La Stampa, 19 settembre 2023
La natura spietata
In una lunga (due pagine) e bella intervista sulla Lettura del Corriere della Sera, Niles Eldredge si diffonde sul funesto destino del pianeta, da noi devastato e spolpato. Eldredge è un paleontologo di fama, con un buon curriculum nelle università e nei musei americani. Impossibile non leggere l’intervista, nonostante o forse proprio per l’irrimediabile pessimismo di cui è pervasa, e pure per il calibro dell’intervistatore: Telmo Pievani. Il quale alla fine domanda se davvero l’agricoltura sia il più grave errore dell’umanità, ed Eldredge risponde che il passaggio all’agricoltura è stato un «taglio del cordone ombelicale con la natura» perché ci ha «sottratto alla produttività naturale degli ecosistemi locali» e «il mondo naturale è diventato più una minaccia che una casa confortevole». Traduco e sintetizzo: l’uomo che raccoglieva quanto la natura offriva era amico e immerso nella natura, l’uomo agricoltore diventa nemico e sganciato dalla natura. Ho letto e riletto e non ci credevo. Era proprio Charles Darwin a parlare di selezione naturale, dichiarando la natura spietata e per nulla solidale: il debole soccombe, il forte prevale. E mi domando come l’uomo possa recidere il cordone ombelicale con la natura se è un prodotto della natura, e dunque inevitabilmente parte di essa. Ma, soprattutto, ritenere che ogni nostro guaio derivi dal peccato originale di essere scesi dalle piante per rendere l’esistenza meno precaria, e che sarebbe stato meglio rimanere nelle condizioni primitive, come i grilli o i piccioni, significa maledire l’essenza stessa dell’uomo. Un po’ troppo, e un po’ troppo vacuo.