il Fatto Quotidiano, 19 settembre 2023
Oppenheimer, i fisici e la bomba
Il bel film Oppenheimer ha attirato, a ragione, molta attenzione sulla bomba atomica e sul ruolo di chi l’ha costruita. Lasciando ad altri il giudizio cinematografico su un film così impegnativo e complesso, vorrei spendere qualche riga sul contesto della costruzione della bomba e sulle sue implicazioni.
Un aspetto che è stato (necessariamente!) trascurato nel film è che il progetto della bomba è arrivato a compimento di 40 anni di scoperte rivoluzionarie nella fisica: per limitarci agli anni 30 ricordiamo la scoperta del neutrone (Chadwick in Inghilterra), la scoperta della radioattività artificiale (Joliot-Curie in Francia), la scoperta dei neutroni lenti fatta da Enrico Fermi e dai ragazzi di via Panisperna a Roma, la scoperta della scissione dell’uranio (Hahn e Strassmann in Germania), la scoperta del plutonio e la separazione degli isotopi dell’uranio (negli Stati Uniti). Parte fondamentale del Progetto Manhattan è stata la realizzazione nel 1942 dell’impresa eccezionale di produrre una reazione a catena di fissione auto sostenuta e controllata: questa è stata opera di un team di scienziati di cui Fermi, L’ultimo uomo che sapeva tutto come recita il titolo di una sua recente biografia (D. Schwartz, Solferino), l’unico in grado di dominare tutti gli aspetti del problema, sia sperimentali sia teorici sia tecnologici, è stato sicuramente l’indiscusso leader scientifico.
Enrico Fermi appena sbarcò a New York nel gennaio del 1939 iniziò a lavorare con Leó Szilàrd, visionario fisico ebreo di origine ungherese che per primo ebbe l’intuizione della possibilità di una reazione nucleare a catena. Szilàrd, che a differenza di Fermi aveva uno spiccato interesse per la politica e gli eventi della guerra, convinse nell’ottobre del 1939 Albert Einstein a firmare una famosa lettera indirizzata all’allora presidente americano, Franklin Delano Roosevelt, per avvertirlo del pericolo di una probabile costruzione, da parte dei tedeschi, di un’arma nucleare che avrebbe potuto portare la Germania di Hitler a conquistare il mondo. Quella lettera diede inizio al Progetto Manhattan, che iniziò con un basso profilo nel 1939, ma crebbe dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbor nel ’41, fino a impiegare più di 130.000 persone e a costare quasi 2 miliardi di dollari (equivalenti a circa 23 miliardi di dollari attuali). Il capo dell’intero progetto fu il generale Leslie Groves (Matt Damon nel film) mentre il direttore scientifico fu Robert Oppenheimer che svolse il ruolo del grande manager organizzativo. L’incertezza sulle dimensioni del progetto, sulle difficoltà scientifiche e tecnologiche, e la sottovalutazione del suo costo furono davvero enormi: gli scienziati si muovevano in terreni completamente inesplorati che al tempo non esistevano neppure nei libri di fantascienza.
Il Progetto Manhattan fu tutt’altro che l’exploit di un singolo. Contribuirono allo sforzo centinaia di scienziati e migliaia di tecnici, operai edili, calcolatori “umani” (cioè persone che facevano i conti scientifici a mano), segretarie e personale militare di basso livello. Molte di queste migliaia di persone appresero l’obiettivo ultimo del loro lavoro solo nell’agosto del 1945, quando il presidente Truman annunciò l’uso delle bombe sulle città giapponesi. È difficile immaginare che il Progetto Manhattan sarebbe andato in porto senza tutti i grandi scienziati che ne furono gli essenziali protagonisti e che, essenzialmente, erano motivati dalla paura che i nazisti arrivassero prima al traguardo.
L’opera di Fermi fu senza dubbio fondamentale per il loro successo. Gli storici ritengono che senza Fermi il Progetto sarebbe andato avanti più lentamente e di sicuro in modi diversi. Fermi è stato infatti uno delle personalità chiave dell’intero progetto: non inventò la bomba atomica, ma lui e Szilárd hanno sicuramente inventato il reattore nucleare dove è avvenuta la prima reazione a catena, un passaggio chiave per l’intera impresa. Dopo la guerra, Fermi era convinto che “i depositi di uranio ora conosciuti nel mondo ci potranno fornire energia sufficiente per parecchie migliaia di anni. Energia che sarà a disposizione di tutti i popoli della terra perché l’atomo è internazionale e nessuna nazione o nessun gruppo di nazioni detiene il monopolio dell’uranio o il monopolio della scienza atomica o il monopolio degli impianti atomici”. Una speranza irrealizzata dato che le cose, come abbiamo visto, sono andate in maniera diversa e oggi l’energia nucleare è in declino per i problemi di costi e sicurezza.
Le scelte riguardanti l’uso della bomba dopo la resa della Germania furono prese al più alto livello. Il presidente degli Stati Uniti, Harry Truman, succeduto alla morte di Roosevelt avvenuta pochi mesi prima, sapeva che lui solo aveva la responsabilità della decisione se usare o meno queste armi contro città nemiche. Negli ultimi 75 anni, negli Usa si è diffusa la convinzione che sganciare le bombe su due città di scarsa importanza militare, Hiroshima il 6 agosto 1945 e Nagasaki tre giorni dopo, fosse l’unico modo per porre fine alla Seconda guerra mondiale senza un’invasione del Giappone che sarebbe costata centinaia di migliaia di vite americane e forse milioni di giapponesi. Secondo questa narrazione, le bombe non solo hanno posto fine alla guerra, ma lo hanno fatto nel modo più umano possibile. Tuttavia, molte evidenze storiche provenienti dagli archivi americani e giapponesi mostrano che il Giappone si sarebbe arreso in quell’agosto anche se non fossero state usate le bombe atomiche (la Russia dichiarò guerra al Giappone l’8 agosto 1945) e che il presidente Truman e i suoi più stretti consiglieri lo sapevano.
La fatidica decisione di inaugurare l’era nucleare ha cambiato radicalmente il corso della storia moderna e continua a minacciare la nostra sopravvivenza. Szilárd si accorse prima e meglio di tutti del pericolo nucleare e si oppose senza successo al lancio delle bombe atomiche anche promuovendo una petizione tra gli altri scienziati del Progetto. Dopo la guerra, Szilárd cambiò campo di studi ma insieme al suo vecchio amico Einstein fondò il Comitato degli Scienziati Atomici. Oggi si parla di “nucleare tattico” per differenziarlo da quello “strategico”, molto più potente, e alcuni osservatori ventilano la possibilità che venga usato proprio nella guerra in Ucraina. Ma chi si è occupato di controllo degli armamenti nucleari ricorda che non ci sono bombe nucleari piccole o grandi: ci sono solo armi di distruzione di massa che, se usate, possono dar luogo a un Armageddon. Come ci avverte l’Orologio del Giorno del Giudizio del bollettino del Comitato degli Scienziati Atomici, proprio quello fondato da Szilárd ed Einstein, il mondo è ora più vicino all’annientamento nucleare di quanto non lo sia mai stato dal 1947. Lo stesso Comitato ha saggiamente deciso di includere altre armi di distruzione di massa (come le armi batteriologiche) e il cambiamento climatico come elementi di valutazione del rischio di estinzione: nel 2023, l’Orologio è stato impostato a 90 secondi alla mezzanotte – la fine del mondo. Orizzonti cupi davanti a noi.