La Stampa, 24 settembre 2023
La caduta del senatore Menendez
Nella casa del senatore del New Jersey Bob Menendez, capo della Commissione Esteri del Senato, democratico, gli agenti dell’Fbi hanno trovato un tesoro. Migliaia di dollari appallottolati e nascosti nelle giacche del senatore, tutte rigorosamente con le iniziali ricamate; buste negli armadi e in una cassaforte.
La contabilità dice di 480mila dollari, oltre a lingotti d’oro per un valore di 100 mila dollari. Nel garage anche una Mercedes Benz di lusso da 60 mila dollari. Per arrivare ad accumulare tutta questa ricchezza, il senatore – è l’accusa formulata in un dossier di 39 pagine dal procuratore della Corte federale di Manhattan – ha incassato mazzette, regali (persino un congegno per la purificazione dell’aria) e in cambio ha usato la sua posizione influente per elargire favori, licenze a tre imprenditori del suo Stato, fra cui un suo donatore, e per sbloccare, nel luglio 2018, 300 milioni di aiuti militari all’Egitto in un pacchetto di oltre 2,5 miliardi. La situazione del senatore è assai difficile, lui si è dichiarato innocente evocando – trumpianamente – «un’inchiesta politicamente motivata» e dicendo al procuratore che non conosce come funziona la routine a Capitol Hill. Il governatore del New Jersey, Philip Murphy, già venerdì sera ne ha chiesto le dimissioni da senatore: «Sono accuse che implicano la sicurezza nazionale e l’integrità del sistema penale».
Menendez ha replicato: «Non andrò da nessuna parte». Ieri ha fatto invece il passo indietro – dovuto in base alle regole del Senato – da capo della Commissione Esteri. La Casa Bianca mantiene il no comment, ma la vicenda rischia di complicare l’agenda del presidente. Menendez non è nuovo ad accuse di corruzione. Nel 2015 è finito alla sbarra per aver ricevuto tangenti comprese vacanze di lusso. Nel gennaio 2018 si è salvato poiché la giuria non è riuscita a trovare un accordo e il Dipartimento di Giustizia ha così deciso di non intentare un secondo processo.
Pochi mesi dopo ha conosciuto una donna, Nadine Arslanian, 56 anni (lui ne ha 67) che ha sposato due anni dopo. Dai capi di imputazione emerge un ruolo chiave per Nadine che dapprima ha introdotto Bob a Wael Hana, imprenditore egiziano-americano esportatore di prodotti halal e punto di contatto con il governo di Al Sisi. In un intreccio di favori sempre crescente, Hana mette a libro paga la signora Menendez (sino ad allora disoccupata) e ottiene l’impegno del marito a oliare i meccanismi per scongelare gli aiuti militari che il Dipartimento di Stato trattiene, a causa delle ripetute violazioni dei diritti umani del governo del Cairo. Il senatore ha condiviso con la moglie materiale sensibile del Dipartimento di Stato contenente note su nazionalità e numeri di coloro che lavoravano all’ambasciata Usa al Cairo. Informazioni che sono finite ai funzionari egiziani passati dalla signora Nadine. Gli aiuti verranno poi concessi. C’è una fitta rete di sms, intercettazioni, in un sms inviato a un generale egiziano, Hana si riferisce al senatore come «il nostro uomo». Anche la moglie è stata incriminata e come il senatore si è dichiarata innocente. a.sim. —