La Stampa, 17 settembre 2023
Lo schiaffo di Marina
Vai a fidarti della monarchia. Ne metti su una nuova e quella vecchia risorge all’improvviso e prova a farti lo sgambetto. Ieri la sovranità apparentemente assoluta di Giorgia Meloni si è ritrovata all’improvviso tra i piedi la regina mancata del berlusconismo, Marina, quella che per anni fu indicata come l’erede al trono, rifiutò ostinatamente lo scettro e adesso batte banco contro il più identitario tra i provvedimenti economici della destra, la norma che colpisce gli extra-profitti bancari. A Marina Berlusconi non bastano gli 11 emendamenti già presentati da Forza Italia per smontare il provvedimento, vuole chiarire che c’è un suo impegno personale contro la norma. La tassa sulle banche non le piace a partire dal nome che le sembra demagogico: «Chi stabilisce quanto profitto è extra e quanto è normale? E quale è la misura?». Non le piace nel merito e anche nel metodo, che poi è la scelta solitaria di Giorgia Meloni, la decisione di varare l’intervento in Cdm senza nemmeno avvertire Antonio Tajani. Rende l’Italia «meno attrattiva» per gli investitori esteri. Forse è pure incostituzionale.
Fin qui il testo. Poi, c’è il sottotesto che come sempre è più importante di ciò che viene detto con chiarezza e lo è soprattutto nei sistemi di corte, dove i messaggi si scambiano negli spazi vuoti piuttosto che in quelli riempiti con l’inchiostro. La famiglia Berlusconi fa presente che non intende rinunciare al potere sulle scelte pubbliche che ha avuto per vent’anni. Si ritiene tuttora azionista della maggioranza che sostiene l’esecutivo e farà pesare le sue sue quote. E se qualcuno ha coltivato il progetto di separare il partito fondato da Berlusconi dagli eredi di Berlusconi (e specialmente dalla sua primogenita), beh, si è sbagliato. La separazione è impossibile. Meloni può pure arrogarsi il diritto di agire alle spalle di Tajani perché «la misura non doveva girare troppo», ma c’è una co-regnante di cui deve tener conto: lei non può essere ignorata, soprattutto quando una legge tocca il suo impero e costringe Mediolanum ad aprire il portafoglio.
È il vecchio pedaggio dovuto al berlusconismo che si riaffaccia in forma diversa ma non meno vincolante dei tempi in cui, da posizioni di minoranza, la destra doveva regolarmente sottomettersi a norme palesemente ad personam sulle tv o sulla prescrizione, a nomine e candidature che giudicava imbarazzanti, a scelte, alleanze, show personali che facevano a pugni con il suo modo d’essere e talvolta anche con i suoi interessi. Almeno in due occasioni Giorgia Meloni ha pensato di poter archiviare quel fardello in modo definitivo. La prima, con Silvio Berlusconi ancora vivo e attivo, quando la premier incaricata stroncò con un secco «non sono ricattabile» il pressing forzista sulla scelta dei ministri e la minaccia di far saltare la votazione per la presidenza delle Camere. La seconda, dopo la morte del Cavaliere, quando una lunga invettiva di Marina sulle persecuzioni subite dal padre, con richiesta di intervento sugli inquirenti, fu liquidata come un’esternazione a titolo personale: «Marina Berlusconi non è un soggetto politico», disse la presidente del Consiglio, e la cosa sembrò finire lì.
Ma sostituire una monarchia con un’altra si sta rivelando più complesso del previsto. E ora che la partita con la vecchia sovranità berlusconiana si riapre, la destra dovrà pure contenere l’irritazione, perché Marina parla a margine dell’assemblea di Confindustria, come imprenditrice e titolare di un impero, e se in materia di giustizia si poteva dire «è lo sfogo di una figlia» qui no, qui sta nel suo. Qui si intesta una battaglia economica rilevantissima per l’intero settore bancario e si fa capofila dei mugugni di larga parte del mondo industriale. Per di più tutti sono consapevoli che lei e i suoi fratelli sono di fatto i padroni economici di Forza Italia, di cui garantiscono con il loro patrimonio gli enormi debiti, e da quell’investimento si aspettano evidentemente un ritorno in termini di attenzione: escludere il «loro» partito dalle riflessioni preventive sulla tassa è uno sfregio che dovrà essere riparato. Insomma, stavolta sarà assai più difficile scansare l’opinione e le richieste di Marina come politicamente irrilevanti. E bisognerà prendere atto che, contro ogni aspettativa e previsione, c’è un’altra regina in città di cui tenere conto