Corriere della Sera, 18 settembre 2023
Storia del late show
Chi ama la tv non può fare a meno di guardare «The Story of Late Night», una docu-serie della Cnn in sei episodi (Sky) su un genere televisivo che ha avuto e ha ancora un grande successo negli Usa e che da noi vanta solo pallidi tentativi di imitazione. Si parte dall’esordio del «The Tonight Show» di Steve Allen negli anni ’50, si celebrano gli anni dell’indiscusso padrino dello show serale, Johnny Carson, si parla dell’epica rivalità tra David Letterman e Jay Leno durante la nascita del «Saturday Night Live».
Tra i protagonisti di questo genere Jimmy Kimmel e Conan O’Brien e poi Jimmy Fallon, Chelsea Handler, Stephen Colbert, James Corden, Seth Meyers, Trevor Noah e molti altri. Quante volte ci siamo posti la domanda: perché in Italia non c’è mai stato uno come David Letterman? Sono stati scritti saggi per spiegare la centralità del «late show» nella programmazione della tv americana: non è solo, come molti credono, una tradizione, il rito dell’ultima risata prima di chiudere la giornata, il piacere un po’ perverso che regala la «comicità dell’imbarazzo» con cui i conduttori trattano temi e persone.
Intanto, il «late show» spesso è l’offerta migliore della giornata, che interessa anche quelli che di norma non guardano la tv, basato com’è sulla formula del «comedic journalism»: un comico tratta le notizie della giornata secondo lo schema classico del fool shakespeariano (c’è del metodo giornalistico nella pazzia), rilegge in maniera satirica le notizie più importanti, nei suoi monologhi traspare una presa di posizione politica. Poi, ovviamente, ci sono ospiti illustri (la fortuna di aver uno star system), si ascolta buona musica, si ride.
Nel tempo il modello è cambiato: fino a Letterman i tempi erano più lunghi, l’universo di riferimento era molto televisivo, la stranezza di certi ospiti era ancora considerata una virtù. Con l’avvento di internet, bisogna pensare a sketch che possano diventare delle clip per YouTube o per i social pronte per essere condivise dal pubblico che ignora la tv generalista. Specie gli spettatori più giovani hanno sempre considerato il «late show» come la loro principale fonte di informazione, una zona franca di giornalismo.