Domenicale, 24 settembre 2023
Viaggiare restando a casa
«Un tempo si partiva per viaggiare, oggi nella maggioranza dei casi si parte per arrivare». È con questo lapidario aforisma che Malerba all’inizio degli anni Novanta del Novecento vuole precisare e discutere l’idea e il senso del viaggio contemporaneo. Lo fa nel libro dal titolo emblematico e in apparenza contraddittorio Il viaggiatore sedentario, pubblicato da Rizzoli nel 1993 e ora riproposto dall’editore Exòrma.
Cosa significa questa illuminante e stridente convivenza di opposti? il provocatorio e felice ossimoro? come si può viaggiare e nello stesso tempo essere sedentari? Potrebbe sembrare un’evoluzione del classico viaggio immaginario e autor de sa chambre. Il celebre racconto autobiografico di Xavier De Maistre (1790) ha imposto un modello e Giuseppe Pontiggia ne ha offerto una variante comica ed euforica immaginando una Spedizione notturna intorno alla mia cameriera. Di diverso tenore Ennio Flaiano nel conciso e disarmato bilancio esistenziale di Diario notturno: «i miei viaggi in Cina sono davvero poca cosa se li confronto a quei passi a tentoni nel buio, dal letto alla cucina, in cerca di un bicchier d’acqua».
L’estetizzante Des Esseintes, protagonista del romanzo Controcorrente dello scrittore francese J.- K Huysmans (1884), manifesto del Decadentismo europeo, sosteneva che il viaggio più appagante è quello della fantasia: si resta fermi a casa e si fa volare l’immaginazione, come suggerivano pure Pascoli in Romagna e Leopardi nell’Infinito. Così si evitano gli inevitabili disagi del viaggio fisico e se ne conserva l’incanto ideale.
Il «sedentario» Malerba è tuttavia dinamico: ama viaggiare, visitare, conoscere, prendere appunti e trarre considerazioni dalle cose viste e dalle persone incontrate. È attratto soprattutto dall’Oriente, dalla Cina e dal Giappone, dalla Thailandia e dall’Uzbekistan, da quelle «culture dell’altra faccia del pianeta ancora in gran parte ignote». È significativo (e «istruttivo», direbbe Guareschi) leggere a quarant’anni di distanza le osservazioni di Malerba sulla Cina, per comprendere quanto alcuni aspetti abbiano avuto inattesa e rapidissima crescita; e quanto altri siano invece saldamente fondati su convinzioni e abitudini millenarie (allibite e agghiaccianti le pagine sulla crudeltà burocratica e militare, dagli antichi imperi all’eccidio di Piazza Tienanmen). Per il fruttuoso rapporto tra invenzione e realtà invito a leggere i racconti della raccolta Le rose imperiali (1974), scritti quando ancora Malerba non era stato in Cina: vi descrive in modo esemplare ciò che non ha ancora visto e verificherà di persona nel 1980 in compagnia di Mario Luzi, Vittorio Sereni e Alberto Arbasino.
Per Malerba il viaggio è «avventura, esplorazione, esperienza e scoperta». È mettersi in gioco nei confronti di altri modi di pensare, di creare, di essere e fare società. Rispetto al passato, ciò che è radicalmente cambiato è il tempo impiegato per andare da una meta all’altra, da Milano a Parigi, da New York a Pechino. Anche il più lungo viaggio aereo oggi è un viaggio breve. Si possono sorvolare in poche ore decine di civiltà, di luoghi e di nazioni senza accorgersi di nulla, senza provare una reale esperienza di allontanamento e di graduale avvicinamento: «fra la partenza e l’arrivo c’è il vuoto, un tratto di matita sulla carta geografica, senza tappe, senza incontri, senza paesaggio, senza avventura. Sono chilometri “ciechi” di cui non serbiamo memoria».
Il mito, la necessità, la comodità della velocità sovente azzerano le possibilità di vedere. Si fa prima, certamente molto prima, a raggiungere la meta; il pericolo è arrivare senza aver fatto conoscenza e memoria, annullando i nomi delle città, riducendo l’Italia o la Francia o il Giappone a pochi capoluoghi. Ha perfettamente ragione Malerba a dire «che il progresso dei mezzi materiali provoca talora scarti e mutamenti nelle idee generali, nel nostro caso muta il concetto stesso di viaggio, che non è più un percorso ma una partenza e un arrivo». Di conseguenza «è nata una nuova specie di viaggiatore sedentario alla quale appartengo anch’io».
Da un lato c’è quindi il viaggio lineare, solerte e rapidissimo, finanche supersonico, realizzato dall’alta velocità terrestre e dalle vertiginose utopie spaziali; dall’altro c’è il «viaggiare a zig zag», compiendo «digressioni e deviazioni», «rinunciando alle autostrade», uscendo dalle rotte consuete «più battute e più comode». Questi ultimi sono viaggi antieconomici, non solo per le spese materiali quanto per il dispendio di quel bene che è da sempre il più prezioso: il tempo. Un adagio universale dice che il «tempo è denaro». Impiegare troppo tempo significa sprecare denaro. Perché forse è proprio il tempo il vero denaro della nostra società. Lo scopo è uscire dalla gabbia assillante dei «tempi stretti» così genialmente rappresentati da Charlie Chaplin nel film Tempi moderni (1936) e da Ottiero Ottieri nel romanzo Tempi stretti (1957); sperimentare un «tempo liberato» svincolato da ogni altra necessità che non sia quella della curiosità e del piacere. Significa perciò prendersi il tempo giusto, quello del viaggio come quello della vita, assaporare e godere la durata e il respiro lungo delle cose.
Nello specifico del viaggio preferire pertanto quei mezzi lenti che possono aiutare a sentirsi in sintonia con la natura, di fuori e di dentro. Camminare, pedalare, nuotare, pensare. Fare pause. Accogliere con piacere le sorprese, le bellezze di percorso, le soste impreviste, anche i tempi apparentemente morti di una sosta riflessiva sulla panchina di un parco. Straordinario viaggiatore, con la provocazione del «viaggiatore sedentario» Malerba ci invita a riflettere e agire con coscienza critica; forte del proprio stile acuto e divertente, penetrante e paradossale. Come ci ha insegnato mirabilmente a fare anche con quell’altro meraviglioso titolo e viaggio nella comunità degli umani costituito dall’epigrammatico circo sapienziale delle «galline pensierose».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Luigi Malerba
Il viaggiatore sedentario
Exorma, pagg. 264, € 17,50. Il libro viene presentato oggi a Roma da Gino Ruozzi con Lorenzo Colantoni, alle 12, nell’ambito del Festival Letteratura di Viaggio (Villa Celimontana). Letture di Paolo Morelli.