il Fatto Quotidiano, 20 settembre 2023
Intervista a Gianfranco Fini
“La legge che porta la mia firma e quella di Umberto Bossi va cambiata, ha vent’anni e quindi è datata”. Gianfranco Fini, ex presidente della Camera e padre politico di Giorgia Meloni, dopo mesi di silenzio accetta di parlare col Fatto di immigrazione. Definisce “positivo” il lavoro che sta facendo il governo sugli sbarchi, ma invita tutti anche a evitare la “campagna elettorale permanente” a partire dal “blocco navale” che è una “battuta da comizio”.
Presidente Fini, oggi la sua legge sull’immigrazione viene messa nel mirino dal Pd e anche dalla destra. È ancora attuale?
La Bossi-Fini aveva la stessa impostazione della Turco-Napolitano: il migrante economico ha diritto di permesso in Italia solo se ha un contratto di lavoro. Vent’anni dopo è cambiato tutto il panorama internazionale e il fenomeno migratorio si è trasformato. Oggi riguarda centinaia di migliaia di persone ed è dovuto a grandi fattori economico-sociali: il divario tra Nord e Sud del mondo, il malessere sociale, il crollo di alcuni Stati come Siria e Libia e così via. Per questo la legge va cambiata.
Come?
Oggi coloro che arrivano in Europa spesso chiedono di godere del diritto di asilo perché arrivano da guerre, carestie, persecuzioni. Ma il quadro è cambiato: quando fu approvata la mia legge, solo in pochissimi chiedevano l’asilo. Sono cambiate le condizioni e quindi bisogna agire in un contesto sovranazionale, perché nessuno Stato può affrontare da solo un fenomeno così gigantesco. Basti pensare che la sola Nigeria tra vent’anni avrà più abitanti dell’intera Europa. Un’altra cosa…
Dica.
La mia legge prevedeva quote di ingresso regolari: portò a una sanatoria di centinaia di migliaia di migranti. Questo è il modello da seguire.
Lei dice che è un fenomeno complesso, ma qui da noi si parla di blocco navale.
La politica dovrebbe fare un ragionamento più ampio rispetto alla battuta giornaliera del blocco navale tipica di una campagna elettorale. Il “blocco navale” è solo un elemento e anche controverso: l’operazione Sophia, che serviva per controllare gli sbarchi con le navi europee funzionava a metà. C’erano resistenze degli Stati nazionali perché veniva mantenuto il Trattato di Dublino.
Il governo vuole chiudere per 18 mesi i migranti nei Cpr. Non è esagerato?
Vedo che ci si scandalizza, ma sono parametri europei. Il problema sono i rimpatri.
Cioè?
La mia legge prevedeva il foglio di via, ma per i rimpatri il problema sono i rapporti bilaterali con i Paesi di partenza che sono difficilissimi da fare. E quindi che si fa? Si abbandonano i migranti in mezzo al deserto?
Il governo dice di voler bloccare le partenze. Ci riuscirà?
Sono buone intenzioni, ma ci sono Paesi che fanno resistenza. Prendiamo la Tunisia che dice: dateci i soldi e forse li fermiamo. La logica dell’interesse nazionale vale per tutti…
Non resta che la redistribuzione a livello europeo.
Ha senso, ma molti Paesi non fanno nulla per fermare i flussi. Degli accordi di redistribuzione si parla da tempo, ma finora si è visto poco.
Perché?
Perché fino a quando si continuerà a ragionare secondo la logica degli Stati nazionali non si troverà una soluzione. In Francia dove c’è Le Pen, in Germania dove Afd è in risalita e nei Paesi di Visegrad c’è una destra radicale e sovranista che sta emergendo: così nessuno vuole prendersi parte dei migranti.
E quindi come se ne esce?
Se su questa questione non cessa la propaganda e la campagna resta permanente in vista delle Europee non se ne uscirà mai. Con rischi ancora maggiori rispetto a ora: cresceranno forme di xenofobia e disagio sociale. Anche perché oggi l’emergenza è il controllo dell’immigrazione, ma poi come li integriamo?
Come si sta muovendo Meloni?
Sta facendo il massimo e sta ottenendo il massimo in sede europea. Basti vedere al rapporto con Ursula von der Leyen…
Possiamo dire che il “sovranismo” ha fallito sui migranti?
Ho apprezzato quello che ha detto Tajani quando chiede un coinvolgimento globale anche dell’Onu: le risposte possono essere solo sovranazionali, coordinate in sede europea e a livello internazionale. Qualcuno in Italia pensa di affrontare la cosa in maniera risoluta, ma sui migranti non si può dire né di ‘stare a casa loro’ né ‘accogliamoli tutti’.
Si riferisce a Salvini che dice che “la diplomazia ha fallito”?
Il governo non è diviso, come dice l’opposizione. Ma quello di Salvini è un comizio, un tweet: sono affermazioni eccessive tipiche della campagna elettorale. Però poi non ci pensa a fare la crisi di governo.
In questi giorni in FdI si dice che il governo è “sotto attacco dei poteri forti”. È così?
È solo propaganda, non mi scandalizza. Io non li ho mai chiamati “poteri forti”. Semmai bisogna tenere d’occhio i conti pubblici e gli andamenti macroeconomici: la crescita è al ribasso, questo qualche effetto potrebbe averlo.