Il Fatto Quotidiano, 19 settembre 2023
Intervista a Nicola Gratteri
Nicola Gratteri è appena stato nominato procuratore della Repubblica a Napoli: “Sono onorato. Si tratta di una realtà complessa. Il mio impegno è quello di dare il massimo per proseguire il percorso fatto dai miei predecessori e di valorizzare al meglio tutte le professionalità e le risorse presenti”.
Il Csm si è diviso sulla sua nomina. Come lo spiega?
Non mi aspettavo certo l’unanimità, non sono stupito. Ho ascoltato il dibattito del plenum del Csm e ho apprezzato molto quegli interventi che hanno valorizzato dati oggettivi, senza farsi condizionare da ricostruzioni parziali dell’istruttoria.
Alcuni suoi colleghi, dopo la diffusione di stralci della sua audizione, hanno fortemente criticato alcune sue affermazioni.
È vero, ho detto quanto c’era scritto, ma erano dichiarazioni che facevano parte di un discorso molto più ampio. Non era un giudizio sui sostituti della Procura di Napoli, che non conosco e quindi mai avrei potuto giudicare.
Napoli è la capitale della camorra. Lei ha grande esperienza di ’ndrangheta. Sarà difficile affrontare una realtà diversa?
Il metodo di lavoro e gli strumenti investigativi sono gli stessi. Ovviamente ciascuna organizzazione ha le sue peculiarità. Normalmente, quando si cambia Ufficio, occorre colmare un fisiologico deficit di conoscenza sul territorio in cui si arriva. Metterò a disposizione la mia esperienza maturata in altri contesti, confrontandomi con quella dei colleghi.
Per la criminalità giovanile a Napoli servono strumenti specifici?
È un discorso che ho sempre fatto anche per la realtà calabrese. Non basta la repressione. La criminalità giovanile si previene, o comunque si contiene, con la presenza dello Stato in tutti i settori della società. I ragazzi devono avere modelli di riferimento alternativi, che solo l’impegno della scuola può fornire. Bisogna educare sin dall’inizio al senso civico. E anche le famiglie, soprattutto quelle in difficoltà, devono avere il sostegno delle istituzioni. Per questo cerco di dedicare tempo agli incontri nelle scuole, spiegando ai ragazzi che delinquere non conviene.
Le hanno già fatto una critica preventiva: ha esperienza soltanto nel contrasto alle mafie e poca visione d’insieme.
Chi mi critica non sa che la Procura di Catanzaro ha condotto inchieste su vari fronti: l’abusivismo edilizio, anche attraverso lo strumento delle demolizioni, i delitti contro la pubblica amministrazione con significativi risultati, le violenze di genere e i reati finanziari. Anzi, proprio così si è potuto constatare come la ’ndrangheta si stia dedicando alla finanza e meno al traffico di droga, un reato che fa correre maggiori rischi.
L’hanno accusata di essere un magistrato-sceriffo.
Non ho mai capito cosa vuol dire. Ho sempre lavorato con il codice in mano, se non ci sono le condizioni per arrestare o processare, sono il primo a fermarmi. Ciò che non tollero è non indagare o fare distinguo, per ragioni metagiuridiche. Tutti sono uguali di fronte alla legge. Se ci sono le prove si procede, altrimenti no.
La Procura di Napoli in passato ha condotto grandi inchieste sulla corruzione politica e sulle illegalità delle imprese. Poi è sembrata rallentare…
Non sono abituato a dare giudizi senza constatare di persona. Sicuramente la riforma sulla cosiddetta presunzione di innocenza, sulla quale è noto il mio giudizio negativo, ha reso meno facile il lavoro degli organi di informazione.
L’hanno anche accusata di aver fatto indagini-show per attirare visibilità.
Rispondo con le sentenze. Le cosiddette operazioni show, approdate a giudizio, stanno ottenendo conferme in primo grado, appello e Cassazione. Chi mi accusa di fare indagini che finiscono nel nulla, cita sempre le stesse due o tre. Come se avessi fatto solo queste.
È stato dipinto come un magistrato vicino al centrodestra di Giorgia Meloni e, contemporaneamente, come troppo critico nei confronti del governo Meloni.
Non sono legato ad alcuno schieramento politico. Come tutti ho le mie idee ma le tengo per me, è importante anche apparire indipendente, oltre che esserlo. Non faccio il tifo per questo o quel governo. Se vengono proposte buone riforme, il governo ha il mio plauso, altrimenti, le mie critiche.
Le piace la cosiddetta “svolta securitaria” del governo? Come giudica il decreto Caivano?
Se non si fanno riforme serie per velocizzare i processi e per dare certezza della pena, le cosiddette “svolte securitarie” rimangono sulla carta.
Parliamo delle riforme annunciate. Giusto abolire l’abuso d’ufficio?
No, lo ribadisco. Andremmo contro le indicazioni dell’Europa. E poi resterebbero irragionevolmente impunite condotte riprovevoli e non riconducibili al reato di corruzione. Se un tecnico comunale rilascia un permesso di costruire illegittimo al fratello, ovviamente senza farsi pagare, perché dovrebbe essere impunito? Perché un pubblico ufficiale che fa vincere un concorso a un conoscente dovrebbe essere esente da colpe? Gli esempi sono infiniti.
Ridurre le intercettazioni?
E perché? La criminalità si sta evolvendo e noi andiamo indietro. Gli altri Stati stanno investendo per “bucare” le piattaforme telematiche con cui le mafie comunicano, e noi dovremmo tornare all’investigatore con la lente d’ingrandimento?
Impedirne la pubblicazione?
Sono d’accordo sul fatto che le misure cautelari e le informative di reato debbano contenere solo i dati rilevanti e che si faccia attenzione a non coinvolgere terze persone. Ciò posto, se si adottano queste doverose accortezze, le intercettazioni, come tutti gli atti non più coperti da segreto, devono poter essere pubblicate, per consentire una informazione precisa e soprattutto esatta.
Che riforma della giustizia si aspettava dal governo?
Mi aspettavo cambiamenti radicali della riforma Cartabia, visto che gli esponenti di FdI più volte avevano precisato, in campagna elettorale, di non aver votato e sostenuto questa riforma che sta creando solo problemi e una malagiustizia a tutti i livelli. Già i primi dati dimostrano che non solo i processi non si sono velocizzati, ma molti tribunali sono in sofferenza e non certo per colpa dei magistrati, ma perché mancano le risorse necessarie. E questo accade in tutti i settori. Come si può pensare di avere processi telematici se i sistemi ogni due giorni si bloccano?
Ritiene utile la divisione delle carriere?
Assolutamente no e l’ho sempre sostenuto. Il cambio di funzione arricchisce professionalmente il magistrato e non fa perdere al pubblico ministero la cultura della giurisdizione. Si criticano spesso i pubblici ministeri di non acquisire le prove in favore della difesa. Si pensa che con questa riforma le cose miglioreranno? La verità è che la separazione delle carriere è l’anticamera della sottoposizione del pm all’esecutivo.