Corriere della Sera, 17 settembre 2023
I divi «all’asta» per sostenere lo sciopero
Lo sciopero degli attori e degli sceneggiatori di Hollywood svuota i red carpet dei festival, ne occupa le conferenze stampa – chi ci è andato, a Venezia, come Adam Driver, non ha resistito a sparare a zero sui giganti della distribuzione come Amazon e Netflix – e se andrà avanti ancora due settimane, com’è probabile, svolterà il 4 ottobre la boa di 155 giorni, cioè dello sciopero più lungo della storia degli Stati Uniti.
Nel frattempo regala immagini da storia del cinema: l’ex Barbie Margot Robbie in corteo, vestita solo di una lunga t-shirt e di occhiali da sole che brandisce il cartello «Sciopero!»; i cartelli più arguti della storia del sindacato, perché scritti dai dialoghisti delle serie («Plot twist! Non posso più permettermi casa mia!»); l’ex «Tata» Fran Drescher, presidente del sindacato attori, che conciona a pugno alzato contro l’«ingordigia» dei produttori. Ma non abbiamo ancora visto niente.
Per autofinanziarsi, i sindacati Sag-Aftra e Wga, che rappresentano appunto attori e sceneggiatori, hanno indetto un’asta su eBay che promette di regalare altre scene indimenticabili. L’attore Adam Scott porterà a spasso il cane del miglior offerente per un’ora; l’attrice Natasha Lyonne, indimenticabile tra gli altri ruoli in «Orange is the New Black», andrà a casa di chi offre di più, la domenica, per aiutarli a risolvere il cruciverba del New York Times; la sceneggiatrice Lena Dunham si inventa artista murale, e promette un affresco a casa di chi se lo aggiudica.
E così via. L’asta è indetta sul profilo eBay della casa Matchfire Auctions (profilo: Matchfireauctions9d) e restano, per fare offerte al rialzo, cinque giorni e qualche ora.
In Rete
Su eBay si vendono cimeli e prestazioni per autofinanziarsi: anche portare a spasso il cane
Finora ha catturato più attenzione un cappello usato e autografato (all’interno) da una leggenda della musica: il 73enne Tom Waits. La base d’asta partiva da mille dollari, siamo a più di 4 mila. Tutto lo staff della serie «The Bear», ambientata in una cucina, ha indossato e autografato un severo grembiule blu. L’ex Harry Potter Daniel Radcliffe vende una «bizzarra» (sic!) camicia hawaiana, che ha anche autografato. Il regista Spike Jonze una «leggendaria» tavola da skateboard. Incredibilmente, per venti minuti con l’attrice Maggie Gyllenhaal, a cui si possono rivolgere «fino a 20 domande», si pagano «solo» 1.500 dollari (per il momento, in attesa di offerte più alte). E così via.
Attori e sceneggiatori, ciascuno con le sue peculiari battaglie, rivendicano in sostanza diritti per cui combattono anche lavoratori più comuni. Una maggiore trasparenza dei profitti che le aziende di produzione, da Netflix a Paramount, fanno con il loro lavoro, mentre invece ora c’è uno scarso obbligo di diffondere i dati di abbonamento e di ascolto.
Tutele contro la possibilità di essere rimpiazzati da intelligenze artificiali, o perfino da «deepfake» cioè video realistici prodotti artificialmente a partire dalle loro facce. In maggiore sintesi, come chiesto da Fran Drescher nel discorso col quale avviava lo sciopero, «una maggiore redistribuzione dei proventi. Le case di produzione piangono miseria e distribuiscono centinaia di milioni di dollari ai loro manager. Li condividano con noi: senza di noi non esistono».
Difficile, come del resto nel grande cinema, non immedesimarsi.