Robinson, 17 settembre 2023
Su Altan
La prima volta che mi sono occupato di un Tullio- Altan non si trattava di Francesco ma di Carlo, suo padre, un antropologo di formazione crociana, il cui saggio Lo spirito religioso del mondo primitivo era stato proposto nella collana La Cultura del Saggiatore di Alberto Mondadori da due eminenti consulenti come Remo Cantoni e Ernesto De Martino, anticrociani per antonomasia. Correva l’anno 1960, in coincidenza con la pubblicazione, nella stessa collana, diTristi Tropicidi Claude Lévi-Strauss, battistrada di un’inedita fortuna, per il nostro Paese, di discipline quali l’etnografia, l’antropologia, la sociologia e la psicologia. Il successo del Saggiatore scatena la concorrenza, di cui un esempio è la collana Uomo e societàavviata nel 1962 alla Bompiani da Umberto Eco, pronto ad accogliere il transfuga Altan Carlo, i cui testi, Antropologia funzionale (1968) eManuale di antropologia culturale (1971) si pongono in polemica con Lévi-Strauss. Devo dire che la mia attenzione per Carlo nasce dall’intento di poter cogliere un nesso tra gli interessi e la produzione scientifica del padre e la poetica del figlio. Solo a scorrere la sua vasta bibliografia, approdata sotto varie sigle editoriali, ricorrono temi, talora evocati fin dai titoli, sugli aspetti critici della società italiana, l’arretratezza socio-culturale di una democrazia incompiuta, i nodi di produzione e la lotta di classe, trasformismo, clientelismo, populismo, ribellismo… La voce è di un liberale, che ha militato nella Resistenza nelle brigate di Giustizia e Libertà. C’è da dubitare che il giovane Francesco, svogliato e inconcludente universitario, emigrato in Brasile, fresco sposo della bellissima Mara e papà di Kika, per la quale inventerà la Pimpa, presto impegnato, al suo ritorno in patria, in una superproduzione creativa, abbia avuto l’occasione di leggere qualche libro del padre. Non ci resta che pensare a una qualche forma di osmosi silenziosa (Francesco è notoriamente un friulano di poche parole): forse Cipputi & Co. hanno anche un nonno. Il primo libro di Cipputi, dopo essere transitato a puntate su Linus, diretto da Oreste Del Buono, esce nel ’77 da Bompiani con una prefazione di Lietta Tornabuoni. Si impianta su un terreno già ben presidiato fin dai primi anni 60, quando Eco, sempre lui, aveva pubblicato: gli amati Peanuts di Schulz; Jules Feiffer, un modello per Altan;Mafalda di Quino e, nel ’73, i primi testi comici da cabaret di Woody Allen, tradotti da lui stesso in collaborazione con Cathy Berberian, come già avevano fatto per Feiffer. Dal ’75 Umberto è, finalmente, in cattedra a Bologna e Del Buono, direttore editoriale di breve durata, fa in tempo a pubblicare, con Cipputi, I frustrati di Claire Bretécher, nuovo astro della bande dessinée d’Oltralpe. Roland Barthes, primo dei suoi sostenitori, la proclamò: «il nostro migliore sociologo d’oggi». Venne spontaneo a molti di noi sostenere allora che «Altan è oggi il nostro migliore antropologo», poiché la sua visione critica socio-culturale procede da interpreti individuali, riconoscibili campioni della stirpe italica. A renderceli più familiari, oltre a peculiari tratti fisiognomici, è anche il criterio adottato di iterazione iconica: poche variazioni di postura per esaltare l’effetto umoristico del testo, e per le donne addirittura l’immobile formato tessera: busto nudo, sexy, sfrontate, imperturbabili. L’umorismo, peraltro, non di rado è intriso di fiele come ha sottolineato Eco: «Grazie Altan per tutti i bocconi amari che ci obblighi a ingoiare». Al rigore grafico delle vignette si oppone la fantasia sfrenata, orgiastica dei racconti (graphic novel, oggi), che Altan avvia al suo debutto, sempre nella seconda metà degli anni ’70, vagamente ispirati alla narrativa popolare dei feuilleton, quindi pubblicati prima a puntate su Linus,o volti alla demitizzazione di eroi e santi quali Cristoforo Colombo, Casanova e Francesco d’Assisi (oggi tutti pubblicati da Coconino Press, ndr).«La fantasia di Altan lavora sull’abbondanza. Le sue storie straripano, invadono, come le forme fisiche che disegna. È sempre il racconto di uneccesso narrato come quotidiana normalità», così Nico Orengo nell’introduzione a Romanzi sconvenienti(’99), un volume antologico delle sue più irresistibili storie che mi è riuscito di affiancare alla serie di Cipputi. La prima, Ada nella jungla, racconta di una prorompente adolescente inglese di buona famiglia che abbandona il collegio e l’amata insegnante per inseguire in Africa, accompagnata dalla conflittuale ma obbediente cameriera, un cugino, pedina essenziale per un’importante eredità. Ada è il prototipo dell’immaginario femminile di Altan, e pare che Mara non fosse estranea all’ispirazione del disegnatore, anche se esegeti più sofisticati vedevano, in certe pose di Ada, riferimenti alle odalische di Ingres e Delacroix. Le insidie della giungla, si sa, sono infinite ma il peggio arriva dai parenti e dagli amici altoborghesi. Una cosa che mi ha colpito è l’atmosfera LGBT ante litteram del romanzo: qui l’eterosessualità è materia esclusiva per cameriere e indigeni. D’altra parte, pure in Colombo(’79), forse per combattere la noia, l’ambizioso navigatore con il mal di mare divide il letto con il giovane mozzo. Il mio rapporto editoriale con Francesco, vent’anni dopo Carlo, alla Bompiani è stato inferiore alle aspettative, nonostante i buoni rapporti con il suo formidabile agente, l’ispanista Marcelo Ravoni. Certo, Cipputi era ben presente nel catalogo grazie ai miei illustri predecessori, ma la sua multiforme produzione era appannaggio di altri editori.Ricordo la mia incredulità e rabbia quando il management della Rizzoli, in un momento di fusione con il Gruppo Fabbri, di cui la Bompiani faceva parte, ritenne “non strategico” il settore, in precedenza acquisito dalla Milano Libri di Giovanni Gandini. Oltre alla Pimpa, gli strateghi di via Solferino si sbarazzarono anche diMaus di Art Spiegelman. Per quest’ultimo ho fatto un tentativo disperato di recupero, trovandomi seduto al suo fianco in un volo New York-Milano, e invitandolo a pranzo il giorno dopo assieme a Eco, di cui era amico e che gli avrebbe scritto un’introduzione per una eventuale nuova edizione Bompiani. Lì per lì non ci diede una risposta, ma poi ho saputo che aveva già firmato con Einaudi.Oggi la Pimpa ha trovato ricovero presso Panini. Pimpa, la più universale creazione di Altan, il cui padrone, Armando, è piuttosto un amico paterno al quale confidare la sua inesauribile curiosità e voglia di partire alla scoperta di cose sempre nuove, con la sua fresca ingenuità, la contagiosa simpatia ha catturato l’affetto di tanti bambini, senza frontiere.