la Repubblica, 17 settembre 2023
Intervista a Ana Blandiana
Dice cose durissime non perdendo mai il sorriso Ana Blandiana, la più grande poeta romena, in prima linea nelle battaglie contro il regime e ora tra le voci più critiche del putinismo armato. Per capire quanto sia amata, basta ricordare che in Piazza dell’Università durante la rivolta anticomunista del 1990 la folla degli studenti gridava il suo nome e recitava i suoi versi. Ci conosciamo in videocollegamento prima che lei si metta in viaggio alla volta dell’Italia per un tour di presentazione del suo libroVariazioni su un tema dato(Donzelli), una sorta di diario dopo la perdita del marito, scritto mentre era in un convento in Bucovina: «Non pensavo di pubblicarlo». Quando la chiamiamo, Blandiana è a Bucarest, nella sede della Fondazione dell’Accademia Civica, un’organizzazione grazie alla quale ha preso forma il progetto del Memoriale delle vittime del comunismo e della Resistenza. Il museo è la grande creazione di Blandiana e del marito, lo scrittore Romulus Rusan, si trova a Sighet, ed è ospitato dentro un ex carcere stalinista. Blandiana ama il nostro Paese e parla un fluente italiano, anche se accanto a lei a rassicurarla c’è il professor Bruno Mazzoni, amico e traduttore di molte sue opere (anche di questo libro).
Il suo nome all’anagrafe è Valeria Otilia Coman, perché scrivere con uno pseudonimo?
«Ho composto i miei primi versi durante il liceo. Mio padre era stato di nuovo arrestato, condannato a sei anni di carcere, e su di me pesava il veto di una circolare diffusa in tutta la Romania in cui si diceva che ero la figlia di un nemico del popolo.
Firmare le poesie col mio vero nome avrebbe significato non pubblicarle, mi sono nascosta allora dietro unnom de plume : Blandiana è il paese di mia madre, in Transilvania. Ana mi piaceva perché fa rima con Blandiana».
Come mai suo padre era stato accusato di essere nemico del popolo?
«Non c’era bisogno di motivi veri».
Era la prima volta che veniva arrestato?
«Era già successo nel 1949, avevo sei anni. Lo presero con l’inganno: le guardie della Securitate che stavano perquisendo la nostra casa nascosero una pistola in un cassetto per poi accusarlo di detenzione illegale di armi. Mi sono sentita in colpa per molto tempo, perché mio padre mi aveva chiesto di non lasciare incustodita la stanza ma io per paura mi ero allontanata. Ho scoperto presto che cos’è la manipolazione».
Ne ha poi parlato in un saggio, “Falso trattato di manipolazione”,
pubblicato in Italia da elliot.
«La manipolazione è il principale strumento che serve a ottenere e conservare il potere. Mediante la manipolazione si elimina la libertà di pensiero e dunque ogni tipo di libertà. È uno strumento che i dittatori hanno sempre utilizzato, il che non significa che esso non sia usato con abilità e efficacia nelle democrazie. Nozioni recenti come fake news, post-verità, correttezza politica lo dimostrano. I populisti sono maestri della manipolazione, e la menzogna mista a lacerti di verità ne è la materia prima».
Dopo il drone russo finito sul suolo romeno, ha paura che il conflitto possa sconfinare?
«Nessuno sa se l’assurdità e l’orrore della crudeltà russa siano una provocazione o assenza di programma. Di fatto la Romania sitrova nell’impossibilità di reagire con azioni concrete, perché ciò comporterebbe il coinvolgimento Nato, dunque il rischio di una mondializzazione del conflitto. Forse il modo più ottimista in cui potrebbe terminare la guerra sarebbe la scomparsa di Putin, dalla faccia della terra o almeno dal potere. Ancora spero che possa accadere».
In questo libro però non c’è politica. È un viaggio dentro di sé dopo la perdita di suo marito.
«In realtà alla fine di questo viaggio ho scoperto che la morte non è una frontiera invalicabile perché il legame con la persona scomparsa rimane intatto».
Che cos’è l’amore per lei?
«Come dice Dante “l’amor che move il sole e l’altre stelle”... Ho sempre cercato di tenere lontano l’odio dai miei libri, anche negli anni peggioridel comunismo. Mio padre era un insegnante e un prete ortodosso, mi sono sforzata di mantenere viva la solidarietà cristiana».
In realtà non è stata facile la vita per lei sotto il regime.
«Durante gli anni della dittatura c’è stata una sofferenza generalizzata, quello che speravo è che con la caduta di Ceausescu le cose andassero meglio. Purtroppo oggi la società romena è interessata solo al denaro e ha tratti di disumanità e indifferenza che mi preoccupano».
Questa è la sofferenza sociale, e la sua personale?
«Ho subito tante persecuzioni. Mi hanno impedito di firmare le mie opere, le hanno censurate. Mi hanno anche vietato di iscrivermi all’università. Solo dopo tre anni di tentativi sono riuscita a entrare alla facoltà di Lettere».
Ci saranno stati momenti di tregua?
«Tra il 1968 e il 1972 abbiamo avuto un periodo di apertura anche sul piano culturale: una fase compresa tra il rifiuto della Romania di entrare con i carri armati a Praga il viaggio di Ceausescu in Corea del Nord».
Allora già conosceva suo marito?
«Ci siamo conosciuti che avevo 18 anni nella redazione della rivista
Tribuna.Mi ha chiesto di sposarlo un’ora dopo. Il matrimonio è durato 56 anni!»
Qual è stato il segreto?
«Prima di tutto la stima reciproca. E poi tante cose in comune: un padre in carcere, la scrittura, l’impegno civile.
Una solidarietà culturale, umana e politica».
E la sua grande popolarità ha creato competizione?
«Credo che Romulos sia stato l’unico scrittore che conosco a non essere geloso della mia fama! (ride,ndr )».