Corriere della Sera, 22 settembre 2023
TikTok sprona le rivolte
Colpa dell’algoritmo di TikTok se si arriva alle rivolte in piazza. Lo ha rivelato un’inchiesta della Bbc: i contenuti che invitano a comportamenti antisociali vengono spinti dall’app che in alcuni casi possono arrivare anche a 20 milioni di visualizzazioni. È capitato questa estate nel Regno Unito. Una «chiamata alle armi» per saccheggiare i negozi di Oxford Street a Londra. E così i giovani si sono presentati davanti alle vetrine, pronti a rispondere all’appello lanciato online. Oppure le proteste nate alla Rainford High School, dove le studentesse hanno denunciato di essersi sentite umiliate per come è stata misurata la lunghezza delle gonne. Prima sessanta scuole si sono unite alla contestazione, poi cento. Il tam-tam è partito proprio da TikTok, dove la protesta è stata filmata e poi replicata. Nell’indagine della Bbc emerge che anche i disordini per la morte del giovane Nahel M., ucciso questa estate in Francia con un colpo di pistola sparato da un poliziotto, hanno trovato online spazio per proliferare. E anche i casi di cronaca nera sono oggetto di questa trappola tecnologica che spinge gli utenti a creare contenuti virali, ma che qualche volta hanno portato anche ad accuse infondate nei confronti di innocenti. È capitato a Jack Showalter, incolpato ingiustamente per l’omicidio di quattro studenti in Idaho, lo scorso gennaio. Dito puntato proprio sull’app cinese: lo stesso video caricato su Snapchat fa poco più di 150 mila visualizzazioni, ma diventano 850 milioni su TikTok. Di chi è la colpa? I portavoce dell’app mettono le mani avanti: è «naturale» che le persone si interessino di casi simili. Non solo: i 40 mila dipendenti addetti alla sicurezza delle immagini fanno il possibile per bloccare i contenuti dannosi. Ma alcuni ex dipendenti del social smentiscono: l’algoritmo è stato creato per rendere virali le coreografie, non è attrezzato adeguatamente per impedire che comportamenti antisociali diventino una vera e propria frenesia.