Corriere della Sera, 17 settembre 2023
Estradato il figlio de Il Chapo
Alle 10 di venerdì mattina Ovidio Guzman Lopez è salito a bordo di un piccolo jet Bombardier ed è stato trasferito a Teterboro, New Jersey, Usa. Un aereo simbolo. È lo stesso velivolo usato dai federali messicani per trasportare il padre, Joaquin detto El Chapo, dopo la terza cattura nel 2016.
La tradizione continua. Perché entrambi sono ora nelle mani della Giustizia americana, poco clemente a meno di non dire tutto ciò che si sa. E Ovidio, a leggere le carte investigative, potrebbe «cantare» per settimane.
Insieme ai fratelli Ivan e Jesus, ha guidato il cartello di Sinaloa. Sono i Los Chapitos, gli eredi dell’impero messo in discussione dai nemici, come Jalisco o ex sodali, e dalle immancabili dispute interne che si trasformano in faide con montagne di cadaveri. Dovrà affrontare numerosi processi, probabilmente il primo a Chicago, una delle metropoli americane dove la sua organizzazione ha messo radici, poi ve ne saranno altri in quanto i trafficanti hanno creato una rete gigantesca con città trasformate in depositi, centri di distribuzione, spaccio. Le conseguenze sono state devastanti per il tessuto sociale in quanto i narcos hanno stretto patti con gang di quartiere, a loro volta impegnate in lotte per il controllo del mercato.
Inseguiti da taglie milionarie statunitensi, protetti da sicari e collusioni, i figli del padrino hanno continuato a gestire gli «affari» mentre, nel contempo, hanno ingaggiato scontri durissimi con i concorrenti. Ovidio, noto anche come El Bebè, 33 anni, era stato preso una prima volta nel 2019 a Culiacan, però era stato rilasciato per paura di una rappresaglia. Una liberazione scandalosa, una pagina di storia ribattezzata il «Culiacanazo». Il Messico, se avesse voluto dare una prova di efficienza, avrebbe dovuto trovare una risposta e alla fine di gennaio è riuscito a riprenderlo, sempre a Culiacan. Operazione accompagnata dalla reazione successiva dei seguaci, che misero la città a ferro e fuoco, facendo quasi 30 morti. Interessante, però, che alla fine abbiano deciso di «passare» il prigioniero dall’altra parte del Muro, consegnandolo a una magistratura che lo aspetta con una sfilza di accuse.
Nell’atto di incriminazione contro i Los Chapitos sono inseriti omicidi, stragi, invio di droga con aerei, semisommergibili, tunnel e qualsiasi cosa sia utile per questa missione. Quindi rapimenti, torture indicibili sulle loro vittime, negli atti sono descritte in particolare quelle inflitte a due agenti. C’è poi una nota precisa sulla diffusione negli Stati Uniti del fentanyl, droga potente mescolata ad altre sostanze responsabile di centinaia di overdose letali. Minaccia immensa. È un veleno prodotto in laboratori sul territorio messicano con l’uso di sostanze provenienti dalla Cina, accusata a sua volta di fare poco per prevenire il contrabbando. Una fonte di tensione aggiuntasi al contrasto diplomatico Washington-Pechino.
I dossier parlano da soli, la legge statunitense può essere veloce nel giudicare, ha carceri speciali per criminali di livello. Ovidio ha davanti tre modelli. Il primo è quello del padre, chiuso nel suo silenzio, non collaborativo e imprigionato in Colorado. Il secondo è incarnato dalla moglie del boss, Emma Coronel, liberata pochi giorni fa dopo aver scontato meno di tre anni in un penitenziario della California. Buona condotta. Il terzo è il pentimento di diversi gangster messicani una volta messi nelle mani dei «gringos». Scelta non priva di rischi – la vendetta è dietro l’angolo – e nel caso di Ovidio più complessa perché dovrebbe testimoniare contro i fratelli.