Corriere della Sera, 24 settembre 2023
Cinque critiche al bilancio
Dopo un anno al potere Giorgia Meloni è come una squadra di calcio alla sua prima volta in Champions League: alla fine del primo tempo non ha preso gol.
Tutti dicono «temevo peggio», invece la difesa ha retto, il regista non ha combinato guai, e nonostante la scarsa esperienza in molti ruoli nel complesso il governo ha dimostrato di potersela giocare in campo internazionale. Però ora comincia il secondo tempo, e il pubblico inizia a mormorare: «Speravo meglio». Di gol non ne ha neanche fatti, nonostante li avesse promessi sui migranti come sul fisco, e con gli zero a zero e la crescita a zero virgola il Paese non va avanti.
Al giro di boa dei primi dodici mesi, così vedono Meloni in Italia e all’estero: la lunga luna di miele sta finendo, certo, ma nei sondaggi lei è ancora forte, anche grazie alla totale assenza di alternativa. È un’occasione d’oro per un governo, altro che complotti. Ma non durerà all’infinito.
Per darle un voto (per ora direi 6 e mezzo) bisogna perciò aspettare. Troppe le incognite. Resisterà la sua coraggiosa difesa dell’Ucraina alla campagna elettorale dei repubblicani negli Usa, e alle incertezze crescenti nell’Europa a lei amica, dopo l’Ungheria ora la Polonia che va al voto, e magari tra una settimana, dopo le elezioni, pure la Slovacchia? Le basterà il sostegno evidente di Ursula von der Leyen per ottenere un buon Patto di stabilità, oppure dovrebbe provare a migliorare i rapporti con Francia e Spagna, e non fidarsi troppo dei tedeschi che alla fine ti mollano sempre? E il fianco debole del debito e degli interessi crescenti che paghiamo per finanziarlo, reggerà? I mercati continueranno a fidarsi della prudenza fiscale del suo governo, come è avvenuto finora, o la prossima finanziaria farà scattare un nuovo allarme sulla tenuta dei conti?
Per azzardare un pronostico, bisogna andare sotto la crosta della polemica politica quotidiana, del conto delle cose fatte e non fatte, delle frasi dette e non dette. Le obiezioni sostanziali che possono essere mosse a Giorgia Meloni sono cinque, e noi gliele abbiamo fatte.
Gli sbarchi
La prima: è troppo preoccupata di mostrare coerenza con quello che diceva dall’opposizione, mentre il governo è arte del possibile, pratica di realismo. Per esempio, come si concilia la vecchia proposta del «blocco navale» per fermare i migranti con la diplomazia e il gradualismo di ora?
La sua risposta è: «Io sono rimasta coerente. La mia proposta è stata sempre una missione europea in accordo con le autorità del Nord Africa per istituire lì gli hotspot e fermare così le partenze e il traffico illegale. È ciò che sto provando a fare e continuerò a fare. È il modello del memorandum con la Tunisia. Certo speravo meglio, i risultati non sono ancora quelli sperati. Sarà difficile? Sì. È un processo lento? Sì. Ma è l’unica soluzione, e ci arriveremo. Non abbiamo la controprova, ma mi chiedo: con quello che sta succedendo in Africa, senza l’incessante lavoro diplomatico di quest’anno le partenze sarebbero state di più o di meno?».
La tassa alle banche
Seconda critica: troppe sfide alle regole del mercato, che rendono poco e in compenso allontanano e allarmano gli investitori esteri, come nel caso della tassa sugli extraprofitti delle banche, norma che sta già cambiando.
La risposta: «Con me finisce il tempo dei due pesi e due misure, dello Stato debole coi forti e forte coi deboli, che vuole più concorrenza solo da tassisti e balneari. Sulle banche abbiamo posto un problema vero: scaricano sui risparmiatori i vantaggi derivanti dall’aumento dei tassi della Bce. Stiamo intervenendo non per una ragione ideologica, ma perché è giusto così. Poi se la norma si può scrivere meglio, si fa. A me interessa l’obiettivo: parità di gettito. Ma sia chiaro: non guardo in faccia a nessuno. Senza demagogia, che non ho fatto; ma anche senza sconti».
Il «cerchio magico»
Terza obiezione: si è chiusa in un cerchio ristretto, o magico. Non ha mostrato quell’apertura a mondi diversi necessaria per costruire davvero un moderno partito conservatore. Gli «esterni» eletti con Fratelli d’Italia, come Nordio, Pera o Tremonti, rischiano di fare la fine degli indipendenti di sinistra nel Pci.
Risposta: «Nordio fa il ministro. Tremonti presiede la Commissione Esteri della Camera. Pera sarà cruciale nell’imminente progetto di riforma costituzionale. Non siamo affatto asserragliati a Palazzo Chigi. Mi dicono: ti fidi solo dei tuoi. Io mi fido di chi conosco perché so che è persona libera. Per anni l’Italia è stata gestita da faccendieri e lobbisti che decidevano chi dovesse andare nelle partecipate. Io non me lo faccio dire. Tutto qui».
La sfida con Salvini
Quarto pericolo: sembra sempre all’inseguimento di Salvini, per non perdere terreno nella competizione a destra. Ma se il leader della Lega va oltre, e si schiera contro il sostegno all’Ucraina o accelera l’affondo contro le istituzioni europee, a quel punto che ne è del governo?
Risposta: «La campagna elettorale per le Europee è su base proporzionale, è normale e perfino giusto che i partiti presentino le loro posizioni, non c’è niente di male in democrazia. Io sono certa però che nessuno si prenderà la responsabilità di danneggiare il primo governo scelto dagli elettori da un decennio in qua per qualche decimale in più. È solo una questione di toni, sui fondamentali resteremo uniti».
Le Europee
E infine le alleanze in Europa: «Non ho mai creduto che una buona politica estera consista nel prendere il tè con Francia e Germania. Le alleanze in Europa sono per definizione variabili, si fanno di volta in volta sui dossier. Avvengono su due piani distinti: quello politico in Parlamento e quello dei governi nel Consiglio europeo. Ciò che conta è la capacità di dialogare con tutti. E noi lo stiamo facendo fin dall’inizio, giorno per giorno, sapendo su ogni questione quali possono essere i nostri interlocutori privilegiati».
Un anno dopo Giorgia Meloni dice di sentirsi «in pace con la mia coscienza. Ho dimostrato che si può governare un grande Paese, essere centrali in Europa e nel mondo, senza rinunciare alle mie idee. Non mi sono risparmiata neanche mezz’ora. E secondo me l’Italia di oggi è migliore di quella di un anno fa».