Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  settembre 17 Domenica calendario

Intervista a Elettra Lamborghini

Bella com’è, sostiene che: «A casa sono un cesso fotonico».
«Verissimo, sorella. Vuole sapere come sto adesso mentre parliamo al telefono? Calzini bianchi sporchi di terra, perché sono uscita in giardino. Pantaloncini con seduta da ciclista che sembra porti il pannolone. Toppino sudato, prima mi sono allenata. In cucina, con una coperta addosso e il braccio a mollo nell’acqua ghiacciata perché ho la tendinite e mica guarisce, eh, fa così male che me lo staccherei, santa Maria!».
Colleziona calzini.
«Non so nemmeno quanti sono, due cassettoni pieni, ma metto sempre gli stessi. Oggi indosso quelli con gli avocado. I miei preferiti? Azzurri con le paperelle gialle. O con i gatti. Per il compleanno a mia mamma chiedo sempre di regalarmi calzini, mi rendono felice».
Già che ci siamo riassuma pure quanti piercing e tatuaggi si porta a spasso.
«Mmm… oddio. Uno, due, tre… quindici piercing dermal, che non si tolgono, altri invece li ho sfilati, non ne ho più tanta voglia. E i tatuaggi saranno una decina, alcuni pure sbiaditi. Quello che non cancellerei mai è il leopardo sul sedere, è iconico, poi farebbe troppo male».
Di secondo nome si chiama Miura, come la celebre Lamborghini coupé del 1966.
«Prima lo usavo, ora l’ho tolto, fa confusione. In famiglia abbiamo tutti il secondo nome di una macchina, sono nata così, non gli do peso, per me è come chiamarmi Francesca».
Elettra da bambina.
«Un’esplosione di simpatia e allegria, così mi descrivevano tutti. Sono stata pestifera, per un periodo. Crescendo sono diventata più buona, gli insegnamenti dei genitori mi sono serviti».
Nonno Ferruccio non l’ha conosciuto. «Però ho ereditato il suo genio».
«Ed è così. Di persone che portano un cognome importante ce ne sono tantissime, non tutte riescono a fare quello che ho fatto io. Se il nonno fosse vivo – impossibile, avrebbe un sacco di anni – credo che sarebbe fiero di me».
In garage c’è almeno una Lambo?
«Sì, ma guido raramente ormai. E comunque non lo trovo rilevante. In passato ho avuto automobili rosa, adesso che sono un po’ troppo famosa, molto meglio il nero che non si nota».
È apparsa nel 2016 in «Super Shore», poi il docu-reality «Riccanza» su Mtv, subito regina dei social, primo singolo «Pem Pem» (2018) doppio disco di platino, video da 160 milioni di visualizzazioni: partenza bruciante, come il leggendario motore V12 della Miura.
«Purtroppo questo non mi ha aiutato, quando le cose vanno troppo velocemente finisce che non ti godi niente. Avrei avuto occasioni anche prima, però non avevo il pezzo giusto ed ho aspettato. Sono testarda, finché non ottengo quello che voglio ci sbatto la testa pure mille volte. E non sono mai contenta. Appena conquisto un obiettivo, me ne pongo subito un altro. Se mi guardo indietro, però, vedo che ho fatto una bella strada. Avrei dovuto fermarmi, qualche volta, e darmi più pacche sulle spalle».
Adesso è uno dei quattro giudici a «Italia’s Got Talent» su Disney +. Il suo talento qual è?
«Non voglio elogiarmi da sola, ma credo che la mia dote principale sia arrivare dritta alle persone. Il carattere è la fonte del mio successo».
Finora è stata buonina con i concorrenti.
«Perché nessuno ha fatto una performance così di m..., glielo avrei detto alla grande».
Qualcuno ha mai stroncato lei?
«Qualche no l’ho preso, sempre motivato. Mi ha ferito però mi ha pure rafforzato. “Ora ti faccio vedere io”. E ripartivo».
L’ereditiera più amata dagli italiani.
«Non penso che la gente mi veda più così, non sono qui solo per il mio cognome pesante, voglio avere una mia identità. Non mi sento né ricca né famosa, per me tutte le persone sono uguali su questa terra. Quando mi fermano per strada o mi guardano sbalorditi, non lo capisco. Vorrei dirgli: “Ehi, sono proprio come voi eh”. Mi metterei seduta a parlare con tutti».
Sul web le tocca la sua dose di odiatori.
«Qualche giorno fa avrei voluto rispondergli per benino, ma il mio ufficio stampa non sarebbe stato contentissimo. Con la fama è compreso anche questo, ti ci devi abituare. Certo che il mondo sarebbe più bello se ognuno si facesse i cavoli suoi. Sono sensibile, ci resto male. Prima magari pubblico una storia “cazzuta”, poi la notte ci ripenso e mi sento giù. Fortuna che i miei hater non sono tanti».
Perché le piace tanto il twerking?
«Mah, ho vissuto in Messico e in America Latina, lì è un ballo normale, non c’è niente di volgare. Dipende se uno shakera bene le chiappe. Io porto una calza a rete, così il fondoschiena non si muove molto. I bambini – a cui piaccio tanto – non ci vedono niente di strano».
Agita, agita, le è venuto il colpo della strega.
«Oh ma mica per il twerking. In viaggio sudo, appena ho una pausa mi metto di schiena verso il condizionatore, una mazzata».
Lolita.
«Il mio primo cavallo. Avevo dieci anni. Appena l’ho vista ho deciso che doveva essere mia. Me ne sono innamorata. Non ci dormivo la notte, per paura che la comprasse qualcun altro. Ho tormentato mio padre, finché un giorno, mentre la stavo montando, mi ha gridato: “È tua!”. Un momento che ricorderò per sempre».
«Mi ha salvato la vita», ha raccontato.
A Sanremo
Nel 2020 a Sanremo
mi hanno creato troppa ansia. Di solito sono a mio agio sul palco. Lì invece ero una pecorella spaurita e ho preso
anche l’influenza
«A quell’età si passano momenti difficili. Lolita era la mia migliore amica, mia madre, mia figlia, il mio tutto, vivevo per lei, disegnavo solo lei. Quando è morta, tre anni fa, sono stata malissimo, non riuscivo ad accettarlo. Faccio fatica ancora adesso. Sono andata dallo psicologo per farmi aiutare. C’è gente che non capisce, ma il dolore che si prova per la perdita di un animale è forte, profondo, non va mai sminuito».
Di sé dice: «Sono una bonacciona».
«Sì, totale. Oh Gesù, credo di avere un buon carattere, tranne la poca pazienza, specie nel lavoro. Non vivo bene i tempi morti. E sono schietta, pure troppo. Dovrei rilassarmi di più».
Sui social mette foto super-sexy.
«Chi guarda solo quelle si fa una certa idea. Ma chi vede anche le mie storie conosce un’altra Elettra, che di sexy non ha niente. Cucino, taglio i cespugli in ciabatte».
Si pente di qualcosa fatta o detta?
«No. Ovvio, avrei voluto non fare certe cose, ma sono anche quelle che mi hanno portato ad essere la Elettra che sono oggi».
Cosa la fa arrabbiare?
«I social mi vanno sempre meno a genio. Siamo diventati una massa di pecoroni. Mi preoccupa la negatività, la cattiveria, non la capisco».
Nel 2020 a Sanremo con «Musica (e il resto scompare)».
«Santa Berenice, che stress! Mi hanno messo addosso troppa ansia: “Oddio, oddio, il Festival”. Di solito sono a mio agio, mi piace un sacco. E di palchi anche più grandi ne avevo già calpestati. Lì invece ero una pecorella spaurita, ho preso l’influenza, facevo l’aerosol. Insomma, potevo fare di più. Ho una canzone molto bella, se dovessi tornarci quest’anno, porterei quella».
Statua al Museo delle Cere di Amsterdam.
«Le hanno cambiato abito, l’altro è in manutenzione, perché cercano tutti di spogliarla e toccarle le tette. Pare che porti bene, come pestare gli attributi del Toro in Galleria a Milano».
Santa Maria, Santa Berenice.
«C’è anche Sant’Alò “che prima morì e poi si ammalò”. Un intercalare molto bolognese. Sono credente, forse non dovrei usarlo».
Il 26 settembre fa 3 anni di matrimonio con il dj Nick van de Wall, ovvero Afrojack.
«Incredibile, il tempo passa veloce, sembra ieri. Festeggiamo in Svizzera, in un centro detox, sì fa ridere. Niente telefonini. Si mangia poco e niente. Le coppie che riescono a non litigare significa che sono davvero molto affiatate».
Come vi siete conosciuti?
«A un Festival, suonavo prima di lui, ci hanno presentato. Ero concentrata sulla carriera, a sposarmi a 26 anni non ci pensavo proprio, magari a 36. Non avevo mai avuto storie serie. Il primo ragazzino al liceo, è durata un anno, poi basta, non mi sono più interessata all’amore».
E invece?
«Con Nick l’ho capito subito, è vero, succede così, ho deciso che volevo stare con lui».
«Buoni come lui non ne fanno», ha detto.
«Ed è vero. È buonissimo, paziente, ci siamo incastonati perfettamente. Tranquillo. Non mi piace uscire la sera, sono stanca, molto zen, non festaiola,vado a letto presto. Con lui posso essere me stessa, il nostro è un amore come tra padre e figlia, non platonico, ma incondizionato, gli voglio bene a prescindere».
Un difetto lo avrà pure lui.
«Ma no, ognuno ha il suo carattere. Disordinato, ritardatario, ma lo sono tutti gli uomini, allora anche io faccio la doccia che dura tre anni, se guardi queste cose non vai da nessuna parte».
Al suo compleanno gli ha promesso: «Farei di tutto per renderti felice».
«Ed è così. Vedendo quanta gente si lascia ci resto male. I miei nonni sono stati insieme 50, 60 anni, vorrei arrivarci anch’io».
Non è gelosa.
«Non me ne dà modo e nemmeno io. Non mi approccerei a un altro uomo nemmeno se mi pagassero, non me ne frega niente, ma era così anche prima di Nick, sto bene con i miei amici, i miei cani, i cavalli, i miei fan».
Tempo fa gli regalò un alpaca.
«Cloud, è ancora qui in giardino, Nick è stato molto contento. Non è tanto affettuoso ma ogni animale ha un suo linguaggio».
Ha realizzato i sogni o gliene restano ancora?
Piercing e bolidi
Ho 15 piercing e una decina di tatuaggi. In garage ho una «Lambo», ma guido raramente. Ho avuto auto rosa, ora sono troppo famosa: meglio il nero che non si nota
«Una marea, sorella, però non le posso dire quali, sennò non si avverano. Senza sogni non ci sarebbe la motivazione per vivere. Come non potrei mai stare senza lavorare. Un giorno, quando avrò meno pensieri e sarò più vecchietta, vorrei aprire una scuola per i bambini. O aiutare cani e gatti randagi».