Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  settembre 20 Mercoledì calendario

Quelli che non ne possono più

Non ne posso più. Il mio lavoro non mi piace. Il capo mi umilia. Per quello che faccio non mi pagano abbastanza. Non ho più tempo per fare niente. Per me. Per i miei figli. Sono infelice. Pensieri come questi abitano nelle teste di migliaia di persone per anni. Anche per sempre. Perché i lavoratori italiani sono i più tristi d’Europa. Ma una via d’uscita – assicura chi ce l’ha fatta – c’è: il Piano B è possibile.
Per realizzarlo, però, bisogna seguire delle regole ben precise. Ce le spiega chi – come la escape coach Monica Lasaponara – per mestiere fa proprio quello di aiutare chi non ce la fa più a cambiare lavoro e, quindi, vita. Primo punto fondamentale: è vietato lasciare il proprio impiego se non si ha già l’alternativa avviata. Si rischierebbe troppo. Quindi per molti mesi le due attività dovranno procedere contemporaneamente. Bisogna poi interrogarsi per capire cosa si vorrebbe fare davvero. Molti non hanno la più pallida idea di cosa sia, ma c’è chi – come un escape coach – può aiutare a scoprirlo. Terzo: non servono (necessariamente) capitali da investire. Quarto punto: non avere fretta, il grande cambiamento richiede tempo.
Molti non vogliono più soldi, ma maggiore tempo libero e più soddisfazione. Come Stefania, che faceva un lavoro ben pagato e stabile per una multinazionale: ora insegna a realizzare dei videocorsi sugli argomenti più disparati e poi li pubblica sul portale che gestisce (Muud.it). Dall’uncinetto alla ceramica, dal business alla cucina.
Giada invece era il braccio destro di un importante produttore teatrale, un lavoro interessante e prestigioso. Ora è un’”armonizzatrice di spazi”, aiuta a organizzare e rendere armoniose le case. Francesco era un impiegato e si occupava di assistenza clienti: oggi insegna ai freelance a rendere il loro lavoro più produttivo. Laura era impiegata nel turismo: oggi è una consulente di immagine olistica e spiega alle donne cosa indossare perché i loro vestiti siano in armonia con la loro personalità.
Ilaria lavora in un’azienda di formazione ma nel frattempo sta sviluppando il progetto “Mangio dunque sono”, in cui fa da “Food Organizer”. Spiega cioè come organizzare i pasti e fare una spesa consapevole. E poi c’è Carlo, operaio metalmeccanico appassionato di mountain bike, che sta lanciando il suo progetto di escursioni guidate in bici. Mestieri spesso nuovi, molto lontani dal lavoro di ufficio chenon piace a moltissimi italiani.
Secondo una ricerca del Politecnico di Milano appena il 7 per cento dei lavoratori si dichiara felice. E come afferma il report di Gallup, società americana di analisi sullo stato globale del mondo del lavoro, gli italiani sono sottopagati e mobbizzati (e, appunto i più infelici in Europa). Quasi 30 su 100 provano un’intensa sofferenza, ma sono scettici sulla possibilità di cambiare. Abbandonare un impiego sicuro – si dicono – è impossibile. E comunque sono convinti che reinventarsi a 40 o a 50 anni sia una follia.
Un’altra parte di italiani, invece, ha mollato. Dopo la pandemia c’è stato il fenomeno globale delle grandi dimissioni. Nel 2022 – la fonte è il ministero del Lavoro – quasi 2 milioni di lavoratori hanno cambiato impiego. E nell’ultimo anno – secondo lo studio del Politecnico – il 46 per cento ha lasciato il proprio ufficio o ha intenzione di farlo, una percentuale che raggiunge il 77 per cento per gli under 27.
Ma non tutti quelli che hanno lasciato hanno trovato quello che cercavano: 4 su 10 si sono pentiti della scelta fatta. Le motivazioni principali sono legate alla difficoltà di ricollocarsi dopo aver abbandonato senza un’altra offerta al momento delle dimissioni. Proprio perché molti hanno lasciato senza avere un’alternativa valida. E, come detto, il nodo è proprio questo: non si può, non si deve, lasciare il lavoro senza prima aver messo in piedi un solido piano B. Ma una volta costruito – giura chi ci è riuscito – una nuova vita è possibile.