La Stampa, 26 settembre 2023
Alexandria Ocasio-Cortez molla Musk
La deputata democratica e star dell’ala progressista Alexandria Ocasio-Cortez guida una Tesla Model 3 bianca, la società di cui Elon Musk è il maggiore azionista. L’ha comprata nel 2020 ai tempi della pandemia, quando fare il pendolare dal suo distretto elettorale del Bronx-Queens a Capitol Hill, Washington, era complicato. Ha spiegato che con una ricarica o poco più, riusciva a compiere il tragitto.
Ora vorrebbe disfarsene e passare a un veicolo elettrico prodotto in stabilimenti dove è presente il sindacato, ha detto domenica alla Cbs. Non è facile, le fabbriche che producono batterie per le Big Three sono in joint venture e non hanno sindacati.
L’intera “supply chain” (la catena di fornitura) – dalle miniere di terre rare, alla lavorazione, sino all’assemblamento – si regge su personale e società non “unionizzate”. AOC – così è nota – sta lavorando a una legge per introdurre nell’intera filiera i sindacati sfruttando le maglie dell’Inflation Reduction Act. In un Paese dove appena il 6% dei lavoratori delle aziende private è iscritto alle “union” di categoria l’impresa è poco popolare.
Se volesse tener fede all’impegno di acquistare solo Ev in fabbriche con i sindacati e allo stesso ricaricare una volta sola l’auto nel soggiorno washingtoniano, potrebbe acquistare una Chevrolet Bolt Euv o una Ford F-150. Gli operai sindacalizzati e attualmente al decimo giorno di sciopero in 38 siti delle Big Three, costano circa 65 dollari all’ora (benefit compresi). Quelli di Tesla – sindacati assenti, logistica all’osso e intera catena di approvvigionamento dislocata nello stabilimento di Fremont in California – prendono fra i 45 e i 50 dollari.
Il desiderio di abbandonare la Model 3 bianca non è nuovo. La deputata che nel 2018 portò una ventata di freschezza nel Partito democratico, voleva venderla già nel maggio del 2022, fece sapere allora via Bloomberg. E ancora lo ha detto nel luglio 2023 e ripetuto due giorni fa a Margaret Brennan che l’ha intervistata a Face The Nation. Sedici mesi dopo però l’auto – il cui valore attuale si aggira fra i 30 e i 35mila dollari – è ancora nel garage della deputata.
A indurre Ocasio-Cortez a liberarsi della macchina era stata la decisione di Musk di comprare Twitter. L’annuncio era giunto a metà aprile. Con il patron di Tesla e potenziale numero uno del social network, AOC aveva intrattenuto rusticani duelli sul Web con tanto di tifoserie a segnalare botte e risposte a colpi di like. L’idea di circolare per le strade del Nord Est con un prodotto – sua definizione – «di un miliardario di cui non mi interessa nulla», le appariva sconveniente.
Musk nulla fa per nascondere simpatie conservatrici anche se si vanta di dire che «ama la sinistra della destra, e la destra della sinistra». E quindi Tesla oggi è un simbolo politico più che un semplice marchio di automobili. Da maneggiare con cura dagli scranni di Capitol Hill.
La società con sede a Austin produce da oltre un decennio auto in linea con le ambizioni dell’agenda green del partito di Ocasio-Cortez; eppure, la sbracata gestione su X (il vecchio Twitter) da parte di Musk della libertà di espressione senza freni e la sua ricchezza smodata (220 miliardi di patrimonio ad aprile 2023) lo fanno apparire agli occhi della galassia dell’America liberal un compagno scomodo con cui farsi immortalare. Figurarsi portarlo in palmo di mano sulle strade con il brand più famoso.
Un conteggio non ufficiale fatto da Bloomberg ha appurato che nei garage del Congresso ci sono almeno 10 fra deputati e senatori proprietari di una Tesla. Tom Carper è un convertito, nel 2021 ha venduto il suo minivan Chrysler (600mila miglia) e preso una Model Y, valore 64mila dollari. Il senatore Mark Kelly è stato consulente dell’altra creatura di Musk, Space X (che fra l’altro ha contratti con agenzie governative) e ora guida una Model S nera. Non si fanno problemi a mostrarsi a bordo dell’auto del nemico politico uomini potenti come Adam Schiff e il senatore del New Mexico Martin Heinrich: «Io compro le sue auto, Musk paghi le tasse», è il massimo dell’attenzione che gli dedica.
Il più scanzonato è Thomas Massie, repubblicano del Kentucky: ama tanto le Tesla – «Mi diverto a guidarle» – quanto il carbon fossile. Sulla targa del suo veicolo elettrico ha un adesivo: «Coalizione per il carbone». In questo panorama di politici sensibili al fascino di Tesla, la progressista – «socialista» per la vulgata dei media conservatori – AOC è l’unica radicale: «Quando hai tutti quei soldi non li hai guadagnati, li hai presi», disse riferendosi a Musk.
I loro duelli sui social sono diventati epocali. Annusata l’ipotesi che il prediletto social (allora, Twitter) potesse finire nelle mani di Elon Musk, il 29 aprile del 2022 AOC fece un tweet «su qualche miliardario che ha un problema di ego che controlla unilateralmente piattaforme di comunicazione di massa».
Musk rispose sempre via “uccellino": «Smettila di colpirmi, sono veramente timido» con tanto di emoticon. A stretto giro, AOC: «Stavo parlando di Zuckerberg, ma ok». Schermaglie e battute al vetriolo, come quando la deputata si indignò per la proposta di far pagare 8 dollari la permanenza su Twitter. «Grazie del feedback, ora versa gli 8 dollari», la risposta di Musk —