ItaliaOggi, 26 settembre 2023
I tedeschi sono esauriti
La metà dei tedeschi si sente esaurito. Una percentuale allarmante, secondo il sondaggio che ha fatto compiere la società di consulenza aziendale Auctority, pubblicato da Der Spiegel. Il termine alla moda, per chi non sa rinunciare all’inglese, sarebbe Burn out. Lo siamo quando confessiamo: non ce la faccio più. Lo dice la madre che si occupa dei figli piccoli e della casa, il capufficio, l’impiegato o l’operaio. Alla domanda, su una scala da uno a dieci, quanto si sente esaurito, un buon dieci per cento risponde dieci, il valore massimo. E un altro venti per cento indica tra otto e nove. Solo un terzo assicura di sentirsi in forma, e un altro venti per cento ammette di sentirsi stanco “di quando in quando”.
La percentuale cambia a seconda dell’età. La fascia più esposta, con il 60%, è quella tra i 30 e i 49 anni, cioè di quanti sono impegnati per affermarsi sul lavoro, o ce la fanno adesso o temono che la partita sia perduta. Prima o dopo, non si scende di molto, e sono alla pari, con il 56%, i giovani tra i 18 e i 29 anni, e i più anziani tra i 50 e i 64 anni, alla soglia della pensione. Dopo, comunque, il 40% non riesce a godersi il riposo, e si sente sempre erschöpft, esaurito.
Le cause sono prevedibili: nella fascia fino ai 49 anni, il 40 accusa il lavoro. Una buona metà vorrebbe cambiare occupazione, ma non è quasi mai possibile. Non piacciono i colleghi, e oltre un terzo giudica il capo un tiranno. Il direttore, a sua volta, giudica male i dipendenti, pigri, malati immaginari, poco affezionati all’azienda. Sempre il 40% accusa la politica, che conduce il paese verso la recessione, e il 27% si sente stanco perché obbligato a fare straordinari, sacrificando le serate e il fine settimana.
Feierabend, letteralmente serata libera, è una sorta di parola sacra, indica il termine del lavoro, tra le 17 e le 18. Difficile che dopo troviate in ufficio qualcuno che risponda al telefono, anzi è consigliabile non cercare informazioni dopo le 16. Al venerdì gli uffici pubblici e privati cominciano a chiudere di fatto già verso le 14. E dopo mezzogiorno, per un paio d’ore, quasi tutti sono in pausa pranzo. Al sabato, sono pochi i negozi aperti nel mio quartiere centrale di Charlottenburg. Al pomeriggio è chiusa anche la farmacia vicino a casa. La cucina nei ristoranti chiude alle 21,30, dopo non ottenete neanche un panino. Eppure, la maggioranza si sente soffocare dal lavoro. Quest’estate, molti proponevano di imitare noi italiani, o gli spagnoli, e di introdurre la siesta anche in Prussia.
«Il lavoro viene sentito come un’oppressione, e ciò è preoccupante per la società», dichiara la psicologa Christina Guthier, che ha condotto il sondaggio. Sono pochi quanti trovano soddisfazione nell’attività svolta. Solo un quinto, alla fine della giornata, confida di essere stanco per aver prestato la propria opera per un fine condiviso, di essere orgoglioso per il lavoro eseguito, sia un professore, un medico, il conducente di un bus, o un impiegato. Il 40% è convinto che la situazione non potrà migliorare in futuro. La mancanza di ottimismo aumenta la sensazione di esaurimento fisico e mentale.
Le percentuali sono quasi identiche tra le regioni dell’ex Germania Est, e quelle occidentali. E non cambiano di molto tra chi non ha figli, e padri e madri che si devono dividere tra ufficio e famiglia. Ma le donne sono più esaurite degli uomini, il 56 per cento contro il 50. I singles sono meno esauriti degli sposati e dei divorziati, e dei vedovi. Gli impiegati con il 65% sono più esauriti dei funzionari con il 58 e degli operai con il 55. I più soddisfatti di sé e del lavoro sono i dirigenti: solo la metà si sente burn out. Comandare è un antidoto contro la stanchezza.
Che fare? I giovani chiedono un orario di lavoro più ridotto, gli anziani vorrebbero un lavoro meglio organizzato, a volte hanno l’impressione di lavorare a vuoto, colpa delle norme burocratiche insensate da rispettare, come indica il 65 per cento dei Beamte, i funzionari pubblici. «I giovani sono frustati, spiega Frau Christina, anche perché si sentono impotenti innanzi ai problemi, dal clima, alla guerra, all’inflazione. Si sentono responsabili individualmente ma non riescono a reagire».