Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  settembre 19 Martedì calendario

Il conclave della sinistra


LONDRA – I partiti progressisti possono sperare di battere la destra soltanto se riusciranno a «collegare meglio i propri nobili ideali con i problemi quotidiani della gente». È il messaggio con cui il primo ministro canadese Justin Trudeau ha concluso il Global Progress Action Summit, una riunione internazionale di leader di centrosinistra del passato e del presente che si è tenuta lo scorso fine settimana a Montreal. Tra gli assenti, però, i big del Pd italiano.
La data dell’appuntamento non era casuale: venticinque anni fa Bill Clinton e Tony Blair si allinearono sulla Terza Via, la teoria riformista che contribuì a portare il centrosinistra al potere in Nord America e in gran parte d’Europa. Un quarto di secolo più tardi, l’incontro di Montreal aspira a mettere le basi di un nuovo manifesto progressista per vincere alle urne e governare sconfiggendo il populismo. «Se non offriamo soluzioni ai bisogni di tutti i giorni», ha dichiarato Trudeau in chiusura della conferenza, «gli elettori daranno ascolto a chi grida più forte e alle proposte più estreme».
Il vertice era organizzato da Canada 2020, maggiore think tank progressista canadese, e dal Center for American Progress Action Fund, un istituto progressista di studi politici negli Stati Uniti, con il sostegno del Tony Blair Institute for Global Change, la fondazione diretta dall’ex premier laburista, diventata negli ultimi tre anni un laboratorio di programmi per il Labour nel Regno Unito. Su invito dei promotori, al simposio hanno partecipato rappresentanti di più di quindici Paesi: oltre a Trudeau e a Blair, tra gli altri vi hanno preso parte il leader laburista britannico Keir Starmer, il primo ministro norvegese Jonas Store, l’ex premier neozelandese Jacinda Ardern, l’ex premier finlandeseSanna Marin, l’ex premiersvedese Magdalena Andersson, l’ex vicepresidente della Commissione europea e candidato premier in Olanda Franz Timmermans, la vicepremier e ministra delle Finanze canadese Chrystia Freeland, l’ex ministro degli Esteri britannico David Miliband, l’ex governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney, l’ex vice consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Ben Rhodes e il segretario esecutivo del Pse Giacomo Filibeck. I media britannici descrivono il vertice come «un conclave della sinistra»; gli organizzatori dicono che è stato il più ampio summit di leader progressisti in quasi due decenni. Mancavano tuttavia, per questioni di agenda, i maggiori rappresentanti del centrosinistra italiano.
Scopo dell’iniziativa era discutere idee innovative e collaborare sunuove direzioni, confrontandosi sulla crescita della destra nel mondo e le minacce alla democrazia e ai diritti umani, inclusi i diritti delle donne. «Penso che ci sia la possibilità di una svolta progressista», ha detto Starmer nel suo discorso, riferendosi alle elezioni dell’anno prossimo nel Regno Unito, in cui i sondaggi assegnano al Labour 20 punti di vantaggio sui conservatori del premier Sunak, e alle presidenziali in America, dove la rielezione di Joe Biden, ha aggiunto, sarebbe «ovviamente grossa parte» di una nuova pagina per la sinistra mondiale. Gli intervenuti hanno riconosciuto le difficoltà: Trudeau appare in declino in Canada, il cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz e il premier laburista Anthony Albanese hanno problemi in Germania e in Australia, per non parlare del rischio di un ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump. Quale può essere, allora, la strategia vincente per la sinistra internazionale?
«La promessa progressista di un mondo migliore e più giusto è troppo aspirazionale per conquistare chi lotta per i bisogni primari», ha affermato Trudeau nel suo intervento. «Occorre dare ai cittadini ottimismo sul futuro ma anche rispondere alle sfide del presente, presentando programmi progressisti come un’economia inclusiva e la lotta al cambiamento climatico in termini di soluzioni accessibili». L’ex premier Ardern, protagonista della cosiddetta “Jacindamania” in Nuova Zelanda fino alla sua inaspettata decisione di dimettersi, ha espresso posizioni simili: «Non possiamo stare accanto a un bidone della spazzatura in fiamme e non riconoscere che siamo davanti a un fuoco. Soddisfare le esigenze fondamentali degli elettori dà loro fiducia per affrontare il più ampio dibattito su questioni sociali e ambientali».