la Repubblica, 26 settembre 2023
L’Europa come antidoto
Va tutto male. Sì, sì, ascoltate bene, leggete i giornali, date retta alle voci più autorevoli: tutto è perduto, è finita, vi dico, perché le prossime elezioni in Francia per la presidenza saranno vinte da Marine Le Pen; dopo aver inventato il populismo anti-verdi, i Paesi Bassi diventeranno ingovernabili; la povertà espugnerà l’Europa fino a Berlino; la “stanchezza ucraina” metterà a rischio tanto l’Europa quanto gli Stati Uniti e, non precipitandosi in aiuto agli armeni, l’Unione si rivelerà più orribile che mai.
Non so voi, ma io questa tiritera non la sopporto più perché, invece di lamentarsi giorno e notte, questi frignoni dei 27 Stati membri potrebbero decidersi a constatare che non c’è posto al mondo nel quale si vive meglio e in libertà come nell’Unione europea, che ci siamo affermati come potenza politica acquistando e utilizzando in comune i vaccini, armando l’Ucraina e trovando senza indugio di che sostituire il gas e il petrolio russi.
L’Unione c’è. L’Unione fa passi avanti e si rafforza, anche se i suoi trattati in fondo ambivano a farne soltanto una potenza commerciale e di diritto. Tenuto conto, però, che quasi nessuno sembra considerare questi dati di fatto, che dire? Che fare?
È semplice: lasciate perdere.
Non cercate più di chiedervi se l’Unione europea avrebbe dovuto bombardare per davvero l’Azerbaigian o quali sono, concretamente, anche in Polonia, le conseguenze di questa “stanchezza ucraina”. Non sollevate più obiezioni su niente, perché l’Unione è colpevole per definizione. Unitevi al coro dei disillusi e dal profondo gridate ad alta voce: “Che ne sarà di noi tra Cina e Stati Uniti, schiacciati ai lati dalle due superpotenze di questo secolo?”
Tutto ciò esige un cucchiaio di pozione magica. Le file europee all’improvviso si serrano, perché nessuno ha voglia di essere dominato dalla Cina, nessuno aspira nemmeno a una sovranità americana sull’Europa. Il centrosinistra, il centrodestra e gli stessi Paesi dell’Europa centrale non lo desiderano più, perché Trump ha frantumato la fiducia nell’ombrello americano. L’estrema sinistra e l’estrema destra non l’hanno mai desiderato, perché agli occhi dei primi gli Stati Uniti incarnano l’imperialismo, a quelli dei secondi l’amoralità libertaria. Inopinatamente, in tutte le conversazioni pubbliche o private, ci si oppone all’unanimità alla cancellazione dei nostri Paesi, e il dibattito può imboccare una direzione nettamente contraria e a 360 gradi rispetto al “va tutto male, tutto è perduto”. Voi del centro, della sinistra, della destra, intendete lottare contro le caotiche migrazioni contribuendo allo sviluppo industriale dell’Africa? Benissimo, facciamo pure causa comune, ma se l’Unione europea deve diventare un interlocutore affidabile dell’Unione africana e delle sue capitali non sarebbe arrivato il momento di smettere di autoflagellarci e di accusarci di continuo di imperizia, falsità e vigliaccheria?
Voi dell’estrema destra, volete proteggerci dalla “grande sostituzione” dispiegando una flotta europea? L’approccio è discutibile, ma questa flotta europea di cui parlate non esigerebbe in ogni caso una Difesa europea che, a sua volta, richiederebbe una politica estera e budget comuni, in sintesi un’Europa politica?
Tutti noi, dall’estrema sinistra all’estrema destra, vogliamo aiutare e difendere gli armeni. Benissimo, ma allora non dovremmo cominciare con il renderci conto che, grazie ai nostri sforzi comuni, il petrolio di Baku non ci è più indispensabile e che potremmo indurre l’Azerbaigian a rispettare fino in fondo i diritti della sua minoranza armena perché è lui ad aver bisogno della nostra valuta e non viceversa?
L’allargamento dell’Unione all’Ucraina e ad altri sette Paesi sarà ovviamente complicato. Lo sappiamo tutti. Ci saremmo risparmiati una sfida di questo tipo, ma se vogliamo contrapporre a Putin un fronte continentale, se non vogliamo farci emarginare prima e cancellare poi da Washington e da Pechino, possiamo non raccogliere questa sfida? E, visto che la raccoglieremo, non potremmo smettere di fare come se l’Unione a 35 dovesse essere inevitabilmente un calco dell’Unione a 27, visto che l’Unione europea del futuro avrà livelli diversi di integrazione, dal mercato comune all’unità politica completa?
Se non avete voglia di capirlo, aprite la bocca: vi tocca un cucchiaio di pozione magica e subito, perché non è dalle difficoltà del percorso che deve partire il dibattito, ma proprio dall’obiettivo finale da perseguire.