Avvenire, 23 settembre 2023
E il prof applicò la quantistica a Dio
Il professor Speciani insegnava religione in un liceo classico alle porte di Milano, le sue classi erano le prime due del ginnasio; gli studenti erano poco inclini alla sua materia; i loro, per la verità rari, entusiasmi si concentravano pigramente su altre discipline, quali la fisica e la letteratura. Quel giorno doveva cercare di spiegare come Dio parla agli esseri viventi. Arrivò in aula, gli studenti continuarono a chiacchierare senza salutarlo, c’era abituato. Posò la sua cartella sulla cattedra, la aprì e tirò fuori i fogli stampati che contenevano la lezione, li avrebbe letti; normalmente faceva lezione parlando a braccio, ma quel mattino volle cambiare. In effetti il professor Speciani attribuiva un’efficacia particolare alla lettura ad alta voce e quel giorno volle verificare la sua ipotesi. Si tolse l’impermeabile chiaro, lo appoggiò sul bracciolo della sedia, vi salì. Improvvisamente i ragazzi si zittirono, vedendo il loro professore che li sovrastava in piedi su una sedia. Iniziò a leggere: «Due particelle si dicono in uno stato di entanglement quando le proprietà di una di esse sono completamente correlate alle proprietà dell’altra. Due particelle entangled non rappresentano più due enti separati, ma un’unica manifestazione di una sola entità. Un entanglement è la situazione in cui si trovano due cose o due persone che, in qualche forma, sono rimaste aggrovigliate fra loro, in senso letterale o figurato. Annodamento, intricamento, coinvolgimento, intreccio, imbroglio, relazione sentimentale… Nella fisica dei quanti, si chiama entanglement il fenomeno per cui due oggetti distanti fra loro, per esempio due particelle che si sono incontrate nel passato, conservano una sorta di strano legame, come se potessero continuare a parlarsi. Come due innamorati lontani che indovinano l’uno i pensieri dell’altro. Restano, si dice, entangled, allacciati». Il professore fece una pausa, poi aggiunse che quello era un breve estratto di un libro di fisica. I ragazzi erano ammutoliti. Sempre rimanendo sulla sedia, proseguì: «Ma sarà vero che ci ha parlato?
Ci ha parlato in modi diversi o siamo noi che, come al solito, sentiamo, vediamo e interpretiamo a nostra discrezione? O è Lui che lo fa apposta a rendersi così misterioso e criptico nei suoi messaggi?
Perché non si manifesta in modo chiaro e inequivocabile, così che tutti, grandi e piccini, possano comprenderlo? Io sono un po’ preoccupato perché, se mai decidesse di parlarmi direttamente non sono così sicuro di intendere bene quello che avrà da dirmi. A parte che avrei talmente paura che probabilmente farei finta di non sentire. Ma Lui, non è che parla solo ai cagasotto, chiama anche bambini: la sapete la storia del piccolo Samuele? Immagino di no. Ora ve la racconto, dai Frigerio, stai sveglio ancora un pochino, e tu, Malberti, metti via il telefono dai!». Poi, sempre in piedi sulla sedia, iniziò a raccontare. «Una coppia tutti gli anni si recava in pellegrinaggio al Tempio per rendere omaggio al Signore. La donna era sterile e per questo era molto triste e non si dava pace. Una volta, dopo aver lasciato il marito a fare un pisolino in albergo, si presentò da sola al Signore. In quel momento il vecchio sacerdote del Tempio stava seduto su una panca. La donna era afflitta, innalzò la sua preghiera piangendo amaramente. Poi fece questo voto: “Signore, se non dimenticherai la tua schiava e le darai un figlio maschio, io lo offrirò al Signore per tutti i giorni della sua vita”. Attenzione ragazzi: primo equivoco! Mentre lei prolungava la preghiera davanti al Signore, il sacerdote stava osservando la sua bocca. Lei pregava in cuor suo e si muovevano soltanto le labbra, ma la voce non si udiva; perciò il sacerdote la ritenne ubriaca. Le disse: “Non ti vergogni di venire al Tempio in queste condizioni? Ubriacona, fuori di qui!” Lei rispose: “Ma no, ma cosa hai capito? Io sono una donna affranta, disperata, e non ho bevuto vino, mi sto solo sfogando davanti al Signore, mi escono le parole a fatica e si mischiano con le lacrime…” Allora il Sacerdote le disse: “Va’ in pace, e il Dio d’Israele ascolti la domanda che gli hai fatto”. Poi la donna se ne andò per la sua via e il suo volto non fu più come prima. Si unì a suo marito e il Signore si ricordò di lei. Così, al finir dell’anno, concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuele. “Perché”, diceva, “dal Signore l’ho impetrato”.
Tutti sapete cosa significa impetrare… Va bene mi soffermo un attimo. Ottenere con preghiere quel che si chiede, conseguire; venire al proprio intento, restare esaudito. La digressione è per gli ignoranti in etimologia, che, a giudicare dagli sguardi, sono numerosi in platea. Salto gli anni dell’allattamento e dei primi pannolini per una questione di tempo e arriviamo a quando Samuele era un fanciullino di 3 o 4 anni: la mamma lo caricò su un asinello e partirono verso il Tempio. Una volta arrivati, la donna si presentò a Eli, il vecchio sacerdote, e disse: “Signor mio, io sono quella donna che era stata qui presso di te a pregare il Signore. Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho chiesto. Perciò, anch’io lo dò in cambio al Signore: per tutti i giorni della sua vita egli è ceduto al Signore”. I genitori se ne andarono, il piccolo Samuele rimase a vivere al Tempio con Eli, vedeva la mamma una volta all’anno quando lei gli portava un vestitino nuovo. Attenzione ragazzi, secondo equivoco! Frigerio stai attento soprattutto tu! Gli anni passano, e quando Samuele è un po’ cresciuto, diciamo prima, seconda media, una sera va a dormire e nel cuore della notte il Signore lo chiamò. “Samuele!” Lui si alzò, andò da Eli e disse: “Eccomi, mi hai chiamato?”. “Non ti ho chiamato, torna a dormire”. Il Signore chiamò di nuovo: “Samuele!”. Samuele si alzò e corse da Eli. “Eccomi, mi hai chiamato. Che vuoi?”. “Non ti ho chiamato, ragazzo! Mi ero appena riaddormentato, torna a letto dai, fai il bravo”. Il Signore chiamò per la terza volta. “Samuele!” Lui si alzò, e timidamente andò da Eli: “Scusami, ma stavolta non mi sbaglio, mi hai chiamato, non ti incazzare, forse parli nel sonno e non ti rendi conto, dovresti mangiare meno pesante la sera”. Eli dapprima voleva spaccare una pentola in testa a Samuele, ma poi comprese che era il Signore che chiamava, istruì il ragazzino e, da quel momento, Samuele iniziò a studiare da profeta.
Questa storia ci insegna che spesso ci deve essere qualcuno che ti aiuti a decifrare le voci e che non si può fare a meno degli anziani. Samuele è una figura importantissima, ma se non fosse stato per il vecchio Eli non sarebbe mai diventato un profeta e probabilmente non avrebbe potuto scegliere il primo re di Israele, Saul, e soprattutto non avrebbe potuto indicare il suo successore: re Davide! Ma, principalmente, questa storia ci insegna che il Creatore ci parla attraverso la telepatia, perché lui e le sue creature sono come due innamorati lontani che indovinano l’uno i pensieri dell’altro. Restano, si dice, entangled, allacciati». Ci fu un lungo silenzio, poi il professore scese dalla sedia, aprì il registro, scorse con gli occhi l’elenco degli studenti, poi chiese: «Mariotti, sapresti dirmi da quanti libri è composta la Bibbia Septuaginta?». Mariotti disse che non aveva potuto studiare perché era stato occupato nella preparazione di una versione di greco. Il professor Speciani annotò un 4 sulla casella dei voti di Mariotti.