la Repubblica, 24 settembre 2023
L’interprete delle balene
BALTIMORE (IRLANDA) – Il rollio culla la grande boa gialla e la barca che le si è accostata, sul mare grigio scuro al largo di Baltimore, nell’Irlanda sud-occidentale. La biologa marina Emer Keavery toglie le cuffie collegate al pc e dagli altoparlanti si diffonde la sinfonia del mare celtico: sono fischi, piccoli schiocchi, un gorgoglio di sottofondo che ricorda il tappeto sonoro di una foresta tropicale, vocalizzazioni simili a brevi urla. Si sono visti i delfini accompagnare la barca fin qui, con le evoluzioni vicino alla prua, ora si sente la loro voce. Poi c’è un suono con una frequenza molto bassa, un pulsare ritmico, come un cuore che batte, e poco lontano dalla boa appare una grande forma scura, una pinna dorsale piccola in proporzione alla sua mole. «E questo è il modo in cui comunica una balenottera comune – dice Keavery –, con i delfini sono le specie che vediamo più spesso in questa zona, ma sappiamo che è frequentata da molti cetacei, 25 specie diverse. Oggi li sentiamo bene, ma ci sono momenti in cui i delfini sembrano urlare per potersi parlare sopra il rumore delle navi. Grazie a the Gannet, però, ora possiamo studiare i suoni che emettono e il modo in cui vengono disturbati dal traffico marittimo».
The Gannet, la sula, è la grande boa gialla che galleggia proprio come un uccello marino, i biologi dell’associazione Orca per la ricerca e la salvaguardia dei cetacei le hanno dato un nome a tema. È una tecnologia innovativa che, grazie alla collaborazione con Tech4all, il programma globale di Huawei per la salvaguardia dell’ambiente, e The Rainforest Connection, altra Ong che aiuta i progetti di conservazione della natura di comunità locali con strumenti e tecnologie, fornisce ai ricercatori uno strumento straordinario per comprendere sempre meglio il linguaggio delle balene. Sotto la boa alta circa 4 metri e pesante 2 tonnellate c’è un microfono subacqueo, capace, quando ci sono le condizioni atmosferiche ottimali, di rilevare i suoni emessi dai delfini entro un raggio di 13 chilometri quadrati e quelli delle balene addirittura in un raggio di 80 chilometri quadrati. L’idrofono può registrare il canto delle megattere, le più chiacchierone tra le balene, i fischi e iclick di ecolocalizzazione delle orche, i suoni chiamati “trombette” che i capodogli emettono (insieme a molti altri, essendo una specie molto rumorosa) prima delle loro lunghissime immersioni, solo per citare alcuni tra i cetacei che frequentano questa zona.
La grande innovazione di the Gannet, però, è che ogni suono registrato, insieme ad altre informazioni sulla posizione degli animali e del contesto in cui viene rilevato, non viene salvato nella boa ma inviato direttamente a un sistema di archiviazione su cloud, dove grazie all’intelligenza artificiale viene subito rielaborato e analizzato. È un passo avanti straordinario per lo studio dei cetacei e la loro conservazione. Se il canto delle balene è conosciuto da decenni, fino a poco tempo fa gli studiosi dovevano confrontare ore e ore di registrazioni per individuare suoni ricorrenti e contare sugli avvista menti per abbinare le vocalizzazioni a comportamenti particolari. Ora l’intelligenza artificiale sta portando la ricerca a un livello tale che si ipotizza di poter tradurre i suoni delle balene in parole del nostro linguaggio. Sono scenari affascinanti, ma già ora le tecnologie come quella del progetto Tech4All riescono a raccogliere sempre più informazioni su quali suoni i cetacei emettono per riconoscersi all’interno di un gruppo, come ecolocalizzano (come i pipistrelli) ostacoli e prede, quali sono i suoni tipici del periodo dell’accoppiamento, o della cura dei piccoli.
La tecnologia aiuta poi a elaborare soluzioni per diminuire l’inquinamento acustico. I livelli di rumore oceanico, secondo alcune stime, sono 10 volte più alti di appena qualche decennio fa e proprio nel Sud dell’Irlanda il traffico marittimo è decuplicato nell’ultimo decennio, rendendo Cork, situato lungo la rotta commerciale dal Canada a Liverpool, uno dei porti più trafficati al mondo. Sono necessari studi sempre più approfonditi sul modo in cui il rumore sottomarino delle attività umane, coprendo e disturbando le loro voci, interferisce con la comunicazione dei cetacei, ma sappiamo che i suoni che emettono e ricevono sono loro indispensabili per migrare, accoppiarsi, cacciare, evitare i predatori. Ci sono già studi che mostrano come il rumore li allontana da zone importanti per la riproduzione e il foraggiamento e danneggia il loro udito. Quanto progetti come quelli irlandese potranno fare per elaborare strategie per limitare l’impatto delle attività umane in mare sono essenziali per salvare le balene e, insieme a loro, i nostri oceani.