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 2023  settembre 25 Lunedì calendario

Qatargate, le presisoni su Panzeri


BRUXELLES Con il peso sulla coscienza di figlia e moglie in galera, Antonio Panzeri, interrogato senza avvocato, cede alla promessa di una pena mite e della liberazione delle donne, si pente e fa ammissioni che sembrano rafforzare le accuse degli investigatori enfatizzando il ruolo di alcuni protagonisti del Qatargate, ma minimizzando all’estremo la figura di colei che molti mesi dopo costringerà il celebrato giudice Claise ad abbandonare l’inchiesta. «È stata fatta pressione» quando era «vulnerabile», protestano i suoi difensori belgi accusando gli inquirenti di «slealtà». Riempirà verbali lanciando sospetti anche sulla ex segretaria generale della Cgil Susanna Camusso.
È un gioco cinico quello dei poliziotti il 9 dicembre con l’ex europarlamentare appena arrestato nel roboante Qatargate, dopo che in casa gli avevano trovato 600 mila euro in contanti sospettati di arrivare da Marocco e Qatar per condizionare l’Eurocamera. La cronaca la fanno i suoi avvocati, Laurent Kennes e Marc Uyttendaele, in un documento depositato agli atti. Panzeri viene portato nella caserma della polizia e vengono arrestati anche Francesco Giorgi, suo assistente parlamentare fino al 2019 e considerato complice, e la moglia di questi Eva Kaili, per una dubbia flagranza di reato legata al padre fermato con altri 600 mila euro che a lei dice che erano di Panzeri. In Italia vengono bloccate sua figlia Silvia e sua moglie Maria Colleoni.
Alle 14.30 l’avvocato Kennes informa la polizia che Silvia, appreso l’arresto del padre, gli ha chiesto di assisterlo. Gli assicurano che potrà consultarlo prima dell’interrogatorio, ma non si sa quando. Dopo vari contatti, alle 22.09 Uyttendaele viene informato che non può parlarci perché, come consente la legge belga, Panzeri ha rinunciato all’avvocato. Gli agenti mettono anche in dubbio la parola di Kennes sostenendo che Silvia non può averlo chiamato perché «è stata arrestata». Il legale trasecola, ha il messaggio della donna delle 14.14. Il Corriere ha verificato che è stata arrestata alle 14.15. L’interrogatorio, invece, era cominciato alle 15.56. Il verbale è agli atti. Con consumata abilità, i poliziotti lasciano che Panzeri vada a ruota libera e rivendichi con orgoglio la sua storia sindacale e parlamentare. Quando, però, si rende conto della piega che si sta prendendo, giustifica il suo elevato tenore di vita, (tre viaggi l’anno fino a 27 mila euro l’uno) con gli 8.400 euro al mese di quattro pensioni e spiega che la sua ong Fight Impunity riceve donazioni per 200 mila euro l’anno. Alle 17.42 gli permettono di telefonare alla figlia. Trova la segreteria perché, come ben sanno gli agenti, era stata arrestata.
L’audizione riprende con l’accusato che ammette di ricevere in nero 17 mila euro al mese come consulente del ministro del Qatar Al Marri, dice che Giorgi non ne sa nulla, non fa riferimenti a Kaili e cita l’europarlamentare Andrea Cozzolino e altri solo come conoscenti: «Non ho pagato le tasse», ma «non ho corrotto nessuno». Alla fine, dopo 5 ore, prima di entrare in cella la doccia fredda della notizia dell’arresto di moglie e figlia.
Il mattino, l’offerta: se vuole le donne fuori e una condanna a 6 mesi, a fronte di 15 anni prospettati dagli inquirenti, «deve fornire due nomi». Quali? «Completamente sconvolto», Panzeri si «auto incrimina di corruzione», scrivono gli avvocati, e cita gli europarlamentari italobelgi «Marc Tarabella e Maria Arena». Al primo ha dato «120-140 mila euro», ma ridimensiona la figura della seconda, nonostante il nome della Arena ricorra insistentemente nell’indagine: «Da quello che so non ha ricevuto nulla».
Segue interrogatorio del giudice istruttore Michel Claise che gli dà un avvocato d’ufficio nonostante Kennes e Uyttendaele (amico di vecchia data del giudice che fu introdotto alla Massoneria dal padre Guy Uyttendaele) dicono che avevano comunicato di essere stati incaricati. L’ex sindacalista esclude ancora Arena e di Giorgi si limita a dire che è assistente di Cozzolino. Intanto viene perquisita l’abitazione di Tarabella dove non viene trovato nulla. Saranno invece scovati 280 mila euro a casa del figlio della Arena, ma 8 mesi dopo, quando Claise è ormai fuori dall’inchiesta perché è emerso che suo figlio è socio del figlio della donna. Nell’istanza depositata il 14 dicembre, gli avvocati protestano perché il loro assistito «non è stato informato in maniera chiara sulle conseguenze» della rinuncia a un legale e che la figlia aveva incaricato Kennes: uno «stratagemma» per pressarlo sulla sorte delle donne che rende nulli gli atti e impone la sua scarcerazione. Non succederà nulla, ma il 17 gennaio Panzeri con gli stessi legali firma il pentimento: un anno di reclusione, ma ai comodi domiciliari ora quasi scontati, e confisca di un milione. I pm rinunciano alla consegna dall’Italia delle donne che vengono liberate il 26 gennaio.
I «due nomi»
Quella mattina gli chiedono di fornire «due nomi» per evitare 15 anni di carcere
Nelle settimane successive, Panzeri dichiara che nel 2018 il Qatar voleva finanziare con 600 mila euro la campagna alla presidenza del sindacato mondiale dei lavoratori di Susanna Camusso assieme alla quale avrebbe incontrato Al Marri a Milano. L’assistente di Camusso sembrerebbe averne ricevuti solo 50 mila, il resto sarebbe rimasto nelle tasche del pentito. La prima verifica esterna al Belgio, che praticamente non ha trasmesso documenti in Italia, non trova l’ombra del minimo riscontro da parte della Procura di Milano: indagata la Camusso per corruzione come atto dovuto, il pm Cecilia Vassena e l’aggiunto Fabio De Pasquale hanno chiesto l’archiviazione al gip Angela Minerva.