il Giornale, 27 settembre 2023
Gli altromondisti
Facciamo questo esperimento, chiamiamoli Altromondisti. Niente di meglio di un’etichetta da applicare a un gruppo di artisti per far parlare di loro. E che se ne parli, questi se lo meritano proprio. Altromondisti è un’etichetta che si conia qui, ora, e mi perdonino l’hubris i critici d’arte di professione, perché io non sono che uno scrittore che colleziona arte contemporanea, ma uno scrittore-collezionista che ogni tanto racconta delle sue incursioni negli studi d’artista, nelle esposizioni delle accademie, nelle collettive delle gallerie di ricerca, nelle mostre dei premi per esordienti.
Ed è stato durante tutto questo girare che mi sono accorto che esiste un fresco insieme di artisti con un nuovo tratto comune: fanno una pittura figurativa accurata e descrittiva, di immediata lettura, ma non dipingono la realtà. Non li accomuna lo stile o la tecnica, quanto a questo si somigliano poco, anzi ognuno dipinge a modo suo. Ad avvicinarli è invece la scelta di dipingere un proprio mondo, con un’ambientazione che è collocata in un determinato luogo, un universo parallelo, un dettagliato mondo altro abitato da personaggi ricorrenti, impegnati in situazioni e contesti che sembrano appartenere a una narrazione, a una serie, a una saga. Gli Altromondisti sono pittori che se ne vanno dalla vita reale per spostarsi dentro una dimensione spesso fiabesca, qualche volta pop, qualche altra post-moderna, che è campo di messa a fuoco del sé e luogo di liberazione, di ricerca di serenità e di piacere, e soprattutto rifugio dalla nostra tormentata realtà.
Sto parlando di Davide Quartucci, Rachele Frison, Aronne Pleuteri, Gherardo Quadrio Curzio, Domenico Ruccia. Che hanno un’altra caratteristica comune: hanno appena terminato o stanno ancora frequentando l’Accademia di Brera. Quartucci (classe 2000) dipinge un mondo ombroso, boschivo, dove il verde è la tinta dominante, e dove un personaggio senza età, con un naso fuori misura e gambe e braccia ossute, si muove tra piante in decomposizione, escrementi, mosche, in contatto con la parte morente di una natura che è però benevola, pacifica, e che anzi con la morte riconcilia. La pittura di Frison (nata nel 1995) spinge nella direzione del fiabesco e del notturno, con personaggi ritratti in situazioni simboliche che li collocano in un’iconografia vicina al magico e al folklore, spiriti del bosco raffigurati con una predominanza di blu e di porpora a evocare la notte e il mistero, dentro a foreste che anziché minacciare offrono protezione e ristoro. L’omino dalle smisurate gambe scheletriche di Pleuteri (classe 2001), è protagonista di avventure sfortunate in un contesto bucolico, dentro una natura vagamente psichedelica, che a differenza di quella di Quartucci e Frison è aggressiva, non perdona, attacca e ferisce, ma con quadri che esplodono sempre in un twist ironico, al confine del comico, come se la natura del suo mondo a parte, più che impietosa fosse dispettosa. I quadri di Curzio (che è del 2000), hanno colori brillanti, linee taglienti, spigoli pungenti, e sono popolati da figure che sembrano automi steampunk, in un mondo irreale che oscilla tra un futurismo visionario, il Ballet mécanique di Leger e le illustrazioni di un moderno Mago di Oz. Ruccia, infine, unico tra gli Altromondisti che abbia (poco) più di trent’anni, è omogeneo al gruppo per formazione (Brera), e per il diploma recente, ottenuto nel 2021 dopo aver lasciato alle spalle una laurea in legge. L’altro mondo delle sue opere alterna personaggi d’invenzione a personaggi reali dello stardom (David Byrne, Linda Evangelista, Liz Taylor...), che Ruccia dipinge in pose iconiche e ironiche dentro un mondo allegro e glamour, chic e sopra le righe, in cui cercare relax e piacere in compagnia dei protagonisti preferiti del suo immaginario d’antan.
Ma gli Altromondisti sono consapevoli di poter essere raggruppati e così etichettati? Assolutamente no. Si conoscono e vengono dalla stessa accademia, ma quella del rifugiarsi in un altro mondo non è una poetica che hanno pianificato a tavolino, né da soli né tanto meno insieme. Ognuno ci è arrivato per conto proprio, in spontanea evoluzione rispetto a quanto dipingeva prima, e se si guarda la cronologia, il prima e il dopo hanno come spartiacque il 2020-21. Dunque gli anni del Covid, delle chiusure, del coprifuoco, del terrore che ci ha attanagliato per mesi a più riprese, smantellando lo scudo refrattario col quale credevamo di vivere e consegnandoci a una realtà di incertezza e angoscia. Questi giovani artisti hanno semplicemente respirato l’aria del loro tempo, e in un processo di azione-reazione hanno scelto una via che è sbagliato chiamare di fuga: piuttosto una via verso uno spazio privato, una comfort zone dove smaltire angoscia, stanchezza, esasperazione.
Un altro dato comune: è una pittura che funziona, e intendo per il gallerista e per il collezionista d’arte. Aronne Pleuteri è entrato nella collezione Iannaccone, ha da poco esposto a Biennolo (la biennale d’arte milanese creata da Carlo Vanoni e curata quest’anno da Giacinto Di Pietrantonio), e a breve inaugurerà una personale a Londra, alla galleria Collective Ending. Davide Quartucci è appena entrato nella scuderia della galleria Boccanera e venerdì inaugurerà una personale nella sede di Trento. Domenico Ruccia è entrato nel roster della galleria milanese Ipercubo e ha da pochi giorni chiuso una personale presso la gemella Iperstudio, a Viareggio. Gherardo Quadrio Curzio e Rachele Frison hanno inaugurato da pochi giorni una tripersonale alla galleria Giovanni Bonelli di Milano, che resterà aperta fino al 21 ottobre. I loro quadri vendono bene, li dipingono e partono per privati o gallerie. Sono artisti che sembrano destinati al successo, in virtù del proprio talento ma anche grazie a una pittura che è accattivante: perché anziché raffigurare direttamente l’angoscia e lo smarrimento, preferisce aggirarli con l’ironia, la magia, la bellezza e l’edonismo. «Altromondisti» è un’etichetta che probabilmente non rimarrà, ma loro e i loro quadri sì.