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 2023  settembre 21 Giovedì calendario

La fine dei Murdoch

Rupert Murdoch si scaglia contro l’ex presidente Donald Trump. Nel libro che racconta l’epopea del tycoon c’è tutta l’ira contro l’uomo che vorrebbe riconquistare la Casa Bianca tra un anno. a pagina 17
Prima detestato e preso sottogamba, considerato quasi un clown della politica da liquidare con un semplice «fottiamolo», quando Donald Trump, nel 2016, si candidò alla Casa Bianca. Poi appoggiato in un rapporto di convenienza simbiotico: la vecchia ruggine non è mai andata via, ma è stata coperta dai miliardi che la Fox e gli altri giornali e tv del suo impero hanno guadagnato facendo da megafono al presidente populista che ha rischiato di scardinare la democrazia americana.
Ora, arrivato ai titoli di coda della sua straordinaria e controversa carriera, il 92enne Rupert Murdoch, il tycoon che ha avuto più potere nella storia dell’editoria mondiale, è di nuovo scatenato contro l’ex presidente repubblicano che sta tentando di riconquistare la Casa Bianca. La sua è addirittura l’ossessione di un uomo «con la bava alla bocca» che si augura la morte di Trump e, in privato, continua a ripetere «senza di lui tutto questo non sarebbe successo» e «come fa a essere ancora vivo? Avete visto l’aspetto che ha? Quello che mangia?».
I virgolettati vengono da The Fall, (la caduta): il libro col quale, come si legge nel sottotitolo, Michael Wolff descrive «la fine di Fox News e della dinastia Murdoch». Il saggio sarà pubblicato negli Stati Uniti tra una settimana ma ieri l’editore Holt e lo stesso Wolff ne hanno dato le prime anticipazioni. Molto pepate come sempre quando si tratta di libri di Wolff che con i suoi tre saggi su Trump, a cominciare da Fuoco e furia, scritto dopo aver bivaccato alla Casa Bianca nei primi mesi della presidenza di The Donald, ha sempre demolito i suoi bersagli, compresi gli interlocutori che gli avevano dato fiducia come Steve Bannon. O lo stesso Trump che, pure, continua a dialogare con lui, fedele al suo credo: meglio che si parli di me, anche male, piuttosto che essere ignorato.
Con The Fall Wolff – lo dice lui stesso – mette fine alla sua «ossessione per la balena bianca Murdoch». Nell’evocare Moby Dick il giornalista e scrittore esagera perché, a differenza del capitano Achab, lui dalle balene che ha arpionato ha tratto solo vantaggi: fama e milioni di copie di libri venduti. Ma dice anche il vero per quanto riguarda la sua ossessione per Rupert.
Chi scrive questo articolo quasi 15 anni fa portò Wolff al Festival dell’Economia di Trento a srotolare il suo racconto della straordinaria avventura editoriale, politica e umana di Murdoch: australiano naturalizzato americano, proprietario di giornali in tutti i continenti (dal Wall Street Journal e il New York Post negli Usa al Times di Londra), di reti televisive (da Fox a Sky ) in tutto l’Occidente e di case cinematografiche, poi cedute alla Disney: avventura che Wolff aveva condensato in un libro, The Man Who Owns the News. Opera che, benché basata su 150 ore di interviste dell’autore a Murdoch, fece infuriare l’editore per il ritratto irriverente che ne venne fuori: uomo di enorme potere ma despota e con una famiglia disfunzionale. Dal libro uscivano male la moglie Wendi e i figli Lachlan e James in lotta fra loro.
Da allora Rupert ha rotto i rapporti col suo biografo e quindi anche le ricostruzioni del nuovo libro vanno prese con qualche cautela: Wolff si è affidato a fonti indirette e a volte nei suoi libri sono state registrate inesattezze. Ma sui Murdoch aveva ragione lui: qualche anno dopo il suo libro, Rupert divorziò da Wendi accusata di tradimento mentre lo scontro tra i due figli impegnati nell’editoria è sfociato nell’abbandono di James di ogni incarico nel gruppo editoriale del quale era stato amministratore delegato.
Insomma, la storia dei Murdoch somiglia davvero a quella del serial televisivo Succession. Wolff ci aggiunge il racconto di come Rupert ha vissuto gli anni in cui la sua Fox ha appoggiato Trump e condiviso le sue menzogne: un editore che detestava i suoi conduttori di maggior successo (ha cacciato Tucker Carlson e ha rischiato di mandar via anche Sean Hannity) e sotto choc per la condanna a versare 787 milioni di dollari alla società Dominion come indennizzo per averla ingiustamente accusata di aver truccato le elezioni: la prima di una serie di cause che potrebbero accelerare il disfacimento di un impero editoriale che Wolff giudica avviato alla sua «fine naturale». Da non trattare – avverte l’autore – come una commedia alla Succession. È, invece, un dramma che potrebbe diventare terremoto, anche politico.