la Repubblica, 14 settembre 2023
Musk contro tutti
Ormai ogni giorno c’è una nuova controversia legata a Twitter/X e Musk. L’ultima è contro lo stato della California che ha approvato un anno fa una legge sulla trasparenza richiedendo alle piattaforme una descrizione delle proprie policy di moderazione. Oggi Musk si oppone e fa causa allo Stato.
Il comportamento di Musk circa i commenti degli utenti è parso spesso spregiudicato: dalla cacciata da Twitter dei giornalisti che scrivevano cose su di lui, fino alla scoperta che Tesla aveva un team con il compito di sopprimere le lamentele sull’autonomia delle vetture. (L’indicazione sul cruscotto era alterata da un software per farla apparire maggiore di quanto fosse in realtà, aveva svelato Reuters).
Il ricorso contro la legge californiana è ancora meno comprensibile se visto alla luce dell’obbligo di moderazione entrato in vigore in Europa con il “Digital Services Act”. Il commissario europeo Breton aveva avvertito Musk che avrebbe dovuto seguirne le regole e che Twitter avrebbe dovuto fare un grande lavoro di adeguamento. A giudicare dai segnali esterni, pare invece che Musk si sia mosso in direzione opposta: qualche giorno fa, il celebre decano dei giornalisti tecnologici Usa, Walt Mossberg, ha disattivato il suo account affermando che l’acquisizione del sito da parte di Musk “lo ha trasformato in una fogna”. L’ha fatto in reazione a una causa miliardaria minacciata da Musk contro la Anti Defamation League (Adl), un’organizzazione non governativa internazionale ebraica con la missione di combattere odio, pregiudizi ed antisemitismo.
Mossberg, oggi attivo sulla rete di Mastodon, ha dichiarato che “Twitter non solo ha deciso di non bloccare più bigotti, bugiardi e pro-insurrezionisti, ma li ha accolti attivamente, con l’apparente sostegno del signor Musk. … L’ultima mossa di Musk, minacciare di bandire e citare in giudizio l’Adl – per la gioia degli antisemiti e di altri odiatori – è per me l’ultima goccia”.
Nei mesi scorsi Musk ha riammesso sulla piattaforma persone controverse che erano state bandite tra cui Andrew Tate (indagato per stupro e traffico di esseri umani), Kanye West (sospeso per immagini antisemite) e Dom Lucre (sospeso per immagini di abuso di minori).
A luglio Adl aveva comunicato che Twitter aveva rimosso solo il5% dei tweet antisemitici segnalati (tweet che accusano gli ebrei di pedofilia, negano l’olocausto e condividono teorie cospirazioniste). Il capo di Adl ha affermato: “È profondamente inquietante che Musk abbia trascorso il weekend impegnandosi in una campagna altamente tossica e antisemita sulla sua piattaforma – una campagna iniziata da un bigotto impenitente che poi è stata pesantemente promossa da individui come il suprematista bianco Nick Fuentes, il nazionalista Andrew Torba, il teorico della cospirazione Alex Jones e altri”. E ancora, “Musk si sta impegnando e sta esaltando questi antisemiti in un momento in cui l’Adl sta registrando un’impennata di minacce di bombe e attacchi a sinagoghe e istituzioni ebraiche, livelli drammatici di propaganda antisemita ed estremisti che marciano apertamente per le strade in tenuta nazista”.
A fine agosto a finire sotto processo era stata SpaceX per violazione di norme antidiscriminatorie sul lavoro. In settimana si è saputo che Musk è intervenuto nella guerra della Russia contro l’Ucraina per “sabotare o bloccare un’importante operazione militare ucraina dopo aver avuto colloqui con un funzionario del governo russo”.
Spesso agiamo online per inerzia, senza interrogarci sugli effetti secondari dei nostri gesti, ma così come si può dimostrare coerenza tra principi e azioni facendo la spesa, penso sia giusto anche pensare un minimo a chi portiamo il nostro valore quando scriviamo su un social, oltre a come ne siamo condizionati. Nel 2011 avevo affisso in ufficio una citazione da una ricerca sull’informazione: “140 caratteri di notizie è quanto mi basta”; le scelte cablate nell’algoritmo di Twitter determinavano anche la mia informazione prevalente, diretta e indiretta.
Ho smesso di scrivere su Twitter salutando i miei 26mila follower (reali o presunti) a dicembre scorso per non apportare più il mio bit di valore a una piattaforma che ritengo sia divenuta tossica per la società. Talvolta – sempre più raramente – torno a dare un’occhiata e mi confermo che non mi manca: da quando frequento Mastodon ho circa un terzo dei follower, il doppio delle interazioni precedenti e la mia dieta mediatica si è arricchita di siti internazionali, magazine e quotidiani.