Avvenire, 17 settembre 2023
La Cina sforna un nuovo micidiale drone kamikaze
Si chiama Sunflower-200, ha una lunghezza di 3,2 metri, un’apertura alare di 2,5 metri e una velocità di volo di 160-220 chilometri all’ora. Può viaggiare fino a 2mila chilometri per colpire obiettivi. E, soprattutto, può trasportare un peso (leggi una carica esplosiva) di 40 chilogrammi. È il nuovo drone kamikaze, la versione cinese dello Shahed-136 di fabbricazione iraniana, con il quale Pechino – secondo quanto scrive il sito Asia Times – è pronta a inondare il “mercato” della guerra. Perché una cosa è ormai assodata: lo scenario ucraino ha definitivamente cambiato il modo di combattere. Il nuovo drone kamikaze cinese finirà nei campi di battaglia ucraini? Pechino ha fino ad oggi adottato un atteggiamento molto cauto per non incappare nelle sanzioni occidentali. Per gli analisti militari, i “buchi” nell’industria bellica russa, legati soprattutto alle difficoltà di approvvigionamento, potrebbero però mutare gli equilibri e cambiare le carte in tavola. Secondo Asia Times, «le aziende russe hanno importato almeno 37 droni cinesi per un valore di 103.000 dollari tra dicembre 2022 e aprile 2023, designati nei documenti di sdoganamento per “operazione militare speciale” della Russia». Le aziende russe hanno anche pagato alle imprese cinesi «1,2 milioni di dollari per dispositivi che rilevano e bloccano i droni nemici». E i “rivali”? Non stanno a guardare. Il mese scorso, il vicesegretario alla Difesa Usa, Kathleen Hicks ha presentato il nuovo programma “Replicator” del Pentagono, il cui obiettivo è consentire all’industria bellica americana di sfornare migliaia di droni da combattimento “economici e intelligenti” per qualsiasi conflitto futuro. Come ha spiegato il sito InsideOver, «il dipartimento della Difesa intende creare migliaia di veicoli aerei senza pilota economici da qui al 2025». L’iniziativa, ha specificato Hicks, punta a contrastare la Cina con una “massa” di droni nonché la messa in campo di un esercito “più agile”.
Gli Usa temono che Pechino possa sfidare sempre più l’esercito americano in termini di “più navi, più missili, più persone”. E dunque ecco le contromosse: puntare su uno strumento “agile” come i droni. Secondo la Reuters, «siamo davanti a un capovolgimento della visione convenzionale degli ultimi decenni, in cui gli Stati Uniti erano il leader incontrastato in termini di grandi piattaforme militari – bombardieri a lungo raggio, portaerei e simili – mentre i rivali come la Cina inondavano il mondo con mezzi e armi a basso costo».