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 2023  settembre 16 Sabato calendario

I diktat di Giorgia

ROMA – Non sono gli “appunti di Giorgia”, stavolta. La clip-social di 6 minuti e mezzo pubblicata ieri sera dalla premier Meloni è insieme una resa all’evidenza, sugli sbarchi che la destra aveva promesso di contenere e che invece sono raddoppiati, una carrellata di accuse all’Ue e, terzo, il tentativo di uscire dall’angolo. Una replica allo strappo di Matteo Salvini, che proprio sui migranti ha fatto partire la lunga marcia verso le Europee, cassando la linea di Meloni – «ha fallito» – e arrivando a paventare l’uso della Marina. Linea che invece la premier ora rivendica: «Sono convinta che la strategia del governo italiano sia quella più seria», sostiene guardando dritto in macchina, prima di annunciare che il prossimo Consiglio dei ministri aumenterà la durata del «trattenimento» dei migranti nei centri per i rimpatri, fino a 18 mesi. E che chiederà una missione «anche navale» europea per bloccare le partenze. «Si stanno scatenando in una gara a chi è più cattivo», è il commento della segretaria del Pd, Elly Schlein.
Il video della premier comincia così. Con un’ammissione: «La pressione è insostenibile». L’Italia, dice la leader di FdI, non può «accogliere questa massa enorme di persone», «decine di milioni», che potrebbero lasciare l’Africa nei prossimi anni in cerca di un futuro migliore in Europa. La colpa, sostiene la premier, non è ovviamente degli slogan da campagna elettorale – la retorica destrorsa dei porti chiusi e del blocco navale – che si sono sfarinati alla prova dei fatti, alla prova di governo. Semmai di manovre esterne e interne, è la versione di “Giorgia”. Tra le seconde, l’elenco viene facile, pesca dalla propaganda classica: «interessi ideologici» che intralciano; ex «governi immigrazionisti» che hanno allestito centri per i migranti con pochi posti; da ultimo chi ha osato definire il governo della Tunisia come «un regime oppressivo» con cui non scendere a patti.
Le contestazioni mosse all’Europa sono più soft, perché c’è una trattativa da intavolare. Meloni ha annunciato di avere invitato a Lampedusa, «per rendersi conto», la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, «sempre collaborativa». A von der Leyen, Meloni chiede di sbloccare subito 250 milioni di euro per il governo di Saied, in Tunisia, dove «la situazione è precipitata». Risorse «concordate che non sono ancora state trasferite». Un’altra lettera è stata spedita da Palazzo Chigi al presidente del Consiglio Ue, Charles Michel. Anche qui Meloni racconta di una «pressione insostenibile», arrivando a evocare «un’emergenza esistenziale per la stessa sopravvivenza della coesione nell’Ue». Meloni sembra irritata. Le misure discusse al Consiglio europeo di febbraio, per la premier, hanno avuto «seguiti ampiamente insoddisfacenti, soprattutto in relazione alla rotta del Mediterraneo centrale». Per questo Meloni spera che già al Consiglio Europeo informale di Granada, in programma il 6 ottobre, i leader tornino a discutere della questione. Prova a dettare l’agenda, la presidente del Consiglio. Chiedendo di inserire tre punti: un’azione dell’Ue «nei confronti dei Paesi di origine e transito dei migranti, in particolare dellaTunisia, per la prevenzione delle partenze»; poi lotta ai trafficanti e misure operative per il rimpatrio. Soprattutto, all’Ue Meloni chiede il blocco navale. Tradotto così: «Una missione europea, anche navale se necessario, in accordo con le autorità del Nord Africa, per fermare le partenze dei barconi».
Nel Cdm di lunedì il governo intanto aumenterà la durata del «trattenimento» dei migranti nei centri per i rimpatri. Il limite sarà portato a 18 mesi, mentre per i richiedenti asilo resterà a 12. In parallelo Meloni promette nuove strutture, da far realizzare alla Difesa. «Saranno in località a bassissima densità abitativa, facilmente perimetrabili e sorvegliabili», assicura, presagendouna scia di proteste sui territori.
In coda al filmato ci sono due messaggi. Uno per chi «vuole entrare illegalmente in Italia». Dice Meloni: «Non vi conviene, sarete trattenuti e rimpatriati». Uno agli italiani, che suona come una giustificazione difronte ai numeri flop: «Non abbiamo cambiato idea, ma ci vuole pazienza».