Corriere della Sera, 23 settembre 2023
Una falsa lettera di Garibaldi
Caro Aldo,
mi è capitato di leggere la lettera «scritta» da garibaldi che due giorni prima di morire inviò al professor Carlo Lorenzini, meglio noto come Carlo Collodi. È tratta dal romanzo «Le confessioni di Joseph Marie garibaldi» di Francesco Luca Borghesi. Nella lettera garibaldi scrive anche che «la spedizione dei Mille fu realmente la più vile porcata» e parlando dell’Italia «una penisola meravigliosa che io non solo non unificai, ma che addirittura divisi e, per mia colpa divisa sarà per sempre». La lettera termina così: «Sono e mi sento francese e il mio nome Joseph Marie garibaldi va pronunciato con l’accento sulla i finale». È realmente esistita questa lettera?
Giuseppe FerreriCaro Giuseppe,
quella lettera ovviamente non è mai esistita. È frutto della fantasia di un romanziere. Ma in Rete decine di siti la presentano come vera. E ne scrivono come della prova definitiva di quale orrenda ingiustizia sia stata l’unità d’Italia.
Da questa vicenda possiamo trarre due conclusioni. Non esiste al mondo un popolo più propenso all’autodenigrazione del nostro. Italiani sono sempre gli altri. E il bello è che ci vergogniamo non dei massacri in Libia e in Etiopia, o della deportazione di migliaia di compatrioti ebrei ad Auschwitz; ci vergogniamo di una pagina bella, coraggiosa, generosa come il Risorgimento, quando migliaia di giovani volontari misero nelle mani di garibaldi — e dell’esercito piemontese – la loro vita pur di fare l’Italia.
La seconda conclusione è che la Rete non è il luogo della realtà, ma della menzogna, della calunnia, del complottismo. L’invenzione della verità è sempre esistita nella storia, Umberto Eco vi ha costruito su i suoi romanzi. È sempre accaduto che si fabbricassero falsi, si pensi ai Protocolli dei savi di Sion. Ma con la Rete il tasso di credulità, e di conseguenza di falsità, si è elevato all’ennesima potenza. Nelle Filippine i seguaci di Marcos hanno sistematicamente cancellato in Rete le tracce della dittatura; oggi il presidente si chiama di nuovo Marcos, è il figlio del dittatore e di Imelda. Il duplice crollo della scolarità e della partecipazione politica può davvero generare nuovi mostri.