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 2023  settembre 25 Lunedì calendario

Biografia di Lanfranco Cirillo, l’archistar di Putin

Ti sommerge di aneddoti, Lanfranco Cirillo. Lui che conosce Putin personalmente, ma del privato con il “Capo” non si parla; lui in tribuna d’onore tra i generali russi, alla parata militare sulla piazza Rossa; lui e gli oligarchi stracolmi di dollari – in contanti, rigorosamente – e di sogni occidentali. E ancora lui e lo stufato d’orso, a tavola coi miliardari del gas e del petrolio sanzionati o con gli alti ufficiali del Kgb, tra fiumi di vodka e whisky che si sforza di non bere ma lascia a loro: «Tra un bicchierino e un cetriolo mi raccontò dei corsi in cui aveva imparato a resistere alla macchina della verità», racconta del «generale Alexandr del Kgb», cognome omissis, il suo primo contratto in Russia e il suo «primo amico».
Era l’inizio della lunga galoppata moscovita che lo porterà a essere l’unico italiano ad aver ricevuto, nel 2014, la cittadinanza onoraria direttamente da Putin. L’architetto Cirillo, come lo chiamano pur non essendo iscritto all’Ordine in Italia, ha costruito «ville per 44 miliardari russi della lista diForbes» diventando multimiliardario lui stesso: elicottero e jet privato, ville in mezzo mondo e cantine vinicole, yacht e spedizioni artiche, affari e progetti col re di eSwatini o il governo indonesiano... Tutto cominciò a tavola col generale: «Era l’autunno del 1993», ricorda in un libro (“L’architetto di Putin”, Edizioni Piemme) scritto con Fiammetta Cucurnia, firma di Repubblica di cui è stata corrispondente a Mosca.
Questo libro è la sua versione di Barney, l’ ipsedixitdi un avventuriero intelligente e scaltro, forse troppo ricco persino per essere un archistar; inseguito dalla giustizia italiana per reati fiscali, per dichiarazione infedele e autoriciclaggio. Gli hanno sequestrato beni in Italia per 141 milioni: la villa della moglie a Roncadelle, con quadri da pinacoteca e sculture di Botero, l’elicottero e i gioielli, i contanti e i conti. Lui ora è bloccato in Russia in un esilio d’oro: «Mi hanno scatenato contro una red notice dell’Interpol come per Bin Laden. Per questo – dice dal 51esimo piano della torre Imperia a Moscow City – ho scritto il libro. Volevo raccontare la mia storia, che non è quella di un bandito ma di un emigrato. Ho combattuto per farmi strada come tutti i sei milioni di iscritti all’Aire». Non c’è dubbio che ci sia riuscito alla grande, in Russia: «Ma in Italia mi perseguitano da tre anni, assurdo che una persona con la mia storia abbia subito 84mila intercettazioni su 23 linee telefoniche».
La “sua storia” è il racconto iperbolico dell’italiano che atterra a Mosca «con la valigetta del rappresentante di mobili» e scala la Russia appena uscita dall’epoca sovietica. Era «il tempo del caos», quando dovette licenziare l’autista che al minimo sospetto estraeva le armi da pistolero. E mentre scalava i circoli chiusi del potere, un po’ se ne innamorava: i dollari finivano nei suoi conti bancari, e le amicizie lo portavano «in tutte le parti più nascoste e remote del Cremlino», dice: «Mi sono perfino seduto alla scrivania di Lenin».
Il suo mentore è Vagit Alekperov, «il presidente di Lukoil, la più grande compagnia petrolifera privata russa. Nel tempo saremmo diventati amici fidati», racconta. Ha costruito non solo le ville ma tutto il quartier generale di Lukoil a Mosca. Eppure nessuno conosceva Cirillo, al di fuori dei circoli russi esclusivi. Il suo nome lo fece Navalny raccontando dell’architetto italiano «del palazzo di Putin» a Gelendzik, la villa faraonica sul Mar Nero con tunnel segreto al mare «e anfiteatro, sala del narghilé e un’acqua-discoteca, sala gioco e molte camere». In pratica una copia della villa sarda di Berlusconi, che Putin conosce bene... «Assai meno di quanto abbia costruito nelle centinaia di case degli oligarchi», dice Cirillo negando che il committente fosse “il Capo”.
Il libro è un pozzo di aneddoti che incrociano la storia di questi anni da prospettive poco note. Le follie degli oligarchi e delle loro esigenti consorti, i porta orologi a scomparsa e «i cessi scolpiti in marmo» in odio della banale porcellana, 1,3 milioni di dollari tra «madreperla, onice e mobili foderati in marmo». Pacchianerie, ma il cliente è cliente. La Rublevka, la strada dei miliardari di Mosca con ville da sogno, è uscita dalla sua matita. Il rappresentante diventato archistar aveva «mille dipendenti e fino a cento cantieri aperti contemporaneamente», all’inizio del secolo. Fai fatica a non sorridere, anche in questi giorni inquieti, mentre racconta le follie degli oligarchi. Leonid il costruttore di oleodotti siberiani che si fa arredare un container davanti alla villa per ricordarsi, nel lusso, gli stenti; l’ex ufficiale di marina che si fa mettere un sommergibile di 40 metri in giardino per i sonnellini in cuccetta; e la vicepresidente «di una grande società petrolifera» che pretende vetrate a specchio per giocare nuda col toy boy in piscina controllando gli ospiti in salotto senza essere visti. Ci sono passaggi meno divertenti ma importanti, come i viaggi tra Vaticano e patriarcato di Mosca. Cirillo ha accesso a Francesco e a Kirill; ed è amico del confessore di Putin, il metropolita Tikon, che accompagna in Vaticano da monsignor Ravasi per portare a Mosca una reliquia di San Nicola di Bari. Ci riesce col via libera di Francesco, a cui Cirillo porge un’icona ortodossa. Gli incontri saranno consueti: «A Mosca – racconta – ho pranzato col cardinale Gambetti, capo dell’Officina di San Pietro, e padre Enzo Fortunato insieme a Kirill e al metropolita Hilarion».
Un maestro, affabulatore molto piacevole, vicinissimo al cerchio magico di Putin. Costruì la villa persino all’ex presidente Medvedev, la cui moglie «era assai indecisa sul colore». E quando partì la gara per rifare il Parlamento – poi abortita per i costi – Cirillo era finalista. Sognava di «diventare il nuovo Rastrelli, l’italiano che costruì Pietroburgo», ma la morte della figlia Elisabetta, un capitolo intenso del libro, lo portò a chiudere lo studio. Da architetto a immobiliarista, da artista a finanziere inseguito dalla Finanza.