La Stampa, 23 settembre 2023
L’immaginazione di Grillo
Ogni tanto qui a Roma arriva Beppe Grillo e spiega come dovrebbe andare il mondo. Ora è arrivato per spiegare la debolezza di un’alleanza con Elly Schlein, donna priva d’immaginazione. E io, sempre così barbosamente censorio con lui, stavolta non posso dargli torto perché, in fatto di immaginazione, lui ha un’indiscussa titolarità. La sua, di immaginazione, aveva partorito un movimento senza leader, senza gerarchia, senza sede, in cui avrebbero comandato i cittadini attraverso una volontà generale rousseauiana in declinazione digitale, cioè una dittatura del popolo probo con l’obiettivo di cancellare il Parlamento e i partiti, di sconfiggere la corruzione materiale e morale, di abolire la povertà, di piegare all’etica le banche, i mercati e la finanza, di introdurre libertà, uguaglianza e giustizia, di trasformare il mondo in un giardino fiorito, in definitiva di realizzare una rivoluzione così palingenetica che si sarebbe presto evoluta in planetaria, e per compiere un tale progetto si è affidato a una classe di portavoce votata sul web e selezionata fra vagabondi con la peculiarità unica di essere incazzati neri, e per finire poi in una legislatura nella quale, pur di stare al governo, gli incazzati neri si sono alleati con chiunque, nel governo più politico e più tecnico, nel più europeista e nel più antieuropeista, a destra e a sinistra, a prendere finanziamenti pubblici, due per mille, sedi stuccate, auto blu, e soprattutto gli tocca trattare i suoi emolumenti con un furbino avvocato pugliese assoldato come fantoccio e che se li è messi tutti nel sacco. Ce ne voleva di immaginazione.