il Giornale, 18 settembre 2023
Intervista a Brigitte Bardot
Dagli anni Cinquanta agli anni Settanta è stata l’icona sexy del cinema francese, simbolo di sensualità e trasgressione, mito che da Parigi ha conquistato il mondo. Dal 1973 la svolta, l’addio al grande schermo, a soli 39 anni e all’apice del successo. Un’esistenza ritirata, in campagna, e il nuovo ruolo di attivista in difesa degli animali, creatrice di una Fondazione a cui ha dato il suo nome e che è diventata una missione di vita. Da ieri a oggi, da sempre, basta una sigla a ricordarne la leggenda. Per tutti è solo BB, Brigitte Bardot. La star dalle due passioni travolgenti. Due come le vite che ha vissuto. La prima da icona del grande schermo, star della Nouvelle Vague, sex symbol in Piace a troppi, il film diretto da Roger Vadim e interpretato da Jean-Louis Trintignant, due dei suoi tormentati amori, che poi diventeranno ex mariti nel turbine di quattro matrimoni. L’altra vita, la seconda, la conduce da eremita, impegnata nella causa animalista, dopo essere stata l’ispiratrice del brano iconico Je t’aime... moi non plus, di Serge Gainsbourg, a cui chiese di scrivere «la più bella canzone d’amore», e dopo aver lanciato, sfrontata e scandalosa, mode intramontabili come il bikini e il topless.
Sono passati 50 anni esatti da quando Brigitte Bardot ha lasciato il set, ha chiuso per sempre con i ciak, le riviste patinate e i paparazzi alle calcagna. Alla vigilia degli 89 anni, BB non mostra alcun segno di pentimento. «Se non mi fossi fermata, avrei fatto la fine di Marylin Monroe», ha detto in una delle rare interviste concesse in questi anni, dopo almeno due tentativi di suicidio che ha definito «un accumulo di disperazione», anche a causa della fama: «La celebrità isola». Nessun rimpianto, dunque, per il tempo che è stato, piuttosto un senso di liberazione per quelle luci che si sono spente sul set per dare spazio alla vita reale, fatta di cose semplici, un isolamento volontario tra La Madrague e La Garrigue, le due case a Saint Tropez dove oggi vive con il marito Bernard D’Ormale, ex dirigente del Front National e amore lungo trent’anni, e con i suoi adorati animali. «È stata una scelta molto difficile, ma un sacrificio definitivo racconta al Giornale – Gli animali lo meritavano». Da allora, le pochissime volte in cui si concede ai media, non vuole parlare d’altro, anche se ha detto come la pensa, nei suoi libri, su vari temi, suscitando forti polemiche. «Sono contro l’islamizzazione della Francia», ha spiegato, e «trovo che sia un peccato che gli omosessuali si emarginino e si ridicolizzino con il Gay Pride». Quando le hanno dato dell’estremista, ha risposto: «Sono di destra, si sa. Anche se mi si taccia d’essere fascista, nazista, camicia nera» . Alla regista Danièle Thompson, che per ripercorrerne la gloria ha firmato la serie tv «Bardot», scrisse una lettera perentoria per chiedere di smetterla di rincorrere il suo passato: «Per favore, dimenticatevi di me. Perché non mi lasciate in pace una volta per tutte?». Eppure nessuno vuole dimenticarsi di lei, che oggi dice di stare «molto bene», nonostante un malore per il caldo a luglio, e ci racconta le ragioni della sua virata, le battaglie per i venerati animali e quel senso di disgusto per un’umanità che ancora si ostina a non capire le ragioni di una diva ribelle.
Quest’anno festeggia mezzo secolo lontana dal set e in prima linea per la causa animalista. La sua ostinazione è un’ossessione?
«Lo chiamerei solo amore, parola che racchiude tutto ciò che provo per gli animali».
C’è forse delusione per gli esseri umani?
«È la presa di coscienza delle condizioni scandalose in cui gli esseri cosiddetti umani trattano gli animali».
Quanti vivono con lei nella casa a Saint Tropez?
«Una cinquantina, tutti salvati dai macelli o da morte certa. Ci sono una giumenta, un pony, un asino, pecore, capre, maiali, galline, anatre e ovviamente cani e gatti».
Vuole raccontarci quando è cambiato tutto?
«È stato a Sarlat, nel sud-est, durante le riprese del mio ultimo film, «Colinot l’alzasottane». C’era una capra che faceva parte della scena e il proprietario ci ha implorato di farla uscire prima possibile. Doveva essere cucinata. Io l’ho comprata e ho giurato che da allora avrei passato la vita a impedire questi sacrifici. L’ho chiamata Colinette e ha vissuto con me per 15 anni».
Cosa fare per garantire agli animali una vita degna?
«Dobbiamo cambiare mentalità, far capire ai cosiddetti esseri umani che gli animali hanno diritto di vivere proprio come noi. Che non sono sulla terra per essere uccisi, mangiati, torturati, al centro di esperimenti. Sono qui per accompagnarci nel nostro modo di vivere. Bisogna guardarli con stima e smettere di considerarli carne viva. Noi, ahimè, siamo ancora cannibali».
Qual è l’animale più sottovalutato?
«Il maiale. È molto intelligente, sensibile, il più vicino al nostro organismo».
Qual è il più difficile con cui convivere?
«Il cosiddetto essere umano».
In Ucraina è guerra. Gli uomini riescono a essere più feroci di certi animali?
«Nessun animale, nemmeno il più selvaggio, raggiunge la crudeltà umana».
Lei ha elogiato gli ucraini che hanno salvato gli animali dopo la distruzione della diga Kakhovka. Cosa significa tutto ciò?
«Che sono coraggiosi, fantastici».
In Francia, quale presidente pensa abbia fatto di più per gli animali? Chi meno?
«In Francia è un disastro. Valérie Giscard d’Estaing mi ha aiutato un po’, ma gli altri zero. Il peggiore è Macron perché è sadico».
Quali considera le sue battaglie più importanti?
«La prima è fermare i sacrifici rituali, gli sgozzamenti halal e kosher. Poi la fine dell’uso della carne di cavallo nell’alimentazione umana, cioè lo stop all’ippofagia, la più nobile conquista dell’uomo. Infine l’addio agli allevamenti intensivi. Sono tre vittorie che aspetto da 50 anni».
Da sempre, lei denuncia pratiche spietate contro gli animali. Quali, in Italia?
«Da voi si mangia cavallo, puledro, soprattutto nel Barese, ed è la cosa che mi disgusta di più degli italiani, che adoro».
Il cinema come tratta gli animali?»
«Come tutti gli altri. È stata approvata una legge che vieta la tortura, la morte di un animale per un film. Ma nella pellicola Una rondine fa primavera, solo per fare un esempio, assistiamo al dissanguamento di un maiale. Orribile».
Gli uomini si dimostrano più stupidi degli animali?
«I cosiddetti esseri umani pensano solo al denaro, non si curano della natura e sono decadenti. Hanno perso gli istinti animali e sono codardi».
Lei a quale animale si paragonerebbe?
«Al cavallo, selvaggio e libero».