Corriere della Sera, 16 settembre 2023
Il sondaggi di Pagnoncelli
Il rapporto con l’Europa è questione centrale per il governo Meloni. I problemi in discussione, in qualche caso con le coloriture dello scontro, sono oramai consistenti: dal tema del Mes non ancora rinnovato alla questione del Pnrr (che vede finalmente lo sblocco della terza rata), dalla trattativa su Ita, con l’Europa accusata di traccheggiare, fino alla questione del patto di Stabilità e della sua revisione. Per non parlare del tema migranti, che assume oramai gli aspetti dell’emergenza. E tacendo infine delle critiche rivolte al commissario Paolo Gentiloni di non fare abbastanza per il proprio Paese.
Le elezioni europee sono ancora lontane, tuttavia il loro influsso sul dibattito politico nazionale è sempre più rilevante. Ma gli italiani come si rapportano all’Europa e come valutano i principali temi in discussione?
La fiducia nell’Unione europea, ancora prevalente fino a una decina d’anni fa, si contrae sensibilmente per riprendersi successivamente, nel corso della pandemia e grazie ai pesanti interventi di sostegno ai Paesi membri e al next-generation Eu, ma senza tornare ad essere maggioritaria. Oggi il 39% dichiara fiducia nell’Europa, il 48% esprime sfiducia. Non è solo, e forse non soprattutto, questione di orientamento politico. Certo, gli elettori pd sono europeisti senza se e senza ma (78% di fiducia), ma negli altri elettorati le opinioni tendono ad essere più equilibrate con gli elettori di Fratelli d’Italia e Movimento 5 Stelle più critici (ma in entrambi i casi circa il 40% esprime fiducia in questa istituzione). È molto di più questione di condizione sociale: sono i ceti popolari ad essere critici verso l’Ue (due terzi degli intervistati meno abbienti nega la fiducia all’Europa), al contrario i ceti medio alti sono favorevoli all’istituzione.
Pur in questo contesto critico, si tende a ritenere che il rapporto del governo italiano con l’Europa sia più positivo (46%) che non negativo (30%). Questo indubbiamente grazie alle capacità diplomatiche, da molti sottolineate, della presidente del Consiglio.
I nodi
Sul Pnrr prevale (35%) chi attribuisce le difficoltà alle mancate riforme dell’esecutivo
Questione più complessa invece il Pnrr. Le difficoltà nel perseguire i risultati richiesti sono attribuiti dal 35% alle difficoltà del governo nel procedere sulla strada delle riforme (71% tra gli elettori pd, 53% tra i 5 Stelle), dal 18% invece alle scarse capacità dei governi precedenti, Conte e Draghi, (31% tra gli elettori di FdI), mentre il 10% accusa la burocrazia europea e il 9% non vede rallentamenti.
L’altro grande tema, incognita del prossimo futuro, è la revisione del patto di Stabilità. Prevale in questo caso l’idea di una sua revisione, nel solco delle proposte del governo di escludere alcune spese dal conteggio del deficit (38%), ma il 28% pensa che debba essere riproposto sostanzialmente nelle forme pre-Covid (53% tra gli elettori del Partito democratico). Rilevante la quota di chi non si esprime (35%).
Infine, un contenzioso sempre più evidente è quello relativo alla compagnia di bandiera, l’Ita, per la quale il governo accusa l’Ue di inaccettabili ritardi. In questo caso le opinioni degli italiani tendono a essere meno drastiche: il 37% invita il governo a percorrere tutti i canali diplomatici necessari (66% tra gli elettori pd, 55% tra i pentastellati), mentre 31% si schiera a favore delle lamentele del governo (58% tra gli elettori di FdI, 54% tra le altre forze di centrodestra).
E, in conclusione, quale sarebbe l’atteggiamento migliore da tenere nei confronti dell’Unione europea? Qui le opinioni si dividono quasi perfettamente a metà. Il 39% infatti ritiene che il governo dovrebbe battere i pugni sul tavolo, con un atteggiamento più rigido che faccia valere meglio gli interessi nazionali. Il 38% al contrario reputa che occorrerebbe essere più collaborativi, perché questo sarebbe il modo migliore per fare gli effettivi interessi del Paese. Con differenze interessanti: gli elettori pd massicciamente schierati sulla collaborazione (76%), mentre questa ipotesi viene sostenuta più freddamente dagli elettori pentastellati (48%). Nel centrodestra l’opzione di irrigidimento è sposata dai due terzi circa (ma un terzo sarebbe «trattativista»). Insomma, l’Europa rimane un tema divisivo, che in qualche modo produce atteggiamenti parzialmente diversi sia nel centrodestra che tra i 5 Stelle. L’unica certezza è che il Partito democratico è rimasto l’ultimo partito europeista.