla “figlia” la scelta del marito. Prima, però, fece giurare a tutti che avrebbero rispettato tale scelta e avrebbero aiutato lo sposo, se qualcuno avesse cercato di rapire la ragazza. Elena optò per il giovane Menelao, principe di Micene e discendente dalla terribile stirpe degli Atridi. Con le nozze, egli divenne re di Sparta e lì condusse la moglie. Invece Clitemnestra convolò con il fratello di questi, Agamennone. In seguito, sedotta da Paride – e subornata da Afrodite Elena lo segue a Troia. Scoppia la guerra. Eppure lei, che simboleggia l’eros, la passione sensuale e irresistibile, in fondo non appare davvero colpevole. Subisce il proprio fato come tutti gli esseri umani, ma non è “attrice” di esso. È uno strumento. Tanto che, nell’Iliade, quando si arriva allo scontro fra Menelao e Paride ("disgraziato, bellimbusto e seduttore”, lo chiama Ettore), “piange sommessamente”, rimpiangendo il primo marito, la figlia e la vita a Sparta. Si rimprovera di aver causato infiniti mali: sarà poi costretta a sposare il fratello di Paride alla morte di questi. A Troia non è amata; solo Ettore e Priamo le mostrano affetto.
BIASIMO
Nell’Odissea, Elena è tornata a casa con Menelao e conduce di nuovo una vita serena, ma ha parole di biasimo contro sé stessa. Ed è lei a somministrare un misterioso rimedio – nepente – agli eroi in lacrime, per far loro dimenticare le sofferenze. Sulla sua fine, ci sono versioni discordanti. Il mito viene ripreso spesso dai tragici e dai moderni. Eppure, la vera Elena continua a sfuggirci. Le sue fattezze sembrano riflesse sull’acqua. In una lettera, la poetessa Marina Cvetaeva, rileggendo i classici greci, scriverà:” “Mi è venuta voglia di sapere chi era Elena e – nessuno! Semplicemente, si è lasciata rapire”. Forse hanno ragione quelli che sostengono che a Troia ci fosse solo “un simulacro”.