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 2023  settembre 22 Venerdì calendario

Grand hotel Narcos


Un penitenziario fuori dal comune, completamente controllato dai narcos, con diversi ristoranti, una palestra con piscina, una zona per le corse dei cavalli, un piccolo zoo, uno sportello bancario ad uso consumo dei detenuti e persino una discoteca chiamata “Tokio”, dove i boss potevano divertirsi fino a notte fonda. Roba da Pablo Escobar, gestita dalla potente organizzazione “Tren de Aragua”, nata all’interno delle sue mura e che oggi controlla rotte del narcotraffico, del contrabbando e del commercio di armi in almeno sette Paesi latino-americani.
Per entrare al penitenziario di Tocorón il governo venezuelano ha dispiegato un maxi-operativo con undicimila agenti della polizia e dell’esercito, la fila enorme di blindati è stata guidata da tre carrarmati, mentre centinaia di madri e mogli dei reclusi si sono raggruppate fuori dal carcere alla disperata ricerca dei loro famigliari. Il presidente Nicolas Maduro ha annunciato in pompa magna l’operazione speciale “Cacique Guaicaipuro” per riprendere il controllo del gigantesco complesso penitenziario che – assicura – potrà essere svuotato in meno di una settimana.
Poco si sa sulle modalità dell’operazione, su chi stavano cercando, su dove porteranno e smisteranno i detenuti. Secondo diverse ong che studiano il disastrato sistema carcerario venezuelano, il governo sta cercando di mostrare agli occhi della comunità internazionale una parvenza di ordine e una ferrea volontà di mettere fine a privilegi, corruzione e violazioni ai diritti umani denunciati in decine di rapporti indipendenti.
Se poco si sa dell’operazione in atto, si conosce quasi alla perfezione le dinamiche interne a tratti surreali della “Casa Grande”, come viene chiamato il carcere di Tocorón. Nessuno conosce il nome del direttore ufficiale, ma tutti riconoscono che a comandare lì dentro è il Niño Guerrero “el pran dei pranes” il capo di tutti i capi. Héctor Rusthenford Guerrero Flores, questo il suo vero nome, è diventato grande dietro le sbarre e lì ha costruito un’organizzazione che oggi vanta diverse succursali. Il “Treno di Aragua” ha iniziato dal basso, con il pizzo obbligatorio ai detenuti, un sistema da resort del crimine, con premi e punizioni al posto dei braccialetti colorati. Chi non paga vive nei gironi più bassi della struttura, chiuso in celle sovraffollate, costretto a lavorare gratis per pagarsi da mangiare e per la “protezione” necessaria per non ritrovarsi un coltello in gola mentre sta dormendo. Con i soldi, però, si ottiene di tutto, fino al diritto a farsi quattro salti in discoteca o quello di far entrare moglie, amanti e famigliari vari. Il “Pran” è talmente potente che può decidere di vivere a piede libero, ma preferisce rimanere nel suo regno perché se la passa decisamente meglio ed è molto più sicuro, protetto da centinaia di soldati disposti a fare qualsiasi cosa pur di salire nella gerarchia dell’organizzazione.
Il grande salto di Guerrero è arrivato con l’emigrazione di massa dei venezuelani che hanno iniziato a scappare dalla gravissima crisi economica che ha colpito la fallita rivoluzione socialista di Chavez e Maduro. Il clan controlla i passi di frontiera e i viaggi dei migranti che puntano verso Nord e devono attraversare la pericolosissima foresta del Darién tra la Colombia e Panama, organizza sequestri, estorsioni, attentati. Il giro d’affari è enorme e tutti possono essere corrotti. Per dirla alla Escobar, la regola è “plata o plomo”; o paghi o finisci al Creatore.
El Niño Guerrero controlla il suo business da Aragua fino all’Ecuador, il Perù, il Cile: Tocorón è il centro di un impero che forse è diventato troppo ingombrante anche per il governo di Caracas. Non era mai successo che si mobilitassero tanti agenti per un’operazione di polizia, nemmeno nella caldissima frontiera con la Colombia dove il narcotraffico opera assieme ai dissidenti della guerriglia delle Farc. Secondo l’Osservatorio venezuelano delle prigioni il blitz è stato concordato nei minimi dettagli con lo stesso Guerrero, che sarebbe uscito da Tocorón qualche giorno prima assieme ai suoi fedelissimi. Il timore è che non si saprà mai la cifra di morti e feriti e né quanti sono i detenuti lasciati scappare prima dell’arrivo degli uomini dello Stato. La capienza massima del penitenziario è di cinquemila reclusi, pare che al momento dell’incursione degli agenti ce ne fossero meno di duemila; il sospetto è che una parte consistente del “Tren di Aragua” sia stato lasciato libero affinché possa continuare a perpetuare i suoi affari e a pagare le sue profumate mazzette. Se così fosse la conquista del carcere e persino della famosa discoteca “Tokio” sarebbe una mesta vittoria di Pirro di fronte allo strapotere dei narcos. —