Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  settembre 18 Lunedì calendario

Intervista a Euridice Axen (ha interpretato Moana)

Euridice Axen, dopo averla interpretata a teatro ritrova la celebre pornostar in Essere Moana, la docuserie prodotta da Verve Media Company e disponibile su Discovery+: è recidiva.
Moana Pozzi è per me un sogno, sfugge alla ragione, ti ci attacchi. Ancor prima di portarla sul palcoscenico in Settimo senso, avevo espresso il desiderio che venisse rappresentata, non necessariamente da me: dopo un mese e mezzo, mi è arrivata la proposta del regista Ruggero Cappuccio, un testo colto, finissimo.
In Settimo senso denuncia la vera pornografia: quale sarebbe?
Quella non dichiarata, subdola, che alberga nella politica, alligna nelle nostre stesse bassezze e menzogne: tutto quel che è volgare, forzato, coatto, e sopra tutto subliminale, questa è la vera pornografia. Nello spettacolo, la mia Moana rivendica: “Io sono il porno per il porno, il nulla per il nulla, il gioco per il gioco”.
Qual è il ritratto che dipingono serie e pièce?
Moana svolgeva un lavoro con grande dignità. Ma la sua figura non corrispondeva a quel che faceva, c’era un distacco sensibile, una scissione palese, che la rendeva misteriosa, enigmatica, affascinante. Non è questione di moralismo: con Moana non capivi se fosse davvero o per finta, ti prendeva in giro, aveva un’espressione sardonica. Come la Gioconda.
Alcuni sostengono che il sesso non le piacesse.
Penso siano affari suoi. In fondo, era un mestiere.
Lei che la conosce bene, c’è in Essere Moana, che annovera le testimonianze del marito Antonio Di Ciesco, Eva Henger, Rocco Siffredi, qualcosa che l’abbia sorpresa?
Che potesse far parte dei Servizi segreti. Plausibile, frequentando i politici, avendo contatti. Ma quando avrebbe iniziato? Se fosse da molto prima che diventasse Moana, sarebbe la nostra Mata Hari, andrebbe oltre qualunque immaginario. Moana era sposata, il fratello era in realtà il figlio: poteva essere totalmente una copertura.

Sfruttando le aderenze politiche, alla voce Bettino Craxi, lavorò con Fabio Fazio a Rai2 e venne ospitata da Pippo Baudo: una pornostar sulla tv generalista.
Ci sono cose di lei, che avrà fatto per far carriera, che io non condivido. Quel lato lì non lo ammiro, saranno stati altri tempi e sarà che lo facevano tutti, ma che ne è delle nostre battaglie?
Oggi una Moana non c’è.
Un mito, che ancora pone delle domande. Come per tutte le icone, da Elvis a Michael Jackson, ci si chiede se sia morta o meno.
Incarnarla?
Settimo senso, che riportiamo in tournée a inizio 2024, richiede un totem, ma la grande accoglienza, l’ironia trascolorano nelle bordate, anche contro il pubblico. Ah, gli spettatori avrebbero voluto che mi spogliassi: forse dovremo rimborsare il biglietto, chissà.
In Loro di Paolo Sorrentino chiede al ministro per cui si toglie le mutandine: “Lo senti l’odore della mia figa?”. Nessuna remora, nessun timore?
Se stai interpretando un personaggio, interpreti quello: c’era un grande regista, e una storia da raccontare, e da raccontare in quel modo. Ma la domanda che mi ha posto a un uomo di solito non la si fa: perché quello femminile dev’essere un atto di coraggio?
Questa mentalità andrebbe scardinata. Io non ho tabù. All’opposto, so essere bacchettona quando una scena, di nudo o meno, è gratuita, senza senso: è lì che si innesca il voyeurismo.
A teatro con Giuseppe Zeno la troveremo presto – la prima al Diana di Napoli il 18 ottobre – in Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto: Lina Wertmüller e Mariangela Melato, due paladine dell’autodeterminazione femminile.
Due donne che han cambiato radicalmente la visione, due donne forti, andate avanti per intelligenza e bravura in un mondo di uomini. Una coppia criminale, veramente, e il loro crimine era l’intelligenza.
La differenza rispetto al film?
Volevamo ridare quel sapore, la pellicola è cult, e la gente vuol vedere quella cosa lì. Se la chiave teatrale già offre una vicinanza diversa, i cambiamenti sono andati nel senso di una attualizzazione del testo: gli scontri politici lasciano il posto al cambiamento climatico, all’immigrazione, alla paura del diverso, all’intolleranza.
La sua Raffaella Pavone Lanzetti, già della Melato, ora con chi ce l’ha?
Non bersaglia i meridionali, ma gli stranieri. Sicché mi trovo a dire cose terrificanti, quel che più odio al mondo: “Ma con tutte le ONG che ci sono nel Mediterraneo vanno solo a raccattare quegli altri?” o “Gennarino, non sarà mica sbarcato da un barcone anche lei?”.