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 2023  settembre 23 Sabato calendario

Il declino di Aiazzone

Se ti sposavi negli anni Ottanta, prima dovevi fare un salto da Aiazzone: questo lo sanno anche i nonni dei boomer. “Aiazzone, Aiazzone/ per i mobili è il massimooo”: la canzoncina è ancora conficcata nella memoria come un chiodo arrugginito. Dovevi andare proprio lì, a Biella (ma dov’era, poi, Biella?), “gradito ospite” degli architetti di Aiazzone che ti portavano a pranzo, ti arredavano la casa, ti regalavano il viaggio di nozze e poi ti consegnavano tutto a domicilio, gratis, “isole comprese”. Era la vertigine della tivù commerciale, dell’Italia commerciale, del futuro commerciale, della politica commerciale (Giorgio Aiazzone scrisse anche un libro autobiografico con la prefazione di Silvio Berlusconi, quasi una rima, anzi di più). E c’era un volto che raccontava questa bellissima favola nazional popolare: apparteneva a Guido Angeli, primo influencer globale ma senza Internet, capelli in mogano come le ante delle cucine, sorriso da Wanna Marchi al maschile. La gente pensava che Aiazzone fosse lui. C’era una volta questa fiaba, finita malissimo il 6 luglio 1986, quando Giorgio Aiazzone morì in un incidente aereo a bordo del suo Piper.
Quel giorno, con il piccolo aereo precipitò un impero: in capo a qualche anno la Aiazzone sarebbe fallita, dopo avere fatturato fino a 30 miliardi di lire.
I molti creditori rimasti a bocca asciutta ora faranno però un salto sulla sedia, venendo a conoscenza di una frase che Marcella Aiazzone, figlia di Giorgio, si è appena lasciata scappare: «Avevo una società a Panama, regalo dei miei genitori», ha detto Aiazzone nel corso di un processo relativo a tutt’altra questione, una causa giudiziaria con l’ex socio e compagno Mario Falchi.
«Marcella Aiazzone ha sostenuto di aver effettuato speculazioni immobiliari nel principato di Monacograzie a finanziamenti bancari mai dimostrati mentre in realtà i soldi provenivano dalla vendita di un appartamento a Montecarlo inglobato in una società panamense trasmessole dalla madre», spiega il legale del signor Falchi, Antonino Maio, chiedendo alla Aiazzone oltre mezzo milione di euro per gli affari falliti con il mattone.
I soldi, dunque, da qualche parte c’erano e forse ci sono ancora. Quella che non c’è più, invece, è l’Italia che fece da sfondo a questa incredibile avventura. Giorgio Aiazzone era stato tra i primi a intuire la potenza della tivù privata e delle televendite. Non a caso, Tele Biella fu una delle prime emittenti locali a trasformarsi in ipermercato dell’etere. Le consegne gratuite a domicilio anticiparono Amazon mettendolo insieme all’Ikea molto prima di entrambi (gli svedesi arrivano in Italia solo nel 1989, Amazon addirittura nel 2011). Lo slogan di Guido Angeli, l’immortale “provare per credere”, spiegava appunto che la vendita di un salotto o di una cameretta dovevano essere un’esperienza, un viaggio, una specie di vacanza. Aiazzone organizzava torpedoni di clienti verso “la Città del Mobile”, all’arrivo c’erano un orologio in regalo per lui e una catenina per lei, e c’erano soprattutto i famosi “architetti” cheavrebbero arredato la casa. Erano ragazzi, per lo più studenti non ancora laureati, in grado però di far sentire uniche le persone che cercavano una scarpiera o un sofà. “E il sabato la grande festa”: cioè il pranzo dove si servivano pezzi di carne e cascate di tagliatelle, purché nessuno lasciasse Biella senza avere acquistato almeno un comodino.
La genialità del geometra Aiazzone, questo era il suo titolo di studio giudicato malissimo dalla “Biella bene”, quella dei soldi del distretto tessile, era stata capire che non si vende una cucina ma un sogno. Regalare viaggi aerei e di nozze (“Operazione Sposi”) a buon mercato alla Canarie o a Tenerife gli costava meno che fare un forte sconto su mobili che comprava da altri produttori per poi rivenderli, ma il cliente aveva la certezza di un ricordo eterno, un album fotografico del cuore da squadernare a parenti e amici rimasti al paese. Perché i clienti di Aiazzone e gli spettatori di Guido Angeli arrivavano quasi tutti da lontano, la maggior parte dal Sud. Chi mai, del resto, avrebbe organizzato un viaggio per andare a Biella? E invece, nel 1985 lo fecero 70 mila persone.
“Provare per credere”. E molti provarono, molti credettero. Si sentivano ospiti, quasi amici. Dall’uscita dell’autostrada era tutta una sfilata di cartelli fino al mobilificio, dove oggi non resta nulla se non qualche vecchio scheletro di archeologia commerciale, niente che possa rendere l’idea dell’impero: e comunque, il mobilificio Aiazzone era grande quanto l’Italia ma senza ancora la globalizzazione, non i punti vendita ovunque ma un televisore in ogni casa, e dentro lo schermo un abile venditore: così è nata anche Forza Italia, così l’Italia si è inoltrata in un percorso che in fondo non è ancora finito e forse non finirà mai.
“Vieni a piedi o in carrozzella/ma vieni a Biella”, recitava un altro famoso jingle dei piazzisti di scaffali: ve l’immaginate, oggi, una frase del genere? Come minimo ci farebbero un’interrogazione parlamentare. “Trentasei mesi senza cambiali” era la procedura che rendeva possibile la rivoluzione dell’arredamento domestico, come quando il nonno aveva comprato la Fiat 600 a rate. Provare per credere, anche se il difficile è provare a crederci. Invece andò proprio così.