la Repubblica, 26 settembre 2023
La seconda vita dell’Alchimista è un manga
Bisogna riconoscere ad alcuni romanzi l’insondabile e misteriosa capacità di trasformarsi in oggetti magici, in talismani. La loro sostanza non è esclusivamente narrativa: hanno al fondo una natura di vademecum esistenziale, ispirano e guidano come breviari atti alla cura dello spirito. Così, a L’Alchimista di Paulo Coelho – pubblicato per la prima volta trentacinque anni fa – è occorsa una fortuna assimilabile a quella di libri come, in altre epoche, Siddharta e Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta. Con il romanzo di Hermann Hesse, quello del brasiliano Coelho – allora quarantenne – condivide il movimento del pellegrinaggio. C’è dunque un pastore in viaggio e c’è – come vuole il proverbiale schema del fiabesco – una sequenza di peripezie dell’eroe.
Eroe, si potrebbe dire qui, suo malgrado: perché il protagonista Santiago insegue la sua “visione” e prova a conquistarla lasciando che il mondo metta a dura prova il suo candore. Ha un tocco magico, è una specie di re Mida che non sa di esserlo; e quando incontra l’alchimista – in un appuntamento che il destino aveva prescritto per lui – guadagna forza, si innamora, vince tutte le prove e, come voleva il vecchio Propp, il linguista russo che studiava le favole, guadagna lo “scioglimento” finale da vincitore, con in mano il tesoro sognato e desiderato.
L’edizione graphic novel che esce in Italia per La nave di Teseo (adattamento di Artword Lab) è l’interessante e sincretico esito di un ponte editoriale Sudamerica-Asia: la traduzione a fumetti del romanzo di Coelho è infatti opera cinese (Simona Gallo l’ha ritradotta in italiano).
Il giovane Santiago racconta a una sensuale interprete di sogni la sua visione; lei gli legge la mano e gli annuncia le «numerose avversità» con cui sarà tenuto a fare i conti. Lui si agita, almeno lì per lì, ma non è uno che si perda d’animo facilmente. E così, come un vero e appassionato esploratore, si mette in viaggio: fermandosi a contemplare la bellezza di un paesaggio andaluso che prende spazio nelle tavole.
C’è un effetto curioso: benché ambientata a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo, la vicenda sembra proiettata in un calendario meno preciso. O forse è il tratto da quasi-manga che, stilizzandola ulteriormente, le conferisce una patina di sovra-spazio e sovra-tempo. Il pastore in cerca del tesoro nascosto ai piedi delle Piramidi è un nostro compagno di strada; uno che potrebbe, zaino in spalla, essere il passeggero seduto accanto a noi – giovane, vitale, curioso. Uno che «accetta la sfida», che si ingegna, rilancia, azzarda. Se perde, non si fa abbattere. Se è derubato, riparte da zero.
Come l’Uomo di una poesia di Kipling, si confronta col trionfo e la rovina senza perdere l’equilibrio, e sa fare un mucchio di tutte le fortune rischiandolo in un unico lancio a testa e croce. Per quale orizzonte più nobile? E guidato da cosa? La volontà di stanare l’“Anima Mundi”, risponderebbe forse Coelho evocando Alchimia e psicologia di Jung. Libro che segnò la giovinezza del futuro scrittore e gli offrì il nocciolo concettuale per questo bestseller. Tra psicoanalisi e spirito hippy, Coelho traghetta il sogno-rivelazione sul piano del concreto, lascia che la visione notturna si incarni nella possibilità diurna.
Santiago – come mostrano le tavole – non si crogiola nell’inerzia, si muove, avanza, e ascolta. Sì, certo, il suo cuore, stando alla frase semplice e abissale scelta per la quarta di copertina. Ma ascolta anche e soprattutto gli altri: sa valutare negli incontri casuali occasioni di trasformazione, conosce il “lessico dell’appuntamento”. Viandante tra viandanti, si intrattiene, dialoga, si cerca nel simile tanto quanto nel dissimile. Sa che la saggezza del mondo non è in unico scrigno, ma è diffusa, polverizzata, e la si conquista con un ostinato esercizio di attenzione.
A fumetti, L’Alchimista ricarica la sua verità semplice e trasparente, ma non così a portata di mano. Bildungsroman distillato, continua a fare proseliti anche su TikTok perché conforta chi legge nell’idea che una fiduciosa perseveranza qualche frutto lo porta. Le prime mille copie stampate nel 1988 non dettero forse al semi-esordiente Coelho il presagio del successo internazionale: aveva scritto il libro in due settimane, o così ha raccontato, perché gli pareva di portarselo dentro da sempre.
È diventata una delle storie più lette al mondo: tradotta in più di sessanta lingue, ha superato i 65 milioni di copie. Senza imbarazzo intellettuale, con la naïveté perfino generosa di chi si pone le domande radicali, quasi ineffabili (che cos’è l’amore?), come se fosse il primo mattino del mondo, il pastore Santiago continua a camminare. Avanza a passo spedito nel vento e colloquia pure con le forze naturali perché intende coglierne il segreto; e provare a disincarnarsi, a disperdersi, a esistere non più solo in sé – come gli suggerisce l’Alchimista – ma nella furia e nella libertà degli elementi.