la Repubblica, 27 settembre 2023
L’IA e la profezia di Primo Levi
Il Versificatore è il congegno più straordinario mai creato dalla fantascienza italiana.
È un dispositivo presente in un telefilm della Rai realizzato nel 1971 e a inventarlo funientepopodimenochePrimo Levi. Negli anni Sessanta, influenzato dallo spirito dell’Era Spaziale e dal boom economico italiano, Levi si divertì a scrivere un certo numero di racconti di fantascienza incentrati su bizzarri macchinari. La Rai ne trasse dei telefilm. Il Versificatore è il migliore in assoluto.
Non è insolito che un oggetto di fantascienza appaia come prodotto reale dopo dieci o quindici anni – la serie televisiva americana Star Trek lo dimostra. Però è estremamente raro e davvero impressionante che un oggetto simile riveli aspetti profetici dopo sessant’anni. È il caso del Versificatore,che è un moderno dispositivo di IA, un “large language model” immaginato e descritto da Levi prima dell’avvento del personal computer.
Il Versificatore è un antesignano di Gpt4, Levi ha saltato decenni di sviluppo tecnologico perché la sua era una riflessione sul linguaggio.
Primo Levi è scomparso nel 1987, per cui è impossibile intervistarlo e scoprire comeabbia avutoquesta intuizione tecnologica che ha del miracoloso. Il centenario di Levi è ormai trascorso, è nato 104 anni fa, è ormai un autentico personaggio storico e un classico della letteratura. Ma è importante celebrare la sua invenzione. Il Versificatore non è un semplice oggetto di scena bensì un prodotto dell’elettronica italiana e nasce da un contesto culturale unico. Pur essendo molto datato offre un contributo rilevante al vivace dibattito odierno sulla IA.
Il Versificatore ha dei precedenti in letteratura. Nel Settecento Jonathan Swift neI viaggi di Gulliver contemplava un macchinario in grado di scrivere libri, e nel 1948, George Orwell descrisse macchine capaci di generare romanzi e anche musica leggera nel romanzo distopico 1984.
Ma con Levi la macchina letteraria è presentata nei minimi dettagli. Levi comprende che il Versificatore è inserito nella società, che soddisfa delle esigenze, che ha dei vincoli. Il Versificatore è il protagonista del racconto che porta il suo nome. Ne è addirittura l’autore (come apprendiamo alla fine) e ha scritto la propria sceneggiatura, descrivendo sè stesso.
Essendo a mia volta autore di fantascienza, non posso esimermi dall’elogiare Levi per come è riuscito nel suo intento. La storia, pur essendo palesemente frutto di fantasia – una satira divertente e stravagante, non si tratta di “realismo letterario” – ha un che di convincente, perché Levi affronta quelli che sono i suoi problemi letterari. Potrebbe scrivere una fantascienza standard, in stile americano ma è troppo facile per un autore del suo calibro. Levi vuole invece produrre un nuovo genere di “letteratura centaurica” che sia letteraria, addirittura filosofica per tono e intento, ma dotata di quattrograndizampedacentauro,perchéprofondamente influenzata dalla scienza e dalla tecnologia. Levi si sforza di integrare letteratura e tecnologia e il racconto è dimostrazione di come questo sia possibile. All’inizio del telefilm Rai appare sullo schermo un poeta. Sembra lui il protagonista della storia, è chiamato semplicemente “Maestro”. Il Maestro si esprime da poeta, con profonda conoscenza della metrica e delverso, possiede un dizionario delle rime, ma non si comporta come un poeta normale. Il Maestro si rende conto, con irritazione, di non essere in grado di stare al passo coi tempi in rapida evoluzione. Manca di dinamismo industriale. Il Maestro quindi non è il protagonista, piuttosto l’utente finale – il consumatore computazionale, il tizio che compra i macchinari. Rappresentava una novità straordinaria nel 1961,l’anno in cui Levi scrisse il racconto, e lo era ancora nel 1971, quando uscì il telefilm. Il Maestro si trova di fronte al dilemma morale ed etico di acquistare e usare un Versificatore, e per convincersi assiste a una dimostrazione dal vivo. Entrano quiin gioco due altri personaggi, “Simpson”, il venditore del Versificatore e la “Signorina” la segretaria del Maestro, sua confidente e voce della coscienza.
Se siete appassionati di Device art e Interactive machine art come me (in qualità di Art Director dello Share Festival diTorino) rimarretea bocca aperta davanti a quel macchinario, che non somiglia a nessun genere di “computer” tradizionale, sembra più un’installazione, tipo quelle visibili al museo Ars Electronica di Linz quest’anno.
Devo dare tutto il merito agli scenografi Rai per questo, in particolare a Giuliano Tullio, un signore che, a differenza di Primo Levi, è ancora vivo. Il Versificatore ruba immediatamente la scena. Il poeta, la segretaria e il venditore per il resto del film vivono all’ombra del macchinario, a volte alla sua luce intensa. Continuano a girargli attorno, specialmente l’attrice Milena Vukotic, che, essendo una ballerina, quasi danza in ufficio. Gli esseri umani ascoltano la voce ultraterrena dell’IA, entusiasti della sua musica elettronica. Quindi, la macchina è il protagonistadella storia ed è un oggetto piuttosto carismatico. Il Versificatore non è la semplice rappresentazione di un dispositivo, è un prototipo, un modello tridimensionale, con una spina elettrica, un visivo,un sonoro eun comportamento. C’è dietro la forza del design italiano, forma e struttura sono opera degli artisti degli effetti speciali della Rai, l’idea è di Levi, che comprendendo la valenzadi prodotto sociale del macchinario lo ha immaginato con grande verosimiglianza. Ad esempio, Simpson dice che il Versificatore non è un “vero poeta”. Perché è solo un piccolo dispositivo da scrivania. Il “vero” poeta è un mostro industriale invisibile chiamato “il Trovatore”, in grado di comporre poesia a ciclo continuo simultaneamente in tutte le lingue europee.
È questa la grande differenza odierna tra le modeste interfacce per consumatori dell’IA e le mega-macchine del-l’IA delle Big Tech con i loro enormi ammassi di Big Data. Come faceva Levi a sapere che sarebbe andata così? Non si sa, ma lo sapeva.
Il Versificatore non ha una tastiera. Si basa interamente su brevi istruzioni dell’utente, proprio come fa la moderna IA. Invitato a scrivere una poesia d’amore, l’IA mancando di discrezione umana fa un passo falso nei confronti della Signorina. L’IA moderna è famosa per essere maldestra sotto questo profilo ma Primo Levi sapeva non si sa come che sarebbe successo, e che sarebbe stato divertente. È anche bello che la storia abbia un lieto fine; anziché creare una sinistra distopia alla Frankenstein con l’IA, nella parabola di Levi tutti sembrano contenti, soddisfatti, vestiti meglio e persino più chic di prima. Affrontano e risolvono i loro problemi sociotecnici. Ora siamo noi ad averli. Adesso che sappiamo che questo oggetto di fantascienza italiano del 1971 era davvero profetico, cosa dovremmo farne?
Io e i miei colleghi artisti torinesi abbiamo discusso sul tema. La sensazione è di dover costruire un altro Versificatore. Dobbiamo farlo rivivere, tirarlo fuori dalle immagini in bianco e nero del video su YouTube e ricostruirlo a grandezza naturale, crearne una versione funzionale ed accurata. La profezia di Levi deve stare poggiata su una scrivania.