la Repubblica, 24 settembre 2023
Intervista a Francesca Fagnani
Non è solo diventato un complimento. Essere “belva” è un tratto distintivo: Francesca Fagnani torna col suo programma, (su Rai 2 dal 26). «Oddio», ride, «non fanno la fila, non esageriamo. È pur sempre Belve però se prima dovevo convincere le persone, ora vengono volentieri». Martedì, nella serata dell’informazione (per ora c’è la sfida Floris-Berlinguer, dal 10 ottobre arriverà su Rai 3 Nunzia De Girolamo), la Rai blinda gli ascolti.
L’hanno imitata Vincenzo De Lucia e Fiorello, che faceva Belvo.
«Nel programma Vincenzo farà un personaggio nuovo molto divertente. Poi ci sarà uno spazio per gli attori: il primo è Valerio Lundini». Belve è virale: trionfa sui social, pillole dei video ovunque, pubblico trasversale.
È diventata una star di TikTok con 299,5 milioni di visualizzazioni.
Che effetto fa?
«Pazzesco. Mi gratifica quando i ragazzini mi fermano. Chiedo sempre: ma tu quando hai visto Belve ? Parlando di una tv più moderna bisognerebbe anche pensare al pubblico giovane: lo abbiamo intercettato. RaiPlay ha già un ruolo importante».
Artigli e quadernetto, chiede qualunque cosa sorridendo.
«Laura Ravetto mi ha detto: “Ma l’hanno mai brevettato questo sorrisetto da stronza”?».
E lei com’è rimasta?
«Mi ha divertito molto».
Chi sono i primi ospiti?
«Stefano De Martino, Arisa e Fabrizio Corona».
Esiste l’ospite ideale?
«È la mia dannazione, quando viene fuori un’intervista forte entro in crisi: “Non ce ne sarà mai un’altra così”».
Meglio i reticenti o chi si apre?
«Col reticente – che arriva in studio chiuso, timoroso – è interessante vedere l’evoluzione. Chi si sbottona è perfetto. E a volte va fermato».
Lei andrebbe a farsi intervistare da Fagnani?
«Io sì. Perché alla fine se mostri un aspetto meno noto hai vinto. Andare in tv in modalità autopromozionale non è simpatizzante. Mostrarsi in parte per come si è – perché è tv, non è psicanalisi – lo è. Pensi a Rocco Casalino e alla gaffe su Madame Bovary, una poesia di Baudelaire.
Lo facevano arrogante, invece…».
Invece, forse, era solo ignorante?
«Ma no. Chi fa gaffe piace più dei perfettini, per questo andrei aBelve.
Stesso motivo per cui non mi sono più preoccupata per le scale a Sanremo: se cado starò più simpatica».
Che effetto fa lavorare nella Rai “di destra”?
«Sinceramente ancora non ho iniziato, è tutto come prima. Con
Belve sono andata in onda grazie al compianto Ludovico Di Meo, poi con Stefano Coletta ora con Marcello Ciannamea: nessuna variazione. Poi ho sempre pensato che la libertà te la dai, non aspetti che ti sia concessa».
Un giorno col potere da dirigente: cosa cambierebbe in tv?
«Cercherei di modernizzare. Una certa diffidenza nei confronti delle società esterne non dovrebbe esserci. Tutto quello che aiuta a svecchiare il prodotto, a velocizzare la burocrazia, non va visto come il demonio. La collaborazione è fruttuosa».
Cosa ha pensato dell’addio alla Rai di Fabio Fazio dopo 40 anni?
«Che è stata una sua scelta, legittima
e comprensibile».
Come le è sembrata Bianca Berlinguer su Rete 4?
«Mi ha divertito il cambiamento, lo trovo coraggioso, mi sembra più psicologico che ideologico. Con il suo programma già parlava a un pubblico simile a quello a cui si rivolge oggi. Fa impressione che non lavori più in Rai ma non esistono matrimoni eterni».
Gli agenti di un ospite si sono mai raccomandati con lei perché non chiedesse qualcosa?
«Mara Venier ha detto che le mettono mille paletti. Come ti dai la libertà stabilisci i limiti. L’ospite è libero dinon venire. Le regole di ingaggio sono le tue».
Ha fatto tanta gavetta: si è mai sentita un po’ underdog, sfavorita, televisivamente parlando?
«No, sono partita con i più grandi: Santoro e Minoli. Avere un maestro che ti mette nelle mani un mestiere è un privilegio».
Nel 2018 ha intervistato Giorgia Meloni a “Belve” sul Nove. Parlò di tutto con autoironia, pure di La Russa che la redarguiva perché essendo piccola non poteva mettere le ballerine. Oggi cosa le chiederebbe?
«La inviterei subito, è una donna che si è affermata in un settore molto maschilista. Cosa le chiederei? Così al volo non lo so. Era ironica, oggi molto meno. Sono subentrate le responsabilità».
Gli intervistati da lei hanno raccontato anche le dipendenze, la malattia. È rimasta sorpresa?
«È un cambiamento culturale, prima la parola cancro non veniva neanche nominata. Mostrarsi con verità è un modo di condividere. Non solo chi ascolta ma anche chi parla di quel problema esce dalla solitudine».
A Sanremo ha parlato di carcere minorile: che pensa delle polemiche di alcuni magistrati su “Mare fuori”?
«Per quello che visto a Nisida, ho trovato la serie abbastanza aderente alla verità di questi ragazzi che hanno gli stessi impulsi e ambizioni di quelli dei Parioli: ma se nasci in un contesto dove la vita è già segnata, è difficile parlare di libero arbitrio. Mare fuorinon èGomorra. Ho seguito le polemiche su Caivano, dove non sipuò prescindere dalla repressione, ma se manca l’intervento sociale – non ci si può affidare alla buona volontà del singolo – è tutto inutile».
Un rimpianto?
«Mi dispiace non aver condiviso con mia madre, che non c’è più, il successo. Ma mi dispiace di più non averle dimostrato l’affetto che provavo. Non c’era conflittualità, ma ero più affettuosa con papà. Siamo materia materna, il vero cordone ombelicale non si taglia quando nasci, ma dopo, quando perdi una madre».