La Stampa, 20 settembre 2023
L’ultimo italiano
Nelle previsioni di un allarmato studio illustrato al Forum di Cernobbio, a causa della bassa natalità e del paese che dunque invecchia, e più invecchia meno fa figli, l’ultimo italiano verrà al mondo intorno al 2230 e morirà all’inizio del secolo successivo, chiudendo la storia di un’etnia. Che, come tutti sanno, non esiste. Infatti, con tutto il rispetto, lo studio in questione mi pare giungere a conclusioni di maestosa insensatezza. In particolare è ignoto che cosa significhi “l’ultimo italiano”, poiché essere italiani non attiene a questioni genetiche ma burocratiche: è italiano chi per nascita o naturalizzazione ha diritto al passaporto. E, peraltro, questioni burocratiche piuttosto recenti, siccome l’Italia esiste da poco più di 170 anni. Prima, per millenni, si è formata una ricca mescolanza di genti, a cominciare da Roma prima della fondazione, il cui territorio era abitato da gruppi provenienti dall’attuale Ucraina (caspita, un motivo in più per aiutarla) e dal Medio Oriente, come spiega Alfredo Coppa, antropologo della Sapienza. Da lì in poi, fra Impero romano, invasioni barbariche, cristianesimo, secoli di scorrerie, guerre e dominazioni, è stato un andirivieni di popoli di ogni discendenza, e noi siamo il risultato anche glorioso di un’infinita ibridazione. E va avanti oggi, sebbene a ritmi così serrati che ci fanno paura più del dovuto. L’ultimo italiano? Fra duecento anni gli italiani ci saranno ancora, soltanto un po’ diversi da noi, come noi siamo diversi da chi c’era lo scorso millennio e il precedente. Soprattutto, spero, saranno un po’ meno spaventati e un po’ meno ottusi.