Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  settembre 23 Sabato calendario

Il software Granthika

«Sono prima di tutto uno scrittore». Ci tiene a chiarirlo Vikram Chandra (New Delhi, India, 1961), che nella vita non scrive solo romanzi (da Giochi sacri, Mondadori, il suo crime più famoso, è stata tratta una serie Netflix), ma insegna anche Scrittura creativa all’University of California, a Berkeley, ed è un programmatore informatico. Chandra, indiano naturalizzato statunitense (vive tra Mumbai e Berkeley), è anche sceneggiatore, lui che è figlio d’arte di Kamna Chandra, celebre autrice di film e commedie per Bollywood.
Dal 24 al 30 settembre Chandra sarà ospite di Out of The Box, lezioni a inviti sui processi creativi tra il mondo del cinema e dell’audiovisivo che inaugurano il nuovo polo, all’isola di San Servolo a Venezia, del Centro Sperimentale di Cinema. «La Lettura» ha raggiunto l’autore su Zoom per chiedergli un’anticipazione del suo intervento. E per fare un punto sull’India all’indomani del G20, che si è appena tenuto a New Delhi.
Lei presenterà il suo nuovo software di scrittura, Granthika: di cosa si tratta?
«Nasce dall’insoddisfazione per i software già esistenti, come Word, dove puoi inserire solo il testo. Ma se sei un autore, per esempio, fai continue ricerche fuori da quel file. Invece questo software permette di avere fatti, persone, eventi, ricerche... in un unico posto».
In che modo, ci fa un esempio?
«Immaginiamo che sto scrivendo una storia in cui John incontra Mary durante la Seconda guerra mondiale, a Venezia. Prendo appunti sui miei personaggi; poi su una battaglia, poi sulla città. E se sto scrivendo un romanzo di quattrocento pagine, ho bisogno di cercare continuamente quelle note. Con questo software, clicchi su John, e vai direttamente agli appunti su di lui. Questi collegamenti possono essere visti anche su una linea temporale che mantiene gli eventi in ordine cronologico. È un modo per rendere la scrittura più agevole. E permette anche un’analisi di genere: ti dice quanti personaggi maschili e femminili sono stati usati e a quale tipo di linguaggio è associato il genere».
Al G20 l’India si è presentata ai Paesi ospiti come Repubblica di Bharat. Perché?
«Per me è una cosa cinica. L’articolo 1 della Costituzione indiana inizia con “L’India, cioè Bharat, sarà un’unione di Stati”. E sui passaporti indiani c’è scritto sia “Bharat” che “India”. Tutto è iniziato dall’invito alla cena inaugurale del G20, in cui Narendra Modi si è definito “presidente del Bharat”. Questo ha causato una reazione: il Bjp (Bharatiya Janata Party, il partito nazionalista indù al governo, ndr) di Modi vuole davvero cambiare il nome, modificare la Costituzione? Ci sono politici che dicono che “India” è un nome britannico e va cancellato. Ma non è vero, risale a migliaia di anni fa: c’è un fiume che scorre nel nord-ovest, si chiamava Sindhu. I persiani, che non sapevano pronunciarlo, lo chiamarono Indus. Lo stesso fecero Alessandro Magno e i greci: divenne Indika (Bharat viene dal Mahabharata, poema epico indiano, ndr). Penso che la causa di tutto siano le elezioni del 2024 e il fatto che i partiti dell’opposizione si siano uniti nell’alleanza “India”, che è un acronimo: Indian National Developmental Inclusive Alliance».
Contro il governo attuale, che è di destra...
«Sì, è molto a destra. Vogliono quello che chiamano Hindu Rashtra, uno Stato indù. E quindi sarà esplicitamente un Paese per gli indù, dove i principali nemici saranno i musulmani e altre minoranze, come i cristiani».
Che cosa pensa della posizione indiana sulla guerra in Ucraina?
«L’India ha avuto una lunga relazione con l’Unione Sovietica e poi con la Russia. Durante la guerra fredda avevamo promosso il fronte dei “non allineati”. Poi scoppia la guerra con il Pakistan, nel 1971, che è sempre stato con gli Usa. Perciò l’India si “inclina” – usarono questa parola – verso l’Urss, che manda aiuti militari; Nixon e Kissinger inviano la Settima flotta nel Golfo del Bengala, una minaccia esplicita. E a quel punto interviene anche l’Urss che la tiene a bada. Questo episodio viene ricordato con un senso di debito. Nel corso degli anni, gli armamenti russi sono continuati ad arrivare al nostro esercito; c’è la sensazione di essere aiutati contro i nemici. Credo che il governo indiano si sia trovato in una posizione difficile per la guerra in Ucraina».