il Fatto Quotidiano, 15 settembre 2023
Mangiare carne a Cuba
Sono le sei di mattina. Dayron, un giovane musicista dell’Avana, è in coda all’ingresso di un supermercato nel quartiere Vedado dove si vende in moneda libremente convertible (mln), in dollari o euro. “Di solito – mi dice – io non compro in questi negozi. I prodotti sono troppo cari e i dollari che mi manda mio fratello da Huston, Texas, non mi bastano. Ma ieri mi è arrivata su Whatsapp una comunicazione ‘segreta’: oggi vendono casse di pollo con un forte sconto, perché sta per scadere la data di conservazione”. Dayron spiega che in questo caso la coda, lunga e sotto un sole feroce, vale la pena farla. Perché ha il frigo vuoto. E perché una parte della cassa (15 kg) di pollo la può rivendere (al mercato nero). Però, il messaggio ricevuto non è segreto, già all’alba la coda si allunga.
“Ci deve essere per forza qualcosa di sbagliato in un Paese in cui il pollo, o il latte in polvere, sono ricercati al mercato nero più della cocaina. O se una cassa di pollo vale più del salario medio (attorno ai 3.900 pesos cubani, cup) e un cartone di uova più del salario minimo (2.100 cup)”, afferma l’economista, oppositrice del governo, Raffaella Cruz. Una gran colpa ce l’ha l’embargo sessantennale degli Usa, diventato uno strangolamento economico finanziario e commerciale con la presidenza Trump e che Biden ha mantenuto. “Ma il governo ci ha messo del suo – sostiene l’economista, critico ma non antisocialista, Omar Everleny –. La riforma monetaria di tre anni fa, la Tarea Ordenamiento, è stata un fallimento”. Ha messo in circolazione più moneta aumentando stipendi e pensioni, ma senza incrementare produzione e circolazione di merci e servizi essenziali. Risultato: un’inflazione galoppante, che il governo non controlla. “Nel 2023 siamo a più del 70% interannuale per i prodotti alimentari”, afferma Omar. L’aumento dei prezzi si è mangiato in un sol boccone l’aumento dei salari. I negozi e i supermercati statali, anche quelli in mlc, presentano scaffali semivuoti e prezzi alti. Nei chioschi e negozietti privati – spuntati come funghi negli ultimi due anni dopo la riforma per dare status giuridico a micro, piccole e medio imprese: le cosiddette Mpymes –, i prezzi son alti, ma si paga in pesos cubani (moneda national).
Sì perché se uno come Dayron vuole compare nelle tiendas in mlc deve prima comprare i dollari. Dove? Al mercato nero, perché nelle banche o nelle cadecas, case di cambio statali, i dollari si vendono a 123 pesos per dollaro, ma col contagocce. Al massimo un centinaio di verdoni, dopo code di giorni. Dunque, bisogna rivolgersi al mercato nero: in questi giorni, il dollaro è quotato attorno ai 220 pesos. Quasi il doppio. Ma di moneda pesante vi è una gran fame. Quelli che non ne possono più (specialmente i giovani) e vogliono lasciare l’isola (l’anno scorso più di 250.000) vendono quello che hanno (casa, beni vari) e cercano dollari, visto che la meta ambita sono quasi sempre gli States. Inoltre, i proprietari di Mpymes sono obbligati a comprare all’estero, dove per riempire i container di roba da spedire a Cuba bisogna pagare in moneta convertibile: ecco perché dollaro ed euro sono oggetto di desiderio e ricerca. Tanto che in Rete, sul sito El Toque, le persone chiedono e offrono valuta e, con un algoritmo del sito, ogni giorno viene stabilito il prezzo di riferimento dei cambi, quasi sempre il doppio della quotazione ufficiale. “Parte dell’inflazione è causata dall’aumento globale dei prezzi, ma un’altra parte è dovuta alla grande scarsità di beni di prima necessità. Cuba deve iniziare a produrre, specie in agricoltura per far abbassare le spese di importazione (di beni alimentari quasi 2 miliardi di dollari l’anno)”, sostiene Overleny. E se il sistema produttivo statale è burocratico e inefficiente, “bisogna sostenere quello privato o cooperativo: socialismo con iniezione di mercato regolato dallo Stato”. Ma il vertice politico del Partito comunista che controlla governo e Stato è immobile e diviso tra chi è convinto che bisogna riformare e in fretta e chi teme che il mercato aprirà la porte dell’isola agli yankee e causerà la fine del socialismo. Così i cubani diventano tra i maggiori esperti nell’ingegneria della sopravvivenza, mentre il governo continua a titubare sulle riforme, nonostante anche il Brasile di Lula e il Messico di Andrés Manuel López Obrador, chiedano che “la Rivoluzione si rinnovi”. È difficile capire “perché il governo insista nell’investire quote pari a ben più del 30% del budget nel settore turistico in crisi dai tempi del Covid; dunque costruendo hotel che rimangono semivuoti (tasso di occupazione ben sotto il 20%). E investono il 6% in agricoltura e poco più del 2% in sanità e istruzione, i capisaldi del socialismo cubano”, spiega Overleny.
Ma i lavori di costruzione di nuovi alberghi continuano mentre il cubano tira la cinghia. E gli hotel, anche nei cayos più prestigiosi, offrono un servizio (soprattutto nei ristoranti) non all’altezza delle stelle sfoggiate. Nei giorni scorsi, il Canada – dal quale proviene la maggioranza dei turisti – ha avvertito i propri cittadini: “A Cuba scarseggiano anche acqua minerale, medicinali e benzina”.
Negli ultimi mesi il turismo è in crescita da Russia e, in prospettiva, Cina, ma ben sotto la quota di turisti pre-Covid. L’Avana stenta ad accendere le “mille luci” che ne facevano un luogo di attrazione internazionale, con spettacoli, balli e musica, festival di cinema, balletto e teatro. E, appunto, i prezzi salgono e si segnalano aumenti di estafas, imbrogli (specie nel cambio) a danno dei turisti e anche casi di aggressione per furti (ma sempre in quote inferiori ad altri Paesi sia del Caribe che dell’America latina).
Il tradizionale erotismo di bassa intensità che si trovava a iosa nelle strade dell’Avana, con le mulatte che meneano (ancheggiano) e sorridono, viene spesso sostituito dal nervosismo, o peggio, di chi per gran parte della giornata è impegnato a resolver, ovvero a procurarsi di che mettere in tavola.