Il Messaggero, 24 settembre 2023
Intervista a Jo Squillo
Nella nuova edizione di Tale e quale show di Carlo Conti, su Rai1, c’è anche lei, Jo Squillo, che venerdì scorso – nella prima puntata – si è esibita imitando Madonna con la sua Into The Groove. Sui social non l’hanno presa tanto bene («Ha devastato un mito»), ma lei non si è scomposta: a 63 anni ne ha viste così tante che nella seconda farà Patty Pravo. Sotto a chi tocca.
In passato si è definita punk, anarchica e disobbediente: che ci fa a “Tale e quale Show”?
«Ci lavoro. Poche settimane fa – appena si è creata la situazione giusta (l’ex suora Cristina Scuccia ha rifiutato all’ultimo momento di partecipare, ndr) – ci siamo parlati e abbiamo trovato l’accordo. Qui è tutto tranquillo. Conti e il suo staff non hanno a che fare con le case discografiche e tutto si fa in piena libertà creativa. È un piacere esserci».
Che ne pensa della lotta contro il tempo di Madonna, fra ritocchini e provocazioni stereotipate?
«Mi fa tristezza. È un mito che si è arresa a un sistema malato che non permette alle donne, al contrario degli uomini, di invecchiare normalmente».
Lei interventi ne ha fatti?
«Mai. Sono vegana, ho accettato il tempo che passa, e sostengo la naturalezza».
Elodie ha appena pubblicato il singolo
"A fari spenti” e nel video appare ancora una volta seminuda: per le donne del pop italiano giocarsi sempre più spesso questa carta è una conquista o una sconfitta?
«Le donne hanno il potere della seduzione e lo esercitano. È una questione di libertà. Per me è una conquista».
Lei a luglio ha detto che Elodie se non fosse stata così bella avrebbe avuto meno successo: conferma o è stato il solito giornalista...?
«Elodie faccia quello che vuole: è brava, bella e sensuale. Mi piacerebbe duettare con lei».
Ha detto di far parte di una generazione che «per la prima volta ha scelto cosa fare e spesso c’è anche riuscita»: a 63 anni lei chi è diventata?
«Una sorpresa. Non pensavo di farcela, sono partita a fatica».
Ma anche a razzo: aveva 20 anni quando la “sua” Kandeggina Gang diventò un caso.
«Sì, ma con un nome come Jo Squillo, in una band di sole donne, e con canzoni provocatorie come Sono cattiva, Orrore, Violentami. Nel 1980 non c’erano i social né altro e l’Italia era – ed è ancora – un Paese conservatore: per me si chiusero quasi tutte le porte. E pensare che io volevo portare leggerezza nell’impegno e impegno nella leggerezza».
I suoi genitori che ne pensavano?
«A papà, che mi ha sempre fatto ascoltare di tutto, da Mozart a Battisti, non piaceva il mio nome d’arte. Mia madre mi ha sempre sostenuta, come mia sorella gemella Paola, che è la versione più carina, simpatica e allegra di me. Siamo identiche».
Siete monozigoti?
«Sì. Solo adesso siamo diverse, ma nelle foto insieme ho sempre faticato a riconoscermi».
Che cosa fa?
«Lavora nel settore immobiliare, è un’attivista per i diritti civili e si è anche sposata con una donna. Non dico altro perché altrimenti si arrabbia: è molto riservata».
È vero che le ha rotto il naso?
«Sì, con un pugno. Tanti anni fa. Neanche mi ricordo il motivo».
A 63 anni che bilancio fa?
«Pubblicare 150 canzoni non è stato facile, ma sono soddisfatta. Siamo donne ancora oggi va benissimo e ho sempre fatto spettacolo portando avanti battaglie come pacifismo, rifiuto della violenza, ambientalismo. Nel 1982 mi feci i capelli verdi per comunicare a tutti le prime emergenze ambientali. Il ruolo dell’artista in fondo è quello, non di fare politica».
Le ricordo che nel 1980 si presentò come capolista del Partito Rock con il dito medio alzato come simbolo, giusto?
«Sì, è vero. Prendemmo 5000 voti, nonostante il giorno prima del voto ci ritirammo dalla corsa. Quel dito era rivolto a tutti gli altri partiti».
Come Grillo prima di Grillo.
«Assolutamente sì».
E oggi si sente rappresentata dalla prima premier donna, Giorgia Meloni?
«Io mi sento rappresentata solo da me stessa e da nessun altro. L’ultima volta non sono neanche andata a votare».
Nel 1980 cantava “Violentami sul metro, violentami piccolo...": oggi con il politically correct una cosa del genere non potrebbe assolutamente farla: che ne pensa?
«Per me il fatto che nessuno, oggi, faccia cose simili è sconfortante. Io, provocando, ribaltavo i ruoli e sfidavo i maschi. Oggi i giovani dovrebbero fare i giovani e contestare, e rimettere in moto energia creativa. Purtroppo sono anestetizzati dai modelli imposti dal marketing e dal web. Solo gli stereotipi funzionano. È imbarazzante oltre che deprimente».
Allude ai cliché del rap e della trap con i macho, i malandrini tutti auto, soldi, donne facili...
«Esatto. Non li sopporto. Ogni volta che incrocio uno di loro glielo dico: quando vi mettete a fare belle canzoni?».
E loro?
«Sgranano gli occhi, come a dire: che dici? Per loro conta solo il successo».
Lei, che non ha voluto figli, negli ultimi anni è diventata – sono parole sue – “diversamente mamma": che vuol dire?
«Che dopo la morte dei miei genitori ho conosciuto una ragazza, Michelle, con la quale si è sviluppato un legame fortissimo. Lei mi chiama mamma e io così mi sento, anche se lei ha i suoi genitori naturali. La vita mi ha fatto un regalo sorprendente e bellissimo. I ragazzi hanno sofferto tantissimo durante il lockdown e oggi più che mai hanno bisogno di guide».
La sua qual è stata?
«Il mio manager e compagno, Gianni Muciaccia».
State ancora insieme?
«Siamo sempre in prova, è tutto in movimento».
La vita privata l’ha trascurata?
«Sì, purtroppo. Lavoro, ansia, insicurezza. Troppo di tutto».
È vero che è dislessica?
«Sì. Ho seri problemi a memorizzare e per questo disegno fiorellini, vignette e altri cose grafiche. La dislessia mi ha insegnato a imboccare strade alternative».
Invecchiare la spaventa?
«No. Mi curo e ci tengo, ma sono serena. E con il sesso, che è importante a tutte le età, va molto meglio adesso che in passato. La maturità mi piace».
E cos’è cambiato?
«Diciamo che il trombamico serve, questi rapporti ormai bisogna sdoganarli».
Dopo “Siamo donne” perché con Sabrina Salerno non avete fatto altro?
«Il nostro progetto era di fare una band femminile, ma il suo manager dell’epoca ce l’ha impedito. Lei ora l’ha cambiato, quindi prima o poi potremmo metterla su. Siamo molto amiche, io e Sabrina».
Le altre ragazze della Kandeggina Gang le ha piu sentite?
«No, mai».
Un pezzo per Sanremo ce l’ha?
«Sempre. Voglio mandarlo».
Segue sempre la moda con il suo canale tv?
«Certo. All’inizio mi dicevano che ero una riciclata, adesso sono parte integrante di quel mondo. L’editore Panerai di Class è mio socio da tempo e l’anno prossimo lancerò un mio giornale di moda e future style. Sarà di carta non online».
"Siamo donne” finisce con tre parole rivolte a un uomo: “Attento che cadi”. Ne ha visti tanti finire così?
«Certo. Sopratutto fra i supponenti che credono davvero a tutto quello che arriva con il successo. Che, come sempre, viene e va.