la Repubblica, 14 settembre 2023
Intervista a Tommaso Paradiso
Il filosofo Fichte scrisse: “Essere liberi è nulla. Diventare liberi è il paradiso”. Un po’ è anche Paradiso, Tommaso. Il cantautore romano si è «liberato da schiavitù mentali» per arrivare al nuovo disco Sensazione stupenda e la filosofia ha aiutato (proprio su Fichte fece la tesi di laurea). Il secondo lavoro solista, dopo il distacco inatteso e teso dai Thegiornalisti nel 2019, esce il 6 ottobre, lo suonerà nei palazzetti dal 16 novembre. Dentro c’è tutto il suo gusto sonoro e citazionista: apnee negli anni Ottanta, echi dei suoi miti (da Vasco al Battiato diBandiera bianca ),la fine dell’estate, la meta-canzone. È ancora quello che si sgola d’amore e si affeziona alle magliette dal 1983, anno di nascita.
Eppure, Paradiso, molto è cambiato?
«Con grande sforzo, ho trasformato il negativo in una tappa per stare bene. Mi sono seduto all’inferno, poi mi sono detto “fai pace”. Lì è arrivata la sensazione stupenda».
Quale inferno?
«Un’angoscia interiore, pandemie, guerre. Ma il disco nasce in uno strappo di vita entusiastico. Vuole essere raggiante. Sono un malinconico che tende alla luce».
Pace fatta anche con il suo ex chitarrista Marco Rissa.
«Siamo sempre rimasti in contatto.
Era previsto già nel tour precedente. È rientrato anche il produttore Matteo Cantaluppi e mi sono sentito a casa».
Il prossimo singolo “Blu ghiaccio travolgente” è il suo manifesto?
«C’è un andamento alla Oasis – e senza loro non starei qui – l’orchestra, il suono sintetico. Tutta la mia poetica».
Atmosfere nostalgiche. Non riesce a guardare al futuro?
«Il passato m’incanta ma sono ossessionato dal futuro, che non è all’avanguardia come immaginavo. Sembra si sia racchiuso nei telefonini. È tutto uno “scrollare”, il cervello è un magazzino di distrazioni. Ma difendo questa generazione che ha a cuore l’ambiente».
Quello che era “il nuovo pop” è una playlist dei ricordi. Il rap occupa ogni spazio. Che effetto le fa?
«Nel 2009 si suonava nei localini, distribuivamo demo. Oggi per avere i numeri devi fare anche video, i post, Sanremo. Non ci sto dietro. Quel che conta sono solo le canzoni, non i generi o le mode. L’altro giorno, per strada, dei ragazzi hanno abbassato il finestrino e cantato tuttaCompletamente. Si è fermato il traffico. Impagabile».
Arriva la sua semplicità?
«La semplicità è difficilissima.
Lennon insegna. Credo la gente riconosca la mia sincerità. Sono un ragazzo di Roma che vive con una splendida donna e dei cani, circondato di amici e scrive canzoni. Tutto qui».
La gavetta fu fondamentale?
«Ho avuto successo a 34 anni, ero più strutturato di un giovanissimo. Lo dico spesso agli addetti ai lavori: se date lo stadio a un artista appena uscito, rischiate di bruciarlo. Che dovrà fare dopo?».
Non le manca uno stadio?
«Ero già contento di aver fatto il Circo Massimo con il gruppo. Vorrei sottrarmi a questa logica dei numeri che sta un po’ rovinando l’ambiente».
“Figlio del mare” è il suo brano più maturo.
«È la resurrezione, due estati fa in Corsica. C’era stato il caos per lo scioglimento della band, gli insulti.
Mi ero fatto fagocitare, avevo una paura di uscire di casa, di fare cosenormali. Mi ritrovai con la canzone in testa, a camminare di nuovo sulle mie gambe. Guarito».
C’è un cameo in napoletano.
«Pelle d’oca. Mi addormento coi film di Totò, mia madre è campana.
Ogni tanto in casa esce il dialetto».
Una figura centrale?
«Mi spinse lei alla musica. La mia famiglia è matriarcale, come le orche. Mi ha fatto crescere venerando la donna. Scuola e famiglia devono educare al rispetto, non lasciare che il mentore sia un social network».
Non la vedremo a Sanremo?
«Non partecipo a gare. Se mi inviteranno a omaggiare quel palco, è un altro discorso».